sabato 29 dicembre 2012

Dividi il companatico, raddoppia l’allegria.


Circola in questi mesi sul web un video di Esperimento Comparte che ha totalizzato milioni di visioni su You Tube in meno di un mese. L’esperimento consiste in questo: vengono messi due bambini a sedere davanti a due piatti coperti e quando li scoprono, si accorgono che solo in uno c’è un panino appetitoso; mentre l’altro è vuoto. Attraverso una telecamera nascosta, osserviamo come reagiscono i bambini. Ebbene, tutti i piccoli che sono stati sottoposti all’esperimento hanno finito col dividersi il panino, senza perdere il sorriso. Le dolci e semplici immagini del video ci spronano ad imparare dai bambini che istintivamente e naturalmente condividono quello che hanno. Anche se la condivisione è parte integrante dell’essere umano, i grandi faticano ad indossarlo come abito mentale perché sono troppo legati al concetto di proprietà. La mancanza di condivisione con l’altro fa sì che in un mondo che avrebbe la capacità di nutrire il doppio della sua popolazione, ancora oggi tre milioni e mezzo di bambini muoiono di fame ogni anno a causa della malnutrizione acuta. Nel pieno dell’attuale crisi economica, s’è accentuato il dibattito di filosofi e sociologi proprio sui temi della condivisione e del solidarismo, intesi come possibili vie per risolvere molti dei problemi del mondo moderno e liberare la buona volontà degli uomini. Sostituendosi alla competizione, all’avidità e all’egoismo; la condivisione  viene considerata le via d’accesso più importante alla felicità dei singoli e dei gruppi, essendo in grado di favorire un clima più sereno, grazie al quale può essere apprezzata meglio la bellezza delle relazioni e il rispetto dell’ambiente. Quello che siamo soliti fare spesso per gli altri è solo la carità col superfluo, perché non ci costa nulla. Eduardo Galeano, scrittore sudamericano, una delle personalità più autorevoli e stimate della letteratura latinoamericana, afferma che la carità è umiliante perché viene esercitata in senso verticale,  dall’alto; mentre la solidarietà è orizzontale e comporta il rispetto reciproco. Dovremmo guardare un altro dall’alto, solo per aiutarlo a rialzarsi. Si dovrebbe pensare più a far bene che a star bene, diceva il Manzoni, e così si finirebbe anche a star meglio tutti. La bontà è l’unico investimento che non fallisce mai e dà immancabilmente i suoi buoni frutti. Dice un adagio indiano: chi getta semi al vento, vedrà fiorire il cielo.
Buona vita!
maestrocastello

lunedì 24 dicembre 2012

Buon Natale!





Buon Natale! 
A quelli che sognano ancora, seppure a metà prezzo, a quelli che serbano intatta la magia di sopravvivere.
Buon Natale!
Agli imprenditori di fantasia, a chi ha lo sguardo basso, ma il cuore alto di fiducia.
Buon Natale! 
A chi non s’è ancora arreso, a chi s’è incamminato per una strada lunga, fatta di buone attese; ma non da tutti condivisa.
Buon Natale! 
A chi s’è prodigato in un barca persa in fondo al mare, alla ricerca vana di residui passeggeri.
Buon Natale! 
A chi vive nella sofferenza e nella disperazione, a chi insegue un posto di lavoro, a chi ha ancora voglia di guardare con speranza, a chi, come me,  s’illude  ancora che prima o poi arriveranno i nostri a liberarci.

Ai frequentatori di questo blog, che il Natale non duri solo un giorno, ma illumini la nostra vita, conservando intatta la speranza di un futuro fatto di serenità.
maestrocastello



domenica 23 dicembre 2012

Addio, Monti!


“Addio, monti sorgenti dall’acque ed elevati al cielo…”,  chi non ricorda la fine dell’ottavo capitolo dei Promessi Sposi; allorché Manzoni realizza una descrizione paesaggistica e dei sentimenti di Lucia che abbandona i luoghi natii di grande effetto. Oggi ad abbandonare non è Lucia, ma sono proprio i monti; non tutti, ma uno solo: Mario Monti il nostro Presidente del Consiglio. Il governo tecnico che ha traghettato l’Italia dal baratro in cui stava per affondare fino ad acque più sicure  ha ricevuto il benservito un po’ prima della data stabilita. Il governo s’è dimesso: sarà un bene, sarà un male; ma questo si viene a sapere sempre dopo. La traghettata è stata per gli italiani alquanto dolorosa e solo gli sconsiderati osano addossare tutta la colpa ai tecnici, scordando decenni di politiche fatte di annunci televisivi e televendite promozionali. Si sono succeduti tanti governi, anche di colore diverso, e non dico le riforme, ma non sono stati nemmeno capaci di darci una legge elettorale all’altezza dei grandi paesi europei e così s’andrà nuovamente a votare con una maialata, il così detto porcellum. Monti s’è dimesso ed è iniziata la bagarre: chi sta con chi e chi sta contro di chi, ma tutti pensano più a se stessi e meno al Paese che in questo momento avrebbe tanto bisogno di un governo sicuro. Partiti, partitini, movimenti, aggregazioni del momento; tutti scendono in campo e tutti in vista di una fetta di potere fanno promesse e creano illusioni che non sono più sostenibili. Tutti temono il ritorno di Monti come avversario politico, lui è avversato da tanti, ma auspicato da molti e solo in giornata finalmente sapremo. E, sempre per dirla con Manzoni, ignoriamose lui “… pensasse che, un giorno, tornerà dovizioso..”. Sono sempre più convinto che Monti o chi dovesse prendere il timone di questo Paese, dovrà seguitare in una politica di rigore, progettando una fase di crescita che dia respiro a tante famiglie che non ce la fanno più a campare e dando speranza ai nostri figli di trovare un lavoro.
Buona vita!
maestrocastello

giovedì 20 dicembre 2012

Lettera ad un Onorevole.


Caro Onorevole, la chiamo caro non tanto per una questione d’affetto; quanto perché lei, mi creda, mi costa molto caro. Le scrivo per farle gli auguri di Natale, proprio come si fa con gli amici e i parenti più stretti;
ma non ne approfitti. Mi deve scusare, ma quest’anno le mando solo gli auguri e non posso allegarle alcun regalo, vista l’aria che tira. Come sta vivendo questi giorni che precedono il Natale? Sicuramente sarà in giro per regali. Da parte mia, ho sperperato la tredicesima nella seconda rata dell’IMU, m’è scaduta l’assicurazione dell’auto, l’abbonamento alla RAI che fai non lo paghi? La rata di riscaldamento, il condominio del palazzo, il bollo dell’auto e non la voglio tediare più oltre. Quest’anno non ho fatto nemmeno l’albero e perciò mi avanzerebbe un puntale che saprei bene dove collocare, ma è meglio sorvolare. Fra qualche settimana siamo alla fine dell’anno, hai già fatto un tuo bilancio, Onorevole? Scusa se sono passato a darti del tu, ma lo faccio in virtù del fatto che, sotto elezioni, mi invitasti a votarti chiamandomi “caro amico”. Te ne ricordi? Fra pochi mesi si vota di nuovo: tu eri all’opposizione o appoggiavi il governo dei tecnici? Certo, non hai dovuto fare molto con l’attuale governo, praticamente una pacchia:  o votare contro o a favore, secondo le indicazioni del partito; tanto il lavoro sporco lo facevano i tecnici! Hai legiferato quasi nulla negli ultimi vent’anni. Non ti sei un po’ vergognato? Nooo! Come te la sei passata economicamente questo duemiladodici? Certo ne hai avute di spese: l’affitto per vivere a Roma, il portaborse, il ristorante, lo stadio (quello era gratis), il cinema (quello pure), gli spostamenti in aereo (tutto compreso), il dentista per te e la tua famiglia; è vero che al ristorante della Camera ti danno un pranzo da paura per appena una ventina di euro in tutto? E allora perché fate pranzi coi soldi del finanziamento ai partiti da ottomila euro a botta? Ma cosa cazzo vi mangiate, i camerieri? Stai attento che la pacchia potrebbe finire. Circolano certe voci in giro! Saprai che vorrebbero dimezzare il numero dei parlamentari di Camera e Senato, diminuirti lo stipendio, abolirti tanti privilegi, addirittura darti la pensione da parlamentare dopo due-tre mandati e fartela percepire dopo i sessant’anni d’età. Roba da matti! Vorrebbero equipararti al cittadino comune che va in pensione con 42 anni di contributi o 66 anni d’età. Certo che dev’essere dura rinunciare a tutte quelle agevolazioni! Lo so, voi siete tutti compatti a difesa della casta e queste cose le votate all’unanimità; ma il vento potrebbe cambiare. Dove te ne vai per la fine dell’anno? In quale posto caldo vai scaricare lo stress accumulato in questi mesi faticosi? Non ci pensavo che sei in piena campagna elettorale e perciò non ti puoi allontanare. Mi  dispiace! Vuol dire che il giorno di Natale ti vedremo a distribuire panettoni in qualche ospedale della tua città o pranzare assieme ai vecchietti di qualche centro per anziani; tanto tutto fa voto. Da parte mia, come sempre, io starò in famiglia a far finta di essere felice.
Ti auguro un felice Natale, Onorevole!
A te gli onori ed a me gli oneri, come sempre del resto. Se  rinasco, voglio fare l’onorevole!
Buona vita e Buon Natale!
maestrocastello

giovedì 13 dicembre 2012

la fine del mondo.


“Ricordati che devi morire (Memento mori)” è una frase che trae origine da una particolare usanza nell’antica Roma, quando un generale raccoglieva gli onori che gli venivano tributati dalla folla dopo una vittoria. Per evitare che questi venisse sopraffatto da manie di grandezza, un servo veniva incaricato di ricordare all’autore dell’impresa la sua natura umana con la frase: “Memento mori!” Nel 1664 l’ordine dei Trappisti adottò questa stessa frase che i monaci di clausura si ripetevano continuamente tra loro e si scavavano, un poco ogni giorno, la fossa destinata ad accoglierli, con lo scopo di tenere sempre presente l’idea della morte e quindi il senso della vita destinata a finire. Nel film “Non ci resta che piangere” del 1984, un frate rivolge più volte questo ammonimento al personaggio interpretato da Massimo Troisi: “Ricordati che devi morire!”, appunto, e lui a sua volta risponde: “Sì, sì, no, mò me lo segno…”. L’idea della morte del singolo ci è abbastanza presente, anche se preferiamo non parlarne e tocchiamo ferro al primo accenno; è l’idea di fine del mondo di cui parlano le Sacre Scritture che sembra una cosa misteriosa, lontana e sconvolgente se non ci metti un po’ di fede. Mille e non mille, duemila e non duemila; in troppi sono stati ad annunciare la fine di questo già disastrato pianeta e sembra che tutti abbiano ricevuto sempre buca. Non abbiamo ancora smaltito l’ansia di dodici anni fa, aspettando il duemila, che siamo nuovamente in fibrillazione all’avvicinarsi del 21 dicembre 2012, quando terminerà l’Era dell’Oro (la quinta ed ultima) del calendario Maya, secondo cui il mondo finirà fra disastrose inondazioni, terremoti e incendi; insomma, uno scenario del tutto simile alle profezie del Nuovo Testamento. Qualcuno, per allentare la tensione di questi giorni s’è divertito in allegre battute del tipo: “L’IMU scade il 17 e l’apocalisse arriva il 21; il governo ha calcolato proprio tutto”. Ci preoccupiamo che la fine del mondo possa arrivare repentina e non riflettiamo invece che la fine è cominciata già da qualche anno, ce la stiamo procurando coi nostri comportamenti errati ed è irreversibile; procede lentamente, man mano che la terra riceve la sua abbondante razione di contaminazione con scarti industriali, immondizia, trivellazioni sottomarine e porcherie varie. Stiamo devastando l’armonia naturale del nostro pianeta. Che il clima è decisamante cambiato è opinione di tutti, anche se a volte facciamo finta che non sia vero. I vulcani sembrano essersi svegliati da un lungo letargo, terremoti e tsunami sono all’’ordine del giorno e tifoni sono così familiari che gli diamo perfino nomi simpatici.Nostro pensiero fisso è consumare e crescere a danno del Pianeta e mai ci sfiora l’idea che la decrescita che si fonda sul non spreco non è un’idea del tutto peregrina. Aspettiamo il 21 e vedremo e che Dio ce la mandi buona; altrimenti vuol dire che questo dicembre sarà l’unica volta che noi italiani  non dovremo preoccuparci di arrivare a fine mese!
Buona vita!
maestrocastello

venerdì 7 dicembre 2012

Che Natale è.


J’ador Dior , dice uno spot di questi giorni, ma quest’anno si sente in giro un gran profumo di povertà. Nell’aria si avverte un’apparente clima di festa, ma sui volti delle persone che affollano le strade e i centri commerciali è sempre più difficile scorgere qualche sorriso. Forse perché questo è un Natale diverso dagli altri. A causa dello stato di incertezza in cui versiamo è quasi impossibile avere lo spirito giusto per assaporare il piacere dei regali da piazzare sotto l’albero. Certo i giovani all’iPad e all’iPhone preferirebbero un bel lavoro dignitoso, riconosciuto e retribuito, una certa stabilità economica su cui contare ogni mese; insomma, la possibilità di fare progetti per il futuro e questo allo stato attuale non sembra possibile. Il duemiladodici è trascorso all’insegna dell’austerità e del sacrificio e si avvia ad una conclusione in cui ci sarà poco da festeggiare, se pensate che la tredicesima (per chi ha la fortuna ancora di averla) se la divoreranno le prime e le seconde case, per via di mutui e di gabelle ad esse legate. Il quadro diventa addirittura tragico se volgiamo l’attenzione a chi ha perso il lavoro, a chi non ce la fa con la pensione o a chi è finito sul lastrico per via di questa situazione. Che Natale sarà per loro?  E per tutti noi? Ma proviamo ad uscire dal buio di questo pessimismo e ripensiamo ad un Natale in chiave positiva. Ci possono togliere tante cose, ma non la gioia che ci portiamo dentro da bambini, una gioia che nasceva nell’ascoltare la dolce melodia delle zampogne, serate intorno ai ceppi accesi di un camino, passate a confezionare casette di cartone, ad incollare teste di pupazzi rotti, a scrivere letterine su carta decorata con la porporina. E i regali di allora? Poca cosa per quei tempi, ma si era felici ugualmente. Troppo è cambiato, forse sul piano dei consumi ci siamo spinti troppo oltre ed è anche per questo che non ci sembra più Natale. Gioielli, pellicce, viaggi non troveranno più posto sotto l’albero e cenoni a base di caviale, ostriche e champagne non si potranno più fare; anzi, quest’anno il cenone ci potrebbe andare per storto. Allora non perdiamo tempo a cercare il regalo giusto, regaliamoci piuttosto qualche emozione, trascorrendo il Natale con i nostri cari, provando magari ad illuminare le nostre anime piuttosto che le  nostre case. Ogni epoca ha conosciuto periodi di profonda crisi e l’uomo ha sempre saputo trovare la forza di andare avanti, uscendone addirittura rinvigorito. Forse questo Natale dalle spese contenute capita a proposito,restituisce il vero significato a questa importante festa religiosa che è un messaggio di amore e di speranza e Dio solo sa quanto ne abbiamo bisogno in questo momento, serve a farci riflettere sui nostri stili di vita sbagliati: in Italia abbiamo più cellulari che abitanti, qualcuno ha il televisore perfino in bagno e quasi il 20 per cento della spesa finisce nella spazzatura. Un Natale recessivo ci aiuterà ad avvicinarci agli altri, a quelli che veramente non ce la fanno e non ce la possono fare e sarà una buona lezione per i nostri figli. Usciamo da ogni logica di mercato e proviamo la gioia di ritornare bambini, scopriremo quanto tepore  racchiude il semplice gesto del donare e scopriremo la magia di una festa che non tramonterà mai.
Buona vita!
maestrocastello

giovedì 29 novembre 2012

Chi non lavora, non mangia.



Storia Zen  : Un maestro cinese di Zen, ancora all’età di ottant’anni conservava l’abitudine di lavorare coi suoi allievi, tenendo in ordine i giardini, zappando il terreno e potando gli alberi. Ai suoi allievi dispiaceva vedere che l’anziano maestro faticasse tanto, ma poiché sapevano che sarebbe stato inutile consigliargli di smettere; gli nascosero gli attrezzi. Quel giorno il maestro non volle mangiare. Non mangiò neppure l’indomani ed il giorno seguente. “Forse è arrabbiato perché gli abbiamo nascosto gli attrezzi. Sarà meglio rimetterli al loro posto”.  Così fecero, e quel giorno stesso il maestro lavorò e tornò a mangiare come prima. La sera disse agli allievi: “Chi non lavora, non mangia!”.



Per la riflessione : Parlare oggi di lavoro in Italia è come parlare della Foca Monaca, del Panda  o della Lince Pardina; tutti animali a rischio d’estinzione. Capisci l’importanza del lavoro solo quando è a rischio o quando l’hai addirittura perduto. “Il lavoro allontana da noi tre grandi mali”, diceva Voltaire, “la noia, il vizio e il bisogno”.  Il lavoro è un valore aggiunto che consente l’affermazione della personalità  umana, ecco perché quando si perde il lavoro, insieme ad esso, sembra di perdere anche la  propria dignità. Senza più lavoro non c’è pane per i figli, non c’è più speranza di un futuro. Senza un lavoro tanti, quando va bene,  si riducono a far la fila alla mensa della Caritas e, quando va male, arrivano perfino a decidere di farla finita.     “ Il lavoro è un diritto” dice la Costituzione, “Il lavoro non è un diritto” dice Elsa Fornero, poi si corregge “anzi, sì; ma va sostanziato ”.  Chi ha ragione tra i due?  In pratica, avresti diritto al lavoro (secondo la Costituzione), ma in un’economia  di mercato come quella attuale te lo devi conquistare in una competizione globale, (secondo la Fornero),  e così capita che per  11 mila posti da insegnante siano giunte 357 mila domande: sarà una carneficina!  Il problema sta tutto a monte. Non è così che dovrebbe intervenire uno Stato moderno, garantendo solo a pochissimi la certezza di un’occupazione. Dico io, se servivano solo poche migliaia di insegnanti, perché in questi anni ne abbiamo sfornati a milioni? Uno Stato serio,  invece di tagliare fondi alla scuola, pianifica con essa il futuro comune, interviene nel sistema economico per creare posti  di lavoro per i cittadini, si attrezza ad affrontare anche periodi di crisi come l’attuale. Uno Stato moderno investe sui giovani, sfrutta le loro risorse; non finanzia la loro istruzione e poi li lascia andare altrove. Siamo ormai alla fine della politica e all’apoteosi del denaro e in una siffatta società non c’è posto per chimere come i diritti: diritto alla salute, diritto al lavoro o diritto alla felicità.
Buona vita!
maestrocastello

sabato 24 novembre 2012

Donne, non persone!


State molto attenti a far piangere una donna, perché Dio conta le sue lacrime! La donna è uscita dalla costola dell'uomo, non dai piedi perché dovesse essere pestata, né dalla testa per essere superiore, ma dal fianco per essere uguale, un po' più in basso del braccio per essere protetta, e dal lato del cuore per essere amata.
Talmud





DONNE.
DONNE INERMI DONNE FERITE
MADRI MIGRANTI DONNE UCCISE
CON L'UNICA COLPA DI ESSERE FEMMINE
SONO LE DONNE CHE VI FANNO LA SPESA
LAVANO I PIATTI DEL SABATO SERA
PULISCONO IL CULO AI VOSTRI BAMBINI
E MENTRE VOI CI FATE L'AMORE
CON LA TESTA  SI TROVANO ALTROVE
PENSANO ALLA GUERRA DEL GIORNO DOPO
CHE LE VEDRA' COMBATTERE SOLE
PER ROMPERE IL FRONTE DI UNA GUERRA CIVILE
IN UN MONDO TUTTO PENSATO AL MASCHILE
CHE NEGA IL DIRITTO DI AMARSI E LASCIARSI
SENZA IL PERICOLO CHE GENERI MOSTRI
NELLA CONFUSA MENTE DELL’UOMO.
QUESTA GUERRA DEI SESSI NON VEDRA' MAI LA FINE
SE NON TORNEREMO A GUARDARCI COME PERSONE
MA COME FANTASMI DI UNA FATUA OSSESSIONE.
(di maestrocastello 25/11/2012)





mercoledì 21 novembre 2012

Tota pulcra es, Maria


Avevo quindici anni e frequentavo la quinta ginnasiale nel Seminario di Troia, una incantevole cittadina a pochi chilometri da Foggia. La città pugliese ha origini antichissime, appartiene  addirittura  al periodo precedente alle guerre puniche e custodisce numerosi tesori artistici che ne fanno uno dei più affascinanti borghi medievali di tutta l’Italia meridionale. Il nostro Seminario era ospitato nel palazzo vescovile, gomito a gomito con la splendida cattedrale cittadina, una tra le più belle chiese di stile romanico pugliese, con il suo rosone ad undici raggi, unico nel mondo. Erano gli anni dell’assassinio di John Kennedy a Dallas, i Beatles muovevano i primi passi e mi ricordo di una nevicata senza precedenti che ci tenne isolati un’intera settimana. Che si faceva in seminario tutto il giorno? Studio e preghiera, preghiera e studio e si giocava a pallone ad ogni intervallo della giornata. Anni belli e spensierati, anni veramente formativi che mi hanno insegnato che senza regole non si va da nessuna parte. Sveglia alle sei e pronti per la messa del mattino. Un piccolo intervallo e c’era la prima colazione. Ancora intervallo e poi un’ora abbondante di studio per essere pronti alle otto, quando iniziavano le normali lezioni in aula. Quei preti erano molto esigenti e severi e ne ho visto i benefici negli studi successivi, quando ho capito che non ero tagliato per la vita religiosa ed ho scelto altre strade che mi hanno portato ad essere padre e maestro elementare in una scuola di Borgata. Allo studio era sempre affiancata la preghiera e la partecipazione alle funzioni religiose si svolgeva in una carinissima cappella interna che avevamo dipinto totalmente noi ragazzi, durante il tempo libero dallo studio. Sembrava la Cappella Sistina, con tutti quei colori caldi che a me piacevano tanto. Proprio sopra l’altare campeggiava l’immagine della Madonna Mediatrice a cui mi sentivo devoto. Ogni anno il ventuno di novembre, proprio come oggi, verso sera si svolgeva, in Suo onore, una festa solenne con canti gregoriani scrupolosamente in lingua latina che andavamo provando da tutto un mese come “Tota pulcra es, Maria” (Tutta bella sei, Maria) e tanti altri. Durante la cerimonia venivano lette le lettere di ex seminaristi da ogni parte del mondo che conservavano sempre ricordo e devozione per quella Madonnina. Anch’io l’ho fatto per qualche anno e poi ho perso purtroppo l’abitudine; ma quando arriva il 21 novembre me ne ricordo sempre e ancora mi affido a quella Madonna, anche a distanza di tanti anni. Ora che avrei voglia di riscrivere di quelle lettere, non so se esiste più quel Seminario. Infine penso che il tempo può anche cancellare luoghi e situazioni; ma non può nulla con le nostre convinzioni e quando arriva la sera del ventuno attacco puntualmente  un “Tota pulcra….”
Buona vita!
maestrocastello 



Bella la vita!


Venerdì sera ci ha lasciato Valeria. Voi direte ch’è normale che una persona anziana ad un certo momento ci lasci. Questo è vero, ma siccome si tratta di una persona speciale, è d’obbligo fare una qualche riflessione; visto che lei aveva una chiave di lettura del mondo che noi neppure ci sogniamo
Valeria era una giovane di 87 anni, una bella persona, schietta  e semplice e sempre pronta al sorriso e che non te le mandava mai a dire. Ancora ricordo quando la vidi per la prima volta in quel di Rocca di Papa, mi disse queste precise parole: “Si vede che sei una persona profonda” ed io ne rimasi sorpreso e non l’ho più scordato. Valeria era una mamma, una nonna, un’amica che, a prima vista, appariva una persona stravagante; ma col tempo mi sono accorto quanto fosse più saggia e profonda di tutti noi.  Ieri pomeriggio, al suo funerale, ho letto alcuni miei pensieri su di lei; ma avrei voluto dire anche tant’altro: per esempio che era un essere fuori luogo in un mondo che fa fatica a potersi accettare, dove anche i ventenni fanno ricorso alla protesi per poter fare una bella figura. Ma che mondo è questo? Valeria l’aveva capito. Lei era una donna senza fronzoli, innamorata di Dio, sempre in preghiera; dovunque si trovasse, cantava le lodi del Signore e la gente la credeva matta. Ma poi s’è capito che i matti siamo noi che ci professiamo cristiani e poi lo siamo all'acqua di rosa. Valeria era un essere speciale, una donna fuori tempo; una specie di alieno nascosta sotto sembianze umane; un essere mite, pacifico, puro di cuore e innamorata di Dio. Viene perfino da pensare che questa bizzarra vecchina fosse una specie di angelo mandato sulla terra a guadagnarsi le ali, proprio come  nei film di Natale. Quando pensiamo a lei, ci sovviene il largo sorriso che campeggiava sul suo volto e i discorsi allegri di una persona libera, capace di autoironia e sempre pronta a scherzare, anche sulla sua smemorataggine. Quante volte l’ho sorpresa a dare conforto alla vicina di letto che se la passava peggio di lei. In quasi un anno che l’ho frequentata giornalmente, ho conosciuto quanto era buona, umile e semplice, e quanto amore  nutrisse per il prossimo. Ripeteva spesso: “Voi siete i veri amici” e questo forse perché lenivamo di quel poco la sua solitudine. Aveva una fede da fare invidia e tante volte pensavo: “Non è possibile che sia sempre così!” , ma il giorno appresso ti ridiceva che Dio è grande e che sua madre anche nelle difficoltà non si chiedeva mai: “Come faccio?” Allora capivo che la sua era davvero una fede profonda e sincera. Posso testimoniare quanta cordialità Valeria avesse seminato e quanta ne avesse raccolta con gli interessi in tutti gli ambienti che l’hanno ospitata. Aveva un sorriso per tutti e tutti glielo ricambiavano con piacere. Gli infermieri della clinica San Michele che l’hanno accudita in queste ultime settimane transitavano intorno al suo letto di morte con le lacrime agli occhi. 
Valeria, sei stata grande fino all'ultimo. Ti promettiamo che non permetteremo alla morte di rubarci i ricordi gioiosi che abbiamo di te. Noi ci terremo stretta questa nostra felicità che abbiamo conosciuto e condiviso vivendoti accanto e, stai sicura, che questo tesoro non andrà mai disperso.
Ti ricordi Valeria quando cantavi “Bella la vita”? Una canzone dolce e triste, dalle parole profonde..
 “Bella la vita che se ne va…/ un fiore, un cielo, la tua poesia….. facce truccate di malinconia….. tempo per piangere, no, non ce n’è….. il carrozzone va avanti da sé…   tempo per piangere no, non ce n’è….. tutto continua anche senza di te.”
E noi continueremo, purtroppo, anche senza di te. Valeria, questa è la vita!
Ciao,  dolce Valeria,  è stato un dono averti voluto bene.
A proposito, facci sapere com’è il Paradiso.
maestrocastello

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martedì 13 novembre 2012

Noi figli di Maria.


Maria De Filippi è un personaggio che come pochi sfonda davvero il piccolo schermo e al sabato sera si accomoda sul divano di casa per toccare le corde dei nostri sentimenti. Questa donna, tanto criticata eppure tanto amata, ha costruito nel corso degli anni una moda, uno stile di vita, un linguaggio che ha conquistato in maniera trasversale una larga fetta di pubblico di ogni età con programmi che si basano sul principio della formazione (Amici), della competizione (Uomini e Donne) e della riconciliazione (C’è posta per te). Ma chi guarda questi programmi? A sentire in giro, sembrerebbe nessuno; poi vieni a sapere che “C’è posta per te” di questa settimana ha avuto oltre 8 milioni di share. A sentire tanti, la De Filippi non saprebbe far niente:ha una voce mascolina, taglia sempre corto, si ostina a ballare non essendone capace; eppure sa toccare le corde dei nostri sentimenti con un linguaggio semplice ed essenziale. Maria ha tanti fedeli, proprio come la Madonna di Civitavecchia; con la differenza che lei non piange, ma induce lo spettatore alla commozione fino al pianto. Troppo facile, direte voi, sfruttare il “festival del dolore” per fare audience; ma è quello che vuole la gente e lei l’ha capito. C’è da riconoscere che almeno lei si muove con garbo, riuscendo con le sue storie a confezionare uno spettacolo che è un mix di divertimento, curiosità e partecipazione ai fatti privati che tanta gente ha l’ardire di raccontare pubblicamente. Le storie, gira e rigira, sono sempre le stesse; cambiano solo i personaggi : genitori che hanno fatto la loro vita a spese dei figli ed ora sono rosi dal rimorso, mariti e mogli che hanno tradito ed ora si chiedono perdono, mamme che pretendono di telecomandare la vita dei figli, anche se sono sposati e vivono in un'altra famiglia, e che a parole vogliono fare la pace con la nuora; ma non intendonoaffatto mollare il telecomando. Prima avevo una cattiva opinione di Maria De Filippi; ora la stimo perché sa fare bene il proprio mestiere, perchè  è un non-personaggio, una persona schietta e semplice che ama le persone schiette e semplici e con buoni sentimenti. I maligni asseriscono che sta lì perché fu aiutata da Maurizio Costanzo. Tutto vero! Ma pensate che se non era una persona valida sarebbe durata così a lungo (vent’anni)? Quanti parenti di gente famosa hanno fatto solo rapide apparizioni e poi sono scomparsi come meteore! Non ce la prendiamo con personaggi come Maria de Filippi, piuttosto prendiamocela con noi stessi e col nostro modo di vedere la vita e rivediamo ogni tanto i nostri comportamenti. Viva Maria!
Buona vita!
maestrocastello

giovedì 8 novembre 2012

La Puglia serve cannabis a tavola.



Se vi capita in casa un ospite invadente che all’ora di pranzo non accenna ad andarsene, potreste preparargli questo piatto a base di  cannabis, le pennette alla canapa. Vedrete che lo scocciatore resterà sgomento e toglierà il disturbo. Molti ignorano che la canapa può essere utilizzata in cucina come ingrediente prezioso e senza effetti stupefacenti. Ciò dipende dal fatto che esistono varie tipologie di cannabis, quella indica che è utilizzata come droga e quella sativa per uso culinario. C’è poco da storcere il naso, il suo uso in cucina risale addirittura al Medioevo ed il Ministero della Salute ha riconosciuto recentemente le sue proprietà nutrizionali, definendo la canapa un alimento utile per la salute umana. In cucina può essere utilizzata come farina per preparare la pasta, oppure in foglie, con i suoi semi o sotto forma di olio, per ottenere ogni volta un risultato diverso e sempre ricco di nutrienti. Il seme di canapa è ricco di proteine di alta qualità, di minerali, fibre solubili e insolubili ed acidi grassi essenziali. L’olio che si estrae da questi semi è ricco di carboidrati, fibra grezza ed altre sostanze preziose per la salute. Sono diverse le regioni italiane che hanno ripreso l’uso della canapa in cucina, ma una nota particolare la merita l’Università dei Sapori di Perugia che ha studiato ricette contenenti l’originale ingrediente quali “tortelli con fiori di canapaccio”, “minestra di canapuccia” e “focaccia di canapa”. L’uso della canapa in cucina è stato riscoperto anche in Puglia e precisamente a Conversano, cittadina a 30 km da Bari, dove s’è avviato un progetto di coltivazione di cannabis sativa ed è così nata, da un paio di anni, l’associazione “Canapuglia” che promuove l’impiego della canapa soprattutto nel settore tessile ed alimentare. Gli si è affiancato un sito internet “Delizie di canapa” dov’è possibile acquistare prodotti della cucina classica pugliese in formato cannabis, dalle orecchiette ai cavatelli, dall’olio ai taralli. I prodotti hanno un costo un po’ più elevato del normale, come tutti i prodotti biologici del resto; ma ne vale la pena, Se non siete diffidenti e volete provare il gusto del proibito, non resta che rivolgervi al vostro spacciatore, pardon, negoziante di fiducia e sbizzarrirvi in cucina, preparando al vostro partner una cenetta “stupefacente” a base di cannabis e state sicuri che non vi verranno a cercare i carabinieri a casa.
A proposito, buon appetito e buona vita!
maestrocastello

Pennette alla canapa:
Ingredienti:
-         pennette di canapa
-         olio di canapa
-         panna di soia
-         noci
      -    fiordisale

martedì 6 novembre 2012

Perchè vincerà Obama..


E’ cominciata un’altra lunga notte americana, una di quelle notti speciali che vivevo da ragazzo, quando ci vedevamo tutti a casa di un amico e, giocando a carte, si tirava fino alle tre del mattino per aspettare  ogni incontro del pugile più straordinario di ogni tempo: Cassius Clay, alias Muhammad Alì, il nostro idolo color cioccolato. Appena qualche ripresa e l’avversario finiva al tappeto, ripagando tutta la nostra attesa. L’america è fatta così, è per le soluzioni rapide. Pensate che  già domattina si conoscerà il nome del futuro presidente, che verrà eletto comunque, anche per pochi voti di scarto sul suo avversario; garantendo così ad una grande confederazione di stati di avere il suo presidente e presto un governo. Da noi sta passando una legge elettorale che renderà sempre più difficile al partito vincente di formare il governo, se non raggiunge consensi del 45%. Confesso che non sono un americanista, tutt’altro! Eppure devo riconoscere alcuni aspetti di questa campagna elettorale americana che mi sono proprio piaciuti, come gli scontri a viso aperto dei due candidati presidenti in televisione che noi ci sogniamo, fatti come quello del repubblicano  R. Bloomberg, sindaco di New York che esprime tranquillamente parole di vero apprezzamento e sostegno per Baraci Obama. In Italia potrebbe mai accadere che un sindaco di Milano di centrodestra esprima gradimento per il candidato a Premier del centrosinistra e viceversa? Mentre scrivo questo post i due candidati alla Casa Bianca sono testa a testa e non si sa chi potrà vincere domani, ma in cuor mio credo che vincerà Obama per molteplici motivi. Perché è un cioccolatino dichiaratamente europeista, Perché sta tentando di cambiare in meglio il suo grande Paese, anche se tutto  gli rema contro. Perché vuole abbattere i muri che dividono gli americani, che vedono da una parte le grandi corporation  e le lobby che lavorano per proteggere un sistema che si cura soltanto di loro e dall’altra lavoratori e lavoratrici che non riescono a pagare le bollette mensili, che subiscono intimidazioni se vogliono entrare in un sindacato. Perché vuole sollevare la vergogna di 37 milioni di americani che si svegliano in povertà nel Paese più ricco del mondo. Perché dopo aver abbattuto il muro dell’assistenza sanitaria, a dispetto di società farmaceutiche, compagnie assicurative e studi medici; potrebbe abbattere i due sistemi scolastici che vedono i figli dei ricchi avere la migliore istruzione al mondo e il figlio di una piccola città che stenta ad averne una. Con Romney tornerebbero al potere i guerrafondai ( ben 3 guerre cruente con Bush padre e figlio e tante migliaia di morti). Obama è ancora l’uomo del cambiamento, l’uomo che dovrà sanare le fratture per costruire una sola America, non due.
Buona vita!
maestrocastello

domenica 4 novembre 2012

Sono solo parole.



Sono iniziate le grandi manovre. Renzi sul suo camper, Bersani dalla stazione di servizio dove lavorava suo padre e Beppe Grillo, novello Garibaldi,  a nuoto sullo stretto di Messina, a manovrare il dissenso  dell’intero popolo siculo deluso dai tanti quaquaraquà della politica nazionale. Intanto il governo dei professoroni taglia i fondi persino ai malati di Sla e la Fornero, in Consiglio di Ministri,  piange di nuovo! Le elezioni in Sicilia sono andate come sono andate, eppure non ci hanno insegnato un bel niente, perché abbiamo fatto della disattenzione un abito mentale che indossiamo tranquillamente ogni giorno e non riflettiamo sul perché di tanta disaffezione da parte dei cittadini verso la politica. Ogni tanto dovremmo spegnere la televisione ed accendere i cervelli. I rappresentanti di una sparuta minoranza (appena il 48%) cantano vittoria e sono pronti a sedersi, come se nulla fosse, al tavolo della spartizione dei posti e dei soldi che ne derivano. Tutto resta come prima. Il dilemma esistenziale del momento sembrano essere le “primarie”, fatte passare come credenziale indispensabile per la credibilità di questo o quello schieramento politico; gli uomini gira e rigira restano sempre gli stessi. La campagna elettorale è iniziata da un pezzo ed ora si spara perfino sul pianista (Monti) per strappare qualche sconto fiscale a favore dei cittadini, in vista di consensi elettorali nel mese di marzo. Non si parla né di regole, né di programmi, né di come si intende lavorare per la ripresa di questo scassato Paese. La crisi sembra non interessare a nessuno. Tutti si scannano per assicurarsi una poltrona e nessuno si fa più  domande. Ma noi, invece,  qualcuna ce la poniamo. Ad esempio: verranno candidati ancora inquisiti, condannati, sospettati di appartenere a questa o quella mafia? Chi ha più incarichi, ne lascerà qualcuno? I partiti pretenderanno sempre gli stessi finanziamenti dallo Stato e questi soldi come verranno spesi, chi li controllerà? Quando pagheranno anche i ricchi? E le auto blu? E chi sei tu? (per fare tante domande). Già sappiamo che nessuno darà risposte e come canta Noemi  le loro: "Sono solo parole!"
Buona vita!
maestrocastello

domenica 28 ottobre 2012

A Linda per i suoi primi cinquanta.


Torta del buon compleanno:

- felicità: 1 kg abbondante;
- amore: 2 kg colmi;
- amicizia: 1 kg e più;
- fortuna: 8 dosi esagerate;
- ottimismo: a piene mani;
- fiducia: quanta ne serve;
- entusiasmo: 3 cucchiate piene;
- ironia: 3 pizzichi.


N.B. Non fa ingrassare e bisogna mangiane almeno un pezzetto al giorno.  



Linda, ricorda che non sono le ricorrenze importanti 
a rendere speciale una persona, 
ma sono le persone speciali come te
a rendere importante una festa, 
per questo non contano gli anni che compi 
ma il fatto che a compierli sei tu... 
Buon compleanno Linda!
In questo giorno speciale te ne auguriamo altri 50
zeppi di sorrisi, emozioni, brividi e sospiri e….
qualche lacrima di intensa gioia,
per rendere magico un futuro ancora
tutto da vivere.
Ti vogliamo bene!

mercoledì 24 ottobre 2012

le scarpe del viaggiatore.

Ci sono partenze nella vita d’ognuno, ma spesso ci assale la voglia di respirare poesia di paese e allora il pensiero s’incammina sulla strada del ritorno; ma scivola presto sul terreno viscido delle incertezze. Il pensiero sa bene che non sono mai facili i ritorni, che spesso sono lo specchio degli inganni, la stanza delle illusioni e il ricordo di una vita fuori corso; poi abbandoni ogni remora e parti. Rivedi le case dell’infanzia come in posa per una foto di gruppo e il cuore ti sale fino alla gola. Già pensi ai racconti, alle memorie con gli amici. Il palcoscenico è sempre lo stesso; sono gli attori che sono tutti cambiati. Ti domandi: e gli altri si ricorderanno di me?Sei preso da nuovo sconforto e vorresti fuggire, ma capisci che sei partito col piede sbagliato:sei solo alla ricerca di te stesso com’eri una volta e stai togliendo al viaggio il suo senso profondo; il tuo arrivo così non si compirà mai. Allora infili le scarpe del viaggiatore trasparente che di tutto si svuota, pure di ciò che è bordo e appartenenza;i tuoi calzari, in segno d’intimità e rispetto,ora non fanno rumore e gli abiti stringono un patto coi colori del paesaggio.Ora sei pronto ad entrare in paese e mescolarti alla tua gente in silenzio, per una doverosa revisione di te stesso.

(maestrocastello 24/10/2012

martedì 16 ottobre 2012

tutti in coda, nonostante la crisi.


Ciascuno di noi ha avuto a che fare con i termini essere e avere  fin dai banchi delle elementari. Allora ce li presentavano come  verbi “ausiliari” utili a coniugare tutti gli altri (quanta fatica per mandarli a memoria, specialmente al congiuntivo!), solo più tardi avremmo capito che rappresentavano in realtà  due filosofie opposte di concepire la vita, due modi per raggiungere il ben-essere (star bene) o, per dirla con una parola grossa, la felicità.  L’essere inteso come aspirazione di realizzare se stessi come persone, mentre l’avere  come desiderio di possedere beni materiali e non, per avere una vita più agiata. Desiderare di possedere il necessario è legittimo e naturale, ciò che invece è inutile e perfino dannoso è desiderare il superfluo. Visto che parliamo di desideri, bisogna intendersi cosa intendiamo per desideri, o meglio, per desideri legittimi. Il grande filosofo Epicuro già duemila anni fa affermava che alcuni desideri sono naturali e necessari, altri pur essendo naturali non sono necessari ed altri ancora non sono né naturali né necessari. In quest’epoca di sfrenato consumismo è oltremodo difficile distinguere il necessario dal superfluo e sfrondare dal proprio stile di vita ciò che è inutile. Oggi non si è più padroni dei propri desideri, ma succubi di quelli indotti dalla pubblicità fino al punto che, nelle scorse settimane, folle di giovani senza un lavoro hanno trascorso un’intera nottata fuori dai negozi delle grandi città per assicurarsi il possesso d’un iPhone 5 che costa quanto lo stipendio mensile di un lavoratore. I consumi  sono nati per arricchire chi li produce e per distrarre la gente dai veri valori della vita e, come dice  Eric  Fromm, “hanno ridotto l’uomo ad un lattante che strilla per avere il poppatoio”. Mi dite cosa ce ne facciamo di un televisore in ogni stanza o di una casa con quattro bagni; c’è da chiedersi; ma quanti culi abbiamo? Sfrondare si può; anzi si deve! Diceva sempre Epicuro: “Se vuoi rendere ricco Pitocle, non aumentarne i beni; sfrondane i desideri”. Contro il consumismo che mi fa pensare: ”io sono ciò che ho”, bisogna invece avere il convincimento che un uomo è ricco in proporzione delle cose di cui riesce a fare a meno. E’ solo sviluppando le molteplici doti che ogni individuo possiede che dà la possibilità all’uomo di realizzarsi da subito, senza aspettare il cambiamento delle strutture della società. Forse l’uomo disporrà di pochi beni di consumo, ma assaporerà finalmente molti valori veri quali l’amore, l’amicizia, il rapporto con gli altri, la propria crescita culturale; tutti beni essenziali per vivere che non sono in vendita in nessun centro commerciale. Solo allora sarà finalmente padrone dei propri desideri e della propria dignità.
Buona vita!
maestrocastello  

martedì 9 ottobre 2012

Buon Anniversario!


L’amore è come
Il pulsare del cuore
Nessuno gli dice batti,
Nessuno gli dice batti più forte.
Così accade che
Senza volerlo
Si vive
E senza volerlo
Si ama.
                                          (anonimo)
…………………………………….

Il tempo che usura le cose
Fa incetta di falsi sentimenti.
Tanti anniversari vissuti
Come fossili di amori svaniti.
Non è il caso nostro!
Svegliarsi e gioire ancora
Di averti accanto,
Questo lo chiamo amore,
Non fossile.
Buon anniversario,
Amore mio!

domenica 7 ottobre 2012

Chiedi chi erano i Beatles.


La vita senza musica sarebbe un vero strazio. Le canzoni accompagnano la  nostra vita e ci aiutano a vivere emozioni forti che credevamo seppellite nei recessi della memoria. La  moderna tecnologia ci permette di ascoltare musica ad ogni ora del giorno e della notte; ma non è stato sempre così. Il “nonno di oggi ch’è stato il ragazzo di ieri”, quando esisteva solo il vinile, sa bene che erano rari i fortunati a possedere un giradischi in casa e le poche canzoni, quasi tutte melodiche,  si ascoltavano solo alla radio e si aspettava San Remo come si aspetta il Natale. Poi arrivarono i Beatles con la novità della loro musica più dirompente di manifesti culturali o proclami politici che avrebbero lasciato una traccia in ciascuno di noi, un fenomeno breve, durato appena otto anni, destinato a non avere fine. “Se vuoi toccare sulla fronte il tempo che passa volando, chiedi chi erano i Beatles”, recita una nota canzone degli Stadio e ancora: “ chiedilo a una ragazza di quindici anni di età, lei ti risponderà: ma chi erano mai questi Beatles?”. Le nuove generazioni, senza troppa retorica,  devono sapere che con l’arrivo dei Beatles la musica leggera popolare era entrata in una nuova epoca e nulla negli anni successivi avrebbe assunto contorni così rivoluzionari. I Beatles hanno segnato un’epoca non solo nella musica; ma  anche nel costume, nella moda e nell’arte; divenendo un fenomeno di comunicazione di massa di proporzioni mondiali. Nonostante si siano sciolti nel 1970 il loro influsso si coglie ancora oggi su quasi tutto il pop che circola in radio o sul web. Essi non hanno cambiato un mondo, ma è più giusto dire che ne hanno creato uno nuovo e lo spirito di quel mondo non s’è ancora concluso. Noi ascoltavamo i Beatles e i nostri figli continuano ad ascoltare i Beatles,  restandone ancora affascinati e considerandoli attuali, cosa che non accadeva con fenomeni musicali precedenti. Giovanni Guareschi, l’autore di Peppone e Don Camillo, annovera i Beatles, assieme ai movimenti studenteschi e alla minigonna, fra i principali fenomeni che hanno caratterizzato il Novecento. Il 5 ottobre del ’62, quando uscì il loro primo pezzo “Love me do” ero in collegio e non ebbi modo di conoscere subito i Beatles, ma li avrei scoperti più tardi: Hey Jude, Let it Be, Yesterday, Michelle, And I Love Er, quante volte li ho aspettati, girati nei dischi ed anche gridati. Grazie   per avermi fatto cantare, ballare, protestare, grazie per avermi fatto sognare, grazie per avermi dato la gioia di vivere nell’età più bella. Ecco chi erano i Beatles!
Buona vita!
maestrocastello

giovedì 4 ottobre 2012

Laudato sii........


E’ proprio in tempo di  crisi che bisogna interrogarsi sul senso delle cose e su un modello di crisi e di consumo, figlio della crescita e della globalizzazione, che  mette in secondo piano il valore delle persone e delle relazioni ed il rapporto con l’ambiente. E’ giunto forse il tempo di reputare che sia più utile anteporre le persone e le loro relazioni agli affari e al profitto e condividere un sistema di valori che rimandi all’autenticità, alla sobrietà ed al valore delle relazioni umane. Oggi è il 4 ottobre e la Chiesa festeggia San Francesco, santo protettore della nostra beneamata Italia, descritto anche come il poverello d’Assisi. Francesco è una figura rivoluzionaria della Chiesa cristiana, un autentico filosofo; uno che stava bene economicamente, poi lesse il Vangelo e lo mise in pratica alla lettera, modellando su di esso la propria filosofia di vita; tant’è che un giorno incontrò un lebbroso e, invece di fuggire al suono della  campanella, scese da cavallo e lo abbracciò. La testimonianza che egli rese nel tempo ne fa un naturale punto di riferimento per quanti, cristiani e non, anche oggi coltivano l’ideale di pace, del rispetto per la natura, del dialogo tra persone di cultura, opinione e credo religioso diverso. Si racconta che Francesco spese gli ultimi soldi da figlio di papà per riparare i danni di una chiesa in rovina; anche noi possiamo investire i residui risparmi per sanare i danni prodotti a noi stessi in questo tempo di crisi. La crisi non deve oscurare, come è accaduto in questi anni, la necessità d’investire in un’altra gamma di valori, valori che non si vendono e acquistano e che non sono misurati dal PIL. I valori da ricercare sono durevoli, continuativi e non conoscono erosione: la socialità, l’amicizia, lo stare bene insieme, la spiritualità nelle sue varie espressioni, la solidarietà. Un augurio a chi si chiama Francesco per il proprio onomastico e a chi non si chiama Francesco, l’augurio di volersi più bene.
Buona vita!
maestrocastello 

giovedì 27 settembre 2012

Rubano solo i politici?

Tutti ad attendere che ci sia la ripresa, che cali lo spread e si esca finalmente dalla crisi; ma ci dimentichiamo che l’economia italiana non potrà mai crescere finché ci sarà spazio per ladri e furbetti, sia nella politica che nelle imprese. Finché non ci sarà una rivoluzione morale, difficilmente ne usciremo. Già, la questione morale che in politica è praticamente ciclica; tant’è che i cittadini sembrano assuefatti all’idea che gli scandali siano come fisiologici nell’amministrazione della cosa pubblica. Ieri “Tangentopoli”, oggi non si contano i casi di corruzione politica che vengono a galla a getto continuo. Cambiano i contesti, i protagonisti, le modalità e le finalità; ma il tasso d’inquinamento della nostra vita pubblica resta molto elevato. La corruzione costa sangue alla collettività, perché vanifica i sacrifici che vengono richiesti ai cittadini, fa perdere fiducia nelle istituzioni ed allontana il nostro Paese dal momento sperato di aver superato questa crisi. Sentiamo dire sempre che è una questione morale; ma, credetemi, è proprio così! Era il 1981 ed Enrico Berlinguer si esprimeva così: “La questione morale esiste da tempo, ma ormai essa è diventata la questione politica prima ed essenziale perché dalla sua soluzione dipende la ripresa di fiducia nelle istituzioni, la effettiva governabilità del paese e la tenuta del regime democratico”.  Sono trascorsi oltre trent’anni ma la questione morale resta, anzi s’è incancrinita ancora di più specie nel settore privato. Qui non si tratta più solo di amministratori che prendono mazzette per finanziare illecitamente i loro partiti, non ci si limita neanche  ai politici  che favoriscono gli amici in cambio di vacanze, danaro e perfino case. Le metastasi hanno raggiunto ogni settore della società civile, dai banchieri agli imprenditori, dai farmacisti ai calciatori. L’amoralità diffusa nel nostro Paese è la causa del mancato sviluppo economico nell’ultimo decennio ed è  anche il motivo che ci trova impreparati ad affrontare l’attuale crisi che sta attanagliando l’Europa. La questione morale non riguarda solo la politica ma l’intera società.  Una comunità sorge e prospera sui principi di un’etica comune in un perfetto equilibrio di diritti e doveri che  deve divenire per il singolo uno stile di vita. La questione morale avvolge l’intero nostro Paese, lo impoverisce anche culturalmente, ne arresta lo sviluppo, contagia gli onesti, mortifica i giovani negandogli ogni chance verso il futuro. Non cadiamo nella tendenza di tanti italiani a prendere il mondo così com’è, senza nessun riguardo alla virtù. Coscienza civile, senso del dovere, rispetto delle regole e delle istituzioni, valore del merito ed un’etica comune sono i pilastri di una solida democrazia e l’unico farmaco per sanare  la questione morale.
Buona vita!
maestrocastello 

martedì 25 settembre 2012

Mi chiamo Tina.



Mi chiamo Tina che non è il diminutivo di Annunziatina, né di Concettina; ma semplicemente l’abbreviativo di Agatina, santa patrona del mio paese che si festeggia il 5 di febbraio e siccome cade d’inverno; praticamente questa festa non se la caca quasi nessuno. E’ vero, la ricorrenza viene ricordata con la tradizione delle “menne” (mammelle) fatte di pasta di pane che vengono benedette durante la messa del mattino e distribuite ai fedeli presenti, in un contesto ammantato di neve che ti arriva ai capelli. Beato, si fa per dire, chi è presente! Abito a Sant’Agata di Puglia da oltre trent’anni, paese ameno tra Accadia, Deliceto e Rocchetta, ma devi arrivare fino a Candela per avere contatti col mondo, per prendere la strada per Foggia, per Potenza o addirittura l’autostrada per Napoli o Roma. Di lavoro ce n’è poco. I maschi si sposano giovani e le donne (guardate me) dopo il matrimonio ingrassano e sfornano figli come giumente. Ho compiuto da poco trentadue anni, ma ne dimostro quasi cinquanta. In questi giorni d’agosto incontro una ragazza che viene da Milano e che giocava da piccola con me per la strada e spesso, sempre per gioco, fingevamo di affrontare un parto sulle scale di casa: minuti e minuti di travaglio e, alla fine,  lei estraeva dalla mia pancia un bambolotto ed iniziavamo a guaire insieme, per dare voce a quel bambino appena nato dalla mia pancia bambina. Ora lei fa finta di non riconoscermi, lei parla con accento del nord. Di bambini lei ne ha appena uno, dai capelli rossicci ed io, benché sia ancora tanto giovane, di quei bambolotti dalla pancia ne ho estratti ben quattro: tre maschi ed una femminuccia e tutto in modo autentico. A Sant’agata l’aria è buona, buona la carne, la mozzarella, pure il pane, i taralli e il caciocavallo. Il tempo è lento, pochi i motori accesi e molte le lucertole che riposano e le cicale che gracidano al sole. L’estate al mo paese è una cosa seria, non come in città che rischi di trovare i negozi sempre aperti. Qui dalle 13 alle 16 cala il coprifuoco, passa il vicino ad avvisarti che stanno per togliere l’acqua e ti sta consigliando di fare scorte o di lavare in fretta i piatti che hai utilizzato per il desinare. In queste tre ore il mondo si ferma, non passano nubi, il cielo è statico, smettono gli uccelli, i cani sono confinati fuori dell’abitato : il paese va praticamente in apnea per qualche ora. I mobili scricchiolano, i tarli del portoncino fanno sentire la loro presenza e lasci passare una striscia di formiche che trasportano in comitiva una briciola di pane chissà dove. Il solito ragazzino con una sola palla ne rompe tante altre, incaponendosi in un gioco palla-muro che va avanti per ore addosso alla parete sassosa della chiesa di Sant’Andrea, dove si dice messa solo alla domenica. Già, si aspetta proprio la domenica per fare un giro in piazza: i giovani al passeggio col giornale sotto-ascella ed appollaiati su una panchina stanno i vecchi, ultimi custodi di ricordi che nessuno vuole più ascoltare. E’ quasi l’ora di pranzo ed è finita messa a San Nicola, l’altare ora diventa la piazza, dove si celebra la messa solenne in passerella ed è l’apoteosi  della curiosità collettiva; la gente sfila curiosa lungo la piazza principale, come in processione e “mira ed è mirata e in cuor s’allegra”, ragazze che non si vedevano da secoli, fanno la loro apparizione come la Madonna di Fatima; i colori delle vesti vanno dal rosa antico al celeste ed hanno quasi sempre una rosa che guarnisce il vestito all’altezza del florido petto. Le finte tonte sanno bene che vengono guardate, ma fanno finta di nulla. Finito il teatrino, i più  prendono la strada del “Bar degli amici” per il classico vassoio di pastorelle, prima di prendere la strada di casa. Tutte le domeniche aspetto mio marito per buttare le orecchiette che il sugo è già pronto da ieri e lui si presenta col solito vassoietto che contiene le solite sei pastarelle: un babà, un diplomatico e quattro dolci della sposa che  non piacciono a nessuno, solo a lui. Ma sei sai che non piacciono a nessuno; dico io, cosa cazzo li compri a fare?  Dimenticavo, piacciono solo a lui!
Buona vita!
maestrocastello

martedì 18 settembre 2012

Rinegoziamo la nostra vita.


C’è una crepa nel mondo che ci troviamo a vivere che è lo scarto  tra quello che vorremmo essere e quello che purtroppo siamo poi diventati. Noi partiamo da lontano, partiamo dal Sud che è stato da sempre terra di conquista e di saccheggi. Più che territorio subalterno, io considero il sud una condizione in subordine.  Eppure il meridione è pervaso da un etere profondo, da echi incontaminati di bellezza, dove non dovrebbe trovare spazio l’ordine della politica parlata che sa fare solo affari e l’ha fatta diventare la terra delle promesse mancate. Terra, aria,  acqua, sole andrebbero dichiarati beni pubblici e comuni; eppure abbiamo uno stato italiano che regala soldi a palate ai palazzinari del vento e delle energie cosiddette alternative che fanno scempio dei nostri bei paesi  che vantano tanto di bandiera arancione e lasciano che sciacalli legalizzati saccheggino a loro piacimento oasi naturali del meridione d’Italia, lasciando solo un po’ d’elemosina sul territorio che deturpano. Un detto indiano recita che “questa terra non l’abbiamo ereditata dai nostri padri, ma ricevuta in prestito dai nostri figli” ed è  proprio per  questo che dovremmo averne maggiore cura. Le pale eoliche, a detta di molti,  si sono rivelate la più grossa truffa che l’Appennino abbia subito nella sua storia millenaria, attraverso leggi che favoriscono  un uso privatistico e spezzettato del territorio e permettono ai proprietari terrieri trattative singole ed egoistiche, a scapito di chi sta vicino che riceve un danno riflesso insieme all’intera comunità. In Danimarca hanno scelto il mare aperto per catturare il vento, perché da noi non si fa lo stesso con tutto il mare che abbiamo? Siamo retti da finte democrazie dal basso, impersonate da  tanti Cettolaqualunque  che trattengono perennemente al loro posto una classe politica imbalsamata, che esclude, con astratte leggi,  i cittadini dal poter decidere da soli quale sia il proprio bene comune.  Può anche accadere che amministrazioni locali, provinciali ed ASL decidano che in un paesino del foggiano, Sant’agata di Puglia, che vantava fino ad oggi “l’aria fina”; si decida d’impiantare  la più grande centrale a biomasse d’Italia, in barba alla volontà contraria dei cittadini che hanno ben calcolato i rischi per l’ambiente e per la salute di loro stessi, in cambio della scarsa ricaduta sul territorio. Spero che i miei compaesani non s’arrendano e continuino a coltivare la speranza di poterla spuntare contro questi palazzinari dell’aria; la speranza è una cosa importante.  Proprio ieri sera ho visto un film che finiva con questa frase:  “La speranza è una buona cosa e le cose buone non muoiono mai. Spero che il Pacifico, sia azzurro come i miei sogni”. Nessuno vi regalerà mai la possibilità di rinegoziare la vita a vostro vantaggio, se non sarà oggetto di una vostra conquista.
Buona vita!
maestrocastello

domenica 9 settembre 2012

Respiriamo da schifo.


Ho trascorso un’estate  a cercare rifugio in letture che avevo tralasciato, a pascolare idee che avevo seminato in precedenza ed ho fatto il tentativo, non sempre riuscito, di pensare in libertà, come viene viene;  trasformandomi spesso nel  cappello di un imbianchino divenuto barchetta di carta  che naviga nel mare delle idee.  La gente incuriosita mi vedeva passeggiare  lungo la spiaggia tutto assorto in letture per scovare idee  e tutti mi guardavano come un marziano. Pensavo: sono strano io o i matti sono loro? La verità è che ormai non legge più nessuno,  oltre al Corriere dello Sport , qualche rivista di gossip e le parole crociate; non s’è vista traccia di un libro: è segno che stanno ritornando i barbari, mi son detto! Il numero degli scrittori in Italia sta ormai superando quello dei lettori. Se fate un giro sulla metropolitana di una grande città, vi accorgerete  del mutamento profondo che c'è stato nel comportamento delle persone. Sono pochissimi quelli che hanno un quotidiano fra le mani: su un gruppo ideale di dieci, leggono  solo in tre, ma preferiscono portarsi da casa un romanzo, un manuale per dimagrire o come uscire dai debiti. Tre dei pendolari non fanno nulla, si guardano in giro  e si addormentano; mentre gli altri quattro stanno ascoltando musica in cuffia, inviando messaggini o guardando la posta sull'iPhone. E' stata la tecnologia a prendersi il tempo che veniva dedicato alla lettura, a invadere le vite con una quantità di notizie in tempo reale. Non si può dire  che le persone non siano informate, sono aggiornate in maniera perfino spasmodica. Tutti a sentire nell’aria i segni di un' Apocalisse imminente, ma ognuno individua per essa ragioni diverse: chi nella situazione economica mondiale gestita da avvoltoi, chi in quella climatica provocata da una cattiva gestione del pianeta e chi a causa della perdita dei valori di un tempo finiti in fondo ad un cestino dei rifiuti. Personalmente non credo che la colpa di aver trascinato il mondo nel baratro sia da addossare esclusivamente ai modelli  creati dai matematici per costruire strumenti finanziari sempre più complessi, la responsabilità è di chi li ha usati in modo avido ed irrazionale. Ho la convinzione che ci sia sempre la possibilità di riprendersi , si troverà sicuramente un nuovo equilibrio, una nuova stabilità; ma non più ai livelli di prima: bisogna accettare di vivere ad un livello più basso. Con gli occhi fissi nell’orizzonte della televisione vedo approssimarsi l’arrivo di una nuova orda di barbari che tenterà di annebbiarci la mente, non appena  avremo ripreso in mano il telecomando, gente senza cultura e senza storia vorrà convincerci che la soluzione di tutto sta in una cartella del “gratta e vinci”; ma non scherziamo! La soluzione sta nel coltivare idee e tenere sempre aperto l’uscio alla speranza. Già respiriamo da schifo, se poi ci neghiamo anche quel briciolo di speranza…..
Buona vita!
maestrocastello

sabato 18 agosto 2012

Uno spreco di bellezza e di luce.


L’Italia è andata in ferie e, nonostante la crisi, anche quest’anno ce l’ha fatta ad abbassare le saracinesche dello smarrimento e partire per il mare. E’ proprio vero che se hai un problema irrisolto; poi  te lo porti dietro anche nei luoghi di villeggiatura. Il termine “Ferragosto” deriva dalla frase latina “Feriae Augusti”, ovvero “Feste (in onore) di Augusto”, poiché fu proprio l’imperatore Augusto ad introdurre questa vacanza che sollevava ogni cittadino romano dall’attività lavorativa durante la calura estiva. L’Italia ch’è andata in vacanza è piena di problemi ed avrebbe poco da festeggiare,  perché un lavoro molti non ce l’hanno, in tanti  le saracinesche le avevano già abbassate da tempo e tanti altri rischiano di non poterle più rialzare ai primi di settembre. Il malcontento trasloca semplicemente nei luoghi di villeggiatura, ad affollare posti che fino qualche settimana fa erano deserti. I nostri paesi sono un vero spreco di splendore: prima c’era il vuoto e all’improvviso c’è il pienone, concentrato in un paio di settimane di mezz’agosto, costume tutto italiano, e poi partirà come sempre il treno della desolazione, del silenzio che avvolge piccoli agglomerati urbani che hanno più case che abitanti. L’Italia è un grande museo di tesori che apre per poche settimane all’anno e poi getta la chiave nel dimenticatoio. Questo Paese possiede le risorse che da sole ci allontanerebbero dalla crisi, ma non se ne rende conto. Viviamo nel cerchio delle nostre abitudini della nostra vita ordinata; ce ne stiamo stesi al sole in estate, come in inverno restiamo allungati su un divano, solo che il sole ha preso il posto del tubo catodico. Oltre allo splendore del mare, c’è quello dei paesi che sono spesso veri laboratori di turismo e di cultura, di alfabetizzazione rurale  e non  si riducono alle sole feste di piazza, dove si esibisce spesso lo squallore in veste di cantanti che ci vede, zampettanti al ritmo di gruppi sfiatati. I nostri luoghi sono un patrimonio unico al mondo, non solo le città d’arte; ma proprio nei nostri paesini si potrebbe costruire un nuovo modo di fare vacanza, un’occasione per riattivare la nostra capacità di osservazione, per conoscere luoghi, per costruire relazioni autentiche e profonde. Se le sagre paesane e i concerti li lasciassero organizzare ai privati, le amministrazioni comunali potrebbero proporre esperienze di crescita interiore e democratica, come le visite ad una stalla, ad un caseificio, ad un podere; per sviluppare le nostre capacità manipolative, imparare, ad esempio, come si fa un caciocavallo, come si pota un albero d'olivo, come si sta a cavallo, come si fanno le orecchiette o semplicemente come s'impaglia una sedia. Lavorare è sicuramente meno noioso che divertirsi e partendo da questo principio potremmo rendere le nostre ferie più interessanti e farne tesoro per vivere in inverno una vita di città meno piatta.
Buona vita
maestrocastello


sabato 11 agosto 2012

Nella valigia di cartone, la speranza di un futuro migliore.


Emigrante fa rima con distante. Le rondini migrano alla volta di posti più caldi, l’uomo va alla ricerca di nuove opportunità di lavoro. L’esilio è la frattura scavata tra un essere umano ed il suo luogo natio, ossia la sua vera casa. La tua casa non ti appartiene più perché l’hai svenduta e quando pensi di avere i mezzi per riappropriartene; ti accorgi che non è più la stessa, perché sono trascorse più generazioni e si è persa la memoria di come era un tempo. La storia e la letteratura raccontano di ritorni eroici e romantici che somigliano tanto a sforzi per superare i dispiaceri dell’estraniamento. Ulisse al  ritorno vive essenzialmente di ricordi  e mette tenerezza l’utilizzo delle sue residue energie per avere il diritto all’antico talamo, ricavato da un tronco d’ulivo, che contende ai perfidi Proci.  L’esilio resta comunque una sconfitta per ciò che si è lasciato alle spalle e che difficilmente potrà tornare indietro, la perdita di qualcosa che si è persa per sempre. L’esilio è sinonimo di sofferenza di un’intensità unica. Solo chi non ha provato a stare lontano dal luogo natio non può sapere quanto sia arduo vivere soltanto di ricord di volti, di sapori, di odori e di voci familiari; solo chi vive lontano sa… “ come è duro calle lo scendere e  ‘l salir  pe l’altrui scale” (Dante- Paradiso XVII° canto). Eppure la cultura moderna occidentale è in larga misura opera di esuli, emigrati e rifugiati che hanno portato una ventata di aria nuova, rompendo con la tradizione. Quanti emigranti, figli soprattutto di un sud lasciato troppo solo in fondo ad ogni classifica, si sono distinti per impegno e creatività.  Il critico George Steiner afferma giustamente che questa civiltà che ha privato così tanti di una casa debbano, a buon diritto, essere chiamati “poeti senza dimora e vagabondi del linguaggio”. Senza voler fare del vittimismo è proprio il sud che festeggia più di tutti e, quasi sempre in agosto, “la festa dell’emigrante” che ritorna all’ovile. Sto povero Cristo che, in cuor suo, pensava di poter ritornare vincitore ed invece spesso torna da sconfitto; ormai sono passati tanti anni e non se lo caca più nessuno. Il sud è gioia e rabbia. Il sud è bipolare: ti esalta e ti svilisce. Terre gremite ad agosto e a dicembre abbandonate: il sud ormai non ti sorprende più, torni e ti ritrovi il tuo sud delle pale eoliche spesso ferme, il sud dei caciocavalli, il sud delle troppe case chiuse, il sud che lascia le olive sugli alberi perché non c’è più nessuno che le coglie, il sud dei paesi popolati solo da novantenni, il sud dove si raziona l’acqua in estate, il sud dell’abbandono, il sud che staziona al bar della piazza, il sud della “passatella a base di birra, il sud che spesso recrimina; ma non si ribella, il sud che s’è fatto la casa col terremoto, il sud dei sindaci che fanno i dottori, il sud pieno di parlamentari che non fanno un cazzo per la loro terra d’origine, il sud del vino buono e del grano in abbondanza, ma  che va a fare la spesa di schifezze alla Mongolfiera, il sud dell’olio extravergine d’oliva, dei polli ruspanti e dei capicolli; il sud che ha mille potenzialità che, spesso, non servono a nulla, il sud che non crede più nei miracoli e non spera. L’emigrante sa già ch’è cosi; intanto ritorna! Anch’io sono un emigrante che per mille motivi non indovina mai l’approdo e sogna un giorno di fare ritorno in una casa ideale, salvata dall’attacco delle betoniere,dove la catenella per legare il mulo è ancora al suo posto, piantata nel muro davanti casa; magari arrugginita perché il mulo non lo lega più nessuno. Vorrei far ritorno in una casa così che profumi ancora di pane appena sfornato,sentire la voce ferma di mia madre che mi dice:”Giovà, porta lu criscent (lievito madre) a la comare che ce l’ha prestato!”. La mia resta solo un’illusione e la mia casa ideale me la porto sempre nel cuore, come l’amore smisurato per i miei genitori, due persone che non ci sono più, due vecchi che non avevano nulla; eppure mi hanno dato tutto.
Buona vita!
maestrocastello