mercoledì 25 dicembre 2013

Natale è amore.

La mia attenzione è fissa su questa bella immagine che racchiude il significato profondo della festa di oggi. Una nascita che simbolizza l'amore, sentimento sublime su cui si regge il mondo. Se non esistesse l'amore, non avrebbe senso campare. Il Natale è la simbolizzazione dell'amore divino che non può prescindere dall'amore terreno, l'amore verso Dio si realizza attraverso l'amore verso gli uomini che il Vangelo chiama “prossimo”. Quando diciamo “Buon Natale!”, invitiamo a compiere atti d'amore. E' facile e naturale compiere questi gesti verso chi già si vuole bene, il vero merito sta nell'estenderlo anche agli altri, allargarlo verso l'umanità sofferente, verso chi sta peggio di noi. “Natale con i tuoi”, usiamo dire, e quando facciamo la bella tavolata in famiglia, creiamo un magico momento che aspettavamo da un anno; insieme al cibo, veicola sul tavolo anche l'amore che proviamo uno per l'altro e lo traduciamo meglio con i regali sotto l'albero. “Aggiungi un posto a tavola” deve essere la nuova pratica d amore, la filosofia dell'attenzione verso l'altro (e non solo a Natale) deve diventare la regola di una vita coinvolgente. Impariamo a riempire le parole di significato, quando diciamo: “Buon Natale!”, l'altro dovrà tradurlo senza equivoci in : “Ti voglio bene!” Diamo il libero accesso al nostro cuore e sarà davvero un grande Natale
Buona vita e Buon Natale a tutti i lettori di maestrocastello!

venerdì 20 dicembre 2013

Letterina a Babbo Natale.

Ciao, Babbo Natale.
Tu sei una bella invenzione a cui ricorriamo noi grandi per illudere i nostri bambini che, a Natale, i regali è come se piovessero dal cielo e non frutto del nostro lavoro. Forse è per il fatto che non riusciamo più a sognare e non desideriamo che smettano di farlo anche i nostri figli. Sarà forse questo il motivo per cui un genitore, un mese prima del Natale, si ritaglia una mezz'ora di tempo per scriverti lettere insieme ai propri bambini e dirigere le loro richieste di regali in base alle proprie possibilità economiche e sarà anche per questo che un genitore s'indigna quando la maestra del figlio decide di rivelargli che Babbo Natale non esiste. Da piccolo, quando ero al paese, si scriveva la letterina direttamente ai genitori e la si metteva sotto il piatto del papà, durante il pranzo di Natale. Forse era perché tu ancora non esistevi oppure perché allora era più dura di adesso e non si poteva credere alle favole. Ricordo che dopo tante insistenze tua madre ti dava le dieci lire per comprare la letterina che aveva un disegno natalizio ricamato di porporina d'oro e d'argento che sfarinava dappertutto e tu la tenevi gelosamente nascosta a tuo padre. Il testo lo inventavi o col maestro o assieme alla mamma: sempre le solite promesse mai mantenute: di essere buono e più studioso. Il problema era scriverle sul foglio con la porporina quelle promesse, foglio faticosamente “comprato”, “unico” e “costato dieci lire”. Non riuscivi mai senza fare sbagli! Allora non c'era la penna a biro e scrivevamo col pennino intinto all'inchiostro ed era praticamente impossibile non fare macchie sul foglio. Facevi tante prove su fogli strappati nascostamente dal quaderno e, finalmente, passavi alla letterina vera e propria. Il prodotto non era mai all'altezza, ma tuo padre avrebbe comunque apprezzato il tuo gesto, lui avrebbe versato un lacrimone e tu avresti recuperato le dieci lire della lettera. Dice, cosa si mangiava a Natale? Si mangiava! Ma lasciamo stare, che quelli erano proprio altri tempi! Dopo mezzo secolo, caro Papà Natale, torno a scrivere quella letterina natalizia e non potendola più mettere sotto il piatto del mio papà (pace all'anima sua); la invio direttamente a te, come fanno i bambini. Tu sei un'invenzione collettiva e mi rivolgo a te, per non rivolgermi agli altri. Non ho richieste particolari per me, che mi ritengo assai fortunato di avere di che vivere e non mi manca l'affetto dei miei cari; faccio richieste per tutti quelli che non se la passano tanto bene: le persone anziane abbandonate, allettate, quelle che hanno scelto la strada, quelle ammucchiate in posti di prima accoglienza, denudati e vilipesi nella propria dignità, gente relegata ai margini della nostra società, quelli che la vita s'è scordato di loro. Molti di noi si lamentano solo perché non possono tenere lo stesso tenore di vita di prima, dimenticandosi dei padri di famiglia che hanno perso il posto di lavoro a cinquant'anni. Caro Babbo, vorrei tanto che il Natale non fosse solo coreografia e “volemose bene” detto a parole, il miglior regalo non sono i beni di consumo, che uno se ne può anche fare a meno; tanti desiderano la nostra attenzione, un saluto, un semplice sorriso. Un'ora di compagnia ad un anziano è il più bel regalo che gli si possa fare a Natale. Le luci più belle saranno i sorrisi che riusciremo ad accendere sul volto della gente.

Buona vita e Buon Natale a tutti!

lunedì 16 dicembre 2013

Forconi e forchette.

Siamo alla fatidica settimana della tredicesima che un tempo era motivo di gioia, ora rappresenta una mezza boccata d'ossigeno per le famiglie italiane, quelle che ancora conservano questo privilegio: tra pranzo di Natale, cenone e regaletti (se pur risicati), bollette di fine anno, IMU, AMA, canone Rai e quant'altro; si fa presto ad esaurirsi questa tanto attesa flebo di fine anno. La gente in queste ore protesta e ne ha tutte le ragioni: la pressione fiscale eccessiva affama le famiglie, uccide le imprese e non permette spiragli di crescita a questo Paese. Alle soglie del tremila, non si può continuare a morire di Equitalia e la politica che in questi casi non rimane mai a guardare, cavalca questa protesta per volgerla a proprio vantaggio, continuando nelle promesse che poi non mantiene. Nuova legge elettorale, abolire il finanziamento pubblico ai partiti, riduzione del numero dei parlamentari e del costo della politica; quante volte abbiamo sentito ventilare queste cose nei mesi e negli anni trascorsi? Tutti lo dicono e nessuno lo fa. Perché? In realtà siamo governati da porci, sì, proprio porci e lo dico per un duplice motivo: perché figli del “porcellum”e in quanto mangiano come porci (le forchette!). Dalle mie parti si dice: “chi amministra, amminestra”. La settimana passata Renzi-Fonzi l'ha spuntata per la segreteria del PD e il fatto che tanta gente, se pur non iscritta a questo partito, sia andata comunque a votarlo, sta ad indicare la voglia di tanti di vedere all'opera qualcuno con le palle,uno che esca dagli schieramenti preconcetti dei partiti e si adoperi veramente per il Paese, qualcuno che alle parole faccia seguire finalmente i fatti. Ce la farà questo loquace toscano dalla grande autostima a sfondare i muri di gomma, fatto da “giornalisti smagati, burocrati inaffondabili e politici inafferrabili”, che il Palazzo romano erige ogni qual volta si presenta qualcuno intenzionato a cambiare le cose? Nutro forti dubbi, ma penso anche che sarebbe finalmente l'ora che questo avvenga e credo anche che quando smetteremo di sognare solamente una vita più giusta e dignitosa per tutti; allora sarà veramente Natale.
Buona vita!

venerdì 13 dicembre 2013

Giocattoli superflui.

In alcune zone del nord Italia la tradizione vuole che il 13 dicembre Santa Lucia (Santa Luza) porti doni ai più piccoli, quasi un'anticipazione dei doni che riceveranno a Natale. Non sto a raccontarvi la storia del martirio di Lucia, fanciulla siciliana a cui vennero cavati gli occhi e che per questo fu considerata la protettrice della vista; perché la trovate sui libri; voglio, invece, narrarvi il perché santa Lucia proprio oggi porta doni ai bambini e questo perché è racchiuso in una favola che ero solito raccontare ai bambini, quando insegnavo.
“La chiave d'oro” o favola di Santa Lucia.
Quando Lucia salì in cielo tutti si meravigliarono nel vederla così giovane. Ben presto la santa coi suoi modi dolci conquistò tutti ed anche il burbero San Pietro che si prese cura di lei, proprio come fa un nonno con la sua nipotina. I giorni trascorrevano lieti, ma Pietro, nonostante la lunga barba bianca, ci vedeva benissimo e non gli sfuggì quel sottile velo di tristezza che stazionava suoi occhi. In un momento di confidenze, venne a sapere che Lucia avrebbe tanto desiderato, anche per un solo minuto, rivedere il suo paese in Sicilia e i suoi poveri. San Pietro fu colpito da tale richiesta, ma non sapeva come poteva esaudirla. La notte non ci dormiva turbato da questo pensiero, finché prese coraggio e volle parlarne al Padre Eterno. Quando fu al Suo cospetto e sempre tenendo la testa china per profondo rispetto, espose la richiesta. Il Signore, che tutto vede e tutto sa, gli consegnò una piccola chiave d'oro che apriva una finestrella sul mondo. “Tieni Pietro, portala a Lucia”. San Pietro, sorpreso e felice, corse come un ragazzino a portare la chiave alla sua “santa bambina”, felice di aver esaudito il suo desiderio. Lucia aprì la finestrella, dette uno sguardo sul mondo e , felice di quella visione non desiderò più di aprire gli occhi sulle cose terrene. Ma una notte fu svegliata da lamenti e pianti lontani. Prese la chiave e corse a vedere di che si trattava. Fu in quel momento che vide tutte le ingiustizie del mondo e, soprattutto, vide i bambini che soffrivano e piangevano a causa delle angherie degli adulti. L'umore della santa mutò da quel giorno e la cosa non passò inosservata a San Pietro e specialmente al Padre Eterno che chiamò  Pietro. “Ho deciso,  daremo a Lucia l’incarico di portare, una volta l’anno, un po’ d’allegria sulla Terra e tu,  Pietro, dille che il Signore l’autorizza a scendere ogni 13 dicembre, giorno del suo martirio, per portare doni a tutti i bambini.” Quando ebbe la notizia la santa rimase incredula e felice. Ormai mancavano pochi giorni al 13 dicembre e Lucia non disponeva di nulla: in paradiso non esistevano né pasticcerie, né negozi di giocattoli e lei non sapeva come fare. Ma questa volta San Pietro ebbe un’idea proprio geniale; chiamò Lucia, invitandola ad aprire la finestrella: “Guarda, vedi nello spazio? Là c’è un cavalluccio, lo vedi? Là c’è una bambola, un trenino, là c’è una trombetta, li vedi? Sai cosa sono tutti quei giochi? Sono giochi superflui, inutilizzati, abbandonati, dimenticati da bambini viziati e mai contenti. I giochi sono come le persone, cercano compagnia e, se nessuno li vuole più, preferiscono andare nello spazio, in attesa d’ incontrare bimbi disposti a giocare con loro. Dai, forza! Prendine quanti ne vuoi e portali a  chi ne ha veramente bisogno!” . Lucia cominciò a riempire tanti sacchi di giocattoli e con l’aiuto di un asinello che si offrì volontario, fu pronta a portarli ai bambini bisognosi. Ecco come nacque la leggenda del viaggio di santa Lucia che ogni 13 dicembre porta gioia ai bambini e compagnia ai giocattoli.
Buona vita!


venerdì 6 dicembre 2013

Invictus.

Il titolo “invictus” viene dal latino e significa “invitto, ossia “mai sconfitto”. Questa poesia fu scritta sul letto di un ospedale nel 1875 da William Henley, poeta britannico che all'età di 12 anni rimase vittima del morbo di Pott, una grave forma di tubercolosi ossea. Nonostante ciò, Henley riuscì a continuare gli studi e intraprendere la carriera giornalistica. La grave patologia lo costrinse all'età di 25 anni all'amputazione di una gamba e, nonostante ciò, Henley non si scoraggiò e continuò a vivere con una protesi artificiale fino all'età di 53 anni, quando morì. La poesia diverrà il manifesto spirituale di Nelson Mandela che la reciterà spesso negli anni della sua prigionia durante l'apartheid. I grandi uomini come Mandela non muoiono e ci fanno essere orgogliosi di appartenere al genere umano e ci danno la speranza che, alla fine, tutte le dittature possono crollare, civilmente e senza rivoluzioni o bagni di sangue: con la forza delle idee e della giustizia, con la forza del popolo civilmente organizzato. Il cambiamento non è mai merito di uno solo: "Io sono ciò che sono per merito di ciò  che siamo tutti". Questa è la grande eredità che ci lascia questo grande uomo, ora tocca a noi mettere in pratica il suo insegnamento per migliorare il nostro ambiente, la nostra società e noi stessi.
Buona vita!
.maestrocastello...7 dic. 2013...........................................

Invictus.

Dal profondo della notte che mi avvolge,
Nera come un pozzo da un polo all'altro,
Ringrazio qualunque dio esista
Per la mia anima invincibile.
Nella feroce morsa delle circostanze
Non ho arretrato né gridato.
Sotto le randellate della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma non chino.
Oltre questo luogo d'ira e lacrime
Incombe il solo Orrore delle ombre,
E ancora la minaccia degli anni
Mi trova e mi troverà senza paura.
Non importa quanto stretto sia il passaggio,
Quanto piena di castighi la vita,
Io sono il padrone del mio destino;
Io sono il capitano della mia anima.
(William Ernest Henley)

domenica 1 dicembre 2013

L'infanzia negata.

Siamo nel 1938 e l'isola di Rodi era sotto il controllo italiano dal 1912. L'anno scolastico era appena iniziato e Sami Modiano, che allora aveva otto anni, frequentava la terza elementare maschile. Il bimbo era tra i primi della classe, tra i più bravi, benvoluto dall'insegnante che non teneva conto della religione dei suoi alunni. Che il bambino fosse ebreo non importava a nessuno, almeno fino ad un certo mattino. Quel giorno Sami si reca a scuola come al solito e quando il maestro lo chiama, lui si mostra contento, si era preparato all'interrogazione, convinto che lo avesse chiamato per questo. Invece il maestro gli disse: “Sami, sei stato espulso dalla scuola.” Il bambino non capì, rimase senza parole. Il maestro, in grande difficoltà, cercò in qualche modo di mettere riparo al suo mutismo, facendo un inutile tentativo per rassicurarlo. Gli mise una mano sulla testa :” Credimi, mi dispiace. Il tuo papà ti saprà spiegare meglio di me il perché di questa espulsione.” Ancora oggi che Sami ha 83 anni, ricorda bene quella mano sulla sua testa e il vano tentativo di rassicurarlo e la successiva conversazione avuta con suo padre che gli parlò di Mussolini e dell'esistenza di una razza superiore e di un'altra ebraica di cui quelli della loro famiglia facevano parte. Era troppo piccolo per capire e provò a consolarsi per non dar ulteriore dispiacere a suo padre. Sami capì, invece, che da quel momento la sua infanzia si era interrotta e non gli sarebbe spettato tutto quello a cui ha diritto ogni bambino della sua età: balocchi, spensieratezza e istruzione. La sua vita futura sarà colma di vicissitudini dolorose ed una serie nutrita di fatalità. Ancora tredicenne fu avviato, insieme alla sua famiglia, ai “campi di concentramento” di Auschwitz, destinato ai lavori forzati e più volte ad un passo dal finire nei “forni crematori”; la scampò sempre, per un motivo o per l'altro. Nel campo mangiavano poco: una ciotola di minestra e una fetta di pane che lui metteva via per darla nascostamente a sua sorella Lucia. Un giorno si presentarono entrambi all'appuntamento con in mano una fetta di pane: ognuno dei due aveva avuto il pensiero per l'altro! Oggi Sami Modiano ha 83 anni e vive col rammarico di essere un sopravvissuto, mentre tutti gli altri sono morti e per testimoniare ai giovani le atrocità subite, racconta loro nelle scuole la shoah ed accompagna periodicamente gli studenti a visitare i campi di Auschwitz e Mauthausen. L'Università “La Sapienza” di Roma ha pensato a sanare l'altro suo rammarico, quello di non aver potuto studiare, conferendogli la “laurea ad honorem” col “Dottorato di ricerca” per i suoi grandi meriti umani e sociali. Dopo 75 anni quest'uomo realizza il suo sogno. Al neo-dottore vanno gli auguri e tutto il nostro affetto!
Buona vita!

sabato 23 novembre 2013

La solidarietà è un valore.

L'Italia è un Paese straordinario, mi correggo, gli italiani sono un popolo straordinario e lo dimostrano ogni qual volta il Paese è messo a dura prova da calamità naturali che ormai hanno assunto carattere ciclico. E' in questi momenti cruciali che viene fuori quello spirito italico che ci affratella e che stentiamo a tirar fuori in tante altre occasioni e, senza pensarci due volte, arriviamo noi in soccorso: ieri accorrevamo  dai nostri fratelli fiorentini ed aquilani, oggi verso emiliani, genovesi e sardi e di quanti hanno bisogno del nostro aiuto e della nostra solidarietà. Ed è così che s'è formata negli anni quella “catena generazionale del fango” che parte dall'alluvione di Firenze ed unisce giovani di diverse generazioni accomunati dall'impegno civile e dall'alto senso di umanità, giovani che proprio a Firenze furono battezzati “angeli del fango” . Il fango come filo rosso della storia dell'Italia dell'ultimo cinquantennio, fatta di edificazione selvaggia e macabra conta delle vittime. Questi angeli con le pale al posto delle ali a spalare la melma che invade ogni volta interi centri abitati, persone capaci di gesti di solidarietà da far impallidire. E qualcuno osa dire pure che i nostri giovani non hanno più valori! La solidarietà è il valore del futuro. Come sentimento sociale la solidarietà sarà una delle rivoluzioni del terzo millennio, al pari della giustizia : valore che è stato un'importante conquista della fine del millennio appena trascorso. La solidarietà ha valore a patto che non resti un fenomeno isolato e privato che riguarda solo alcuni; ma diventi una veste mentale di ogni cittadino. Come il concetto di giustizia non può essere un'attuazione individuale perché nessuno può farsi giustizia da solo, così la solidarietà deve esprimersi con la socialità dello Stato. Lo Stato non è un'azienda privata che deve avere come obiettivo prioritario l'utile, che deve puntare tutto sulla competitività; lo Stato deve avere a cuore il benessere del cittadino.  Uno Stato giusto e solidale deve tener conto anche del cittadino in situazione di svantaggio e gli aiuti indirizzati a lui non debbono sembrare elemosine caritatevoli, ma sacrosanti diritti per assicurare a tutti una vita dignitosa. Siccome “non esiste pasto gratis”, perché se qualcuno lo riceve e non lo paga; qualcun altro lo paga e non lo riceve; allora lo Stato giusto e solidale deve garantire che, perlomeno, questo aiuto vada a chi ne ha realmente bisogno. Uno Stato giusto e solidale è tale se non permette più appannaggi a falsi invalidi, doppie- triple pensioni, rimborsi elettorali truccati, auto blu per lo shopping della moglie di sua eccellenza, non permette giochetti ai facoltosi per non pagare le tasse come tutti. Uno Stato è giusto e solidale quando un comune cittadino non è costretto ad offrirsi volontario per dar soccorso ad un fratello, perché lo Stato s'è dimenticato di lui..
Buona vita!

martedì 19 novembre 2013

Di che colore sei?

La scelta dei colori riguarda i molteplici aspetti della personalità. Il mondo dei colori è importante quanto la musica, perché ogni colore emana vibrazioni che esercitano un'influenza benefica sulle persone adulte e, addirittura, sui bambini quando ancora sono nel grembo materno. Oltre alle coccole ed una buona alimentazione, infatti, è possibile trasmettere al bambino in gestazione le virtù benefiche dei colori. E se la futura mamma manifesterà nella quotidianità tali virtù, queste s'imprimeranno nella memoria cellulare del bimbo. Ecco perché l'abbigliamento di una mamma dovrebbe sempre essere ricco di colori. Avvicinando il piccolo ai colori, la mamma gli trasmetterà quell'energia e quell'amore che sgorga da ogni colore e avrà la sensazione di crescere un bambino arcobaleno. In questo fenomeno cromatico naturale, infatti, è racchiusa la sintesi delle nostre emozioni, dei nostri stati d'animo delle nostre inclinazioni e dalla preferenza di questo o quel colore si può capire il carattere di ciascuno di noi. Il rosso, ad esempio, è il colore della vita, della vitalità, del dinamismo e della volontà. L’arancione è il colore della salute, della gioia, della bellezza interiore e della trasformazione. Il giallo corrisponde all’intelligenza, alla saggezza e alla ragione. Il verde è collegato alla crescita, alla speranza, all’abbondanza e alla riuscita. L’azzurro è il colore della pace interiore, della musica e dell’armonia. Chi preferisce l’indaco ha nobiltà di pensiero, lealtà, stabilità e padronanza di sé; mentre il viola ispira purezza, sviluppa l’immaginazione e l’intuizione, esorta all’altruismo e alla compassione. Il viola è legato ai valori spirituali dell’essere umano.  Dovremmo   diventare degli uomini arcobaleno, per poter aspirare a possedere tutte le virtù che sono racchiuse nei suoi colori, ma ciò non è possibile e, infatti, questo spiega perché ciascuno di noi ha preferenza  per uno o due colori in particolare.  Voglio concludere con una curiosità a proposito del giallo. Il colore giallo ha avuto una storia travagliata : dopo l’affermazione del Cristianesimo divenne il colore delle prostitute (che si dovevano riconoscere da lontano), poi divenne il colore della bandiera che segnalava le epidemie sulle navi e  fu scelto dai nazisti per “marchiare” gli ebrei. In zoologia, il giallo indica agli altri animali il pericolo, è usato da vespe, api ed animali marini tossici o dotati di pungiglione; in questo modo comunicano agli altri la loro pericolosità. Nelle corse automobilistiche la bandiera gialla indica pericolo, negli uffici pubblici non devi superare la striscia gialla, al Pronto Soccorso il codice giallo significa situazione grave, nel dialetto napoletano si dice: “Ho fatto il giallo”, per dire che si è  avuta molta paura. Chissà perché tutti ce l’hanno col giallo: questo è un giallo!

Buona  vita!

lunedì 18 novembre 2013

Giace lassù la mia infanzia..

PAESAGGIO NOTTURNO
Giace lassù la mia infanzia.
Lassù in quella collina
ch’io riveggio la notte,
passando in ferrovia,
segnata di vive luci.
Odore di stoppie bruciate
m’investe alla stazione.
Antico e sparso
odore simile a molte voci che mi chiamino.
Ma il treno fugge. Io non so dove
M’è compagno un amico
che non si desta neppure.
Nessuno pensa o immagina
che cosa sia per me
questa materna terra che sorvolo
come un ignoto, come un traditore.
(Vincenzo Cardarelli)

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Il paese era  come un diario segreto in cui nascondevo
 i miei sentimenti. Prima lo tenevo solo per me ed
oggi ho deciso di aprirlo a chi condivide la mia stessa passione,
forse perché ho finalmente capito: ciò che rende belle le cose 
è condividerle con gli altri.
Condivisione è ricevere e trasmettere gioia, tenerla
solo per sé; non ha senso e dura un attimo;
condividerla con gli altri, dura più a lungo.
Buona vita!



sabato 9 novembre 2013

Attenti alla testa!

Per questa notte è prevista pioggia, non una pioggia qualunque; una pioggia tutta speciale, fatta di materiale contundente che potrebbe romperci la testa.
Non è uno scherzo, nelle prossime 48 ore, tra domenica sera e lunedì mattina, potreste vedere piovere pezzi di metallo del peso di qualche chilo, o a decine, fino a pezzi pesanti quanto il motore di un'auto. Sono i resti del satellite dell'Agenzia spaziale europea “Esa”che, lanciato in orbita nel 2009 per stendere la mappa del campo gravitazionale della terra, ora di ritorno sulla Terra. Il mese scorso, questo satellite ha esaurito il combustibile ed anche il suo compito e al  momento si trova in un'orbita discendente a 160 Km di quota e quando raggiungerà gli 80 Km, i 4/5 finiranno in pezzi, a causa del calore prodotto dall'attrito prodotto dall'atmosfera; mentre 1/5 cadrà in pezzi sulla Terra. C'è la possibilità che qualche pezzo cada in Italia? La possibilità è remota (una su 250 mila); ma c'è. Tutti ci auguriamo che questo non avvenga. Restiamo fiduciosi in attesa, augurandoci   di avere fortuna, ma, attenzione! perché: la fortuna è cieca; ma la jella ci vede benissimo!
Buona vita!

Paesaggio.

Paesaggio, uno stato d'animo
ora gioioso, ora triste
capace di mettere il mio animo  in subbuglio.
Paesaggio, tema sui nostri sentimenti:
ti dice che siamo gli
eterni viandanti di noi stessi.
Paesaggio, specchio fedele
di ciò ch'eravamo e di quello
che poi siamo diventati.
Paesaggio: cartolina ideale
del mio paese natale
che, ogni tanto, invio a me stesso.
(giovanni)


martedì 5 novembre 2013

Dieci favole politicamente scorrette. (settima puntata)

Faust 2001
di Andrea Camilleri


Un giorno un signore quarantenne, agile, elegante, ben vestito, capelli curatissimi,faccia tirata a lucido, costosissima valigetta griffata in mano, riuscì a farsi ricevere dal Cavaliere. A questi il visitatore fece subito buona impressione: a prima vista, pareva il tipico dirigente-manager del partito che aveva fondato, poteva essere un buon acquisto in vista della prossima campagna elettorale. “Desidera?” , domandò il Cavaliere. “Io niente”, fece il visitatore. “E' lei che desidera qualcosa da me”. Il cavaliere s'irritò. Lui non aveva niente da desiderare, avendo tutto. “Ci dev'essere un equivoco”, disse brusco. “Nessun equivoco, mi creda. Lei ieri sera, alle diciannove e tredici esatte, solo nel suo bagno, guardandosi allo specchio ha pensato: Darei qualsiasi cosa per riavere i miei capelli. Eccomi qua a servirla”. E senza dargli il tempo di reagire, il visitatore aprì la valigetta, ne trasse fuori una dozzina di disegni e li posò sulla scrivania: in ognuna d'essi, la testa del Cavaliere era incoronata da una diversa, ma sempre foltissima, capigliatura: ora riccioluta, ora liscia, ora a onde....”Scelga quella che le piace di più. Il contratto ce l'ho già pronto. Appena l'avrà firmato, si ritroverà in testa il modello che desidera. E le garantisco anche che, fino alla morte, non perderà più nemmeno un capello”. “Lei quale ditta rappresenta?”, domandò il Cavaliere. “Non rappresento altro che me stesso. Non ha ancora capito chi sono?”. Lo disse in modo tale che il Cavaliere capì. Il visitatore era il diavolo in persona. Dunque tutto quello che aveva detto era vero. Bastava concludere il patto e avrebbe riavuto i suoi capelli. “Quindi, secondo la tradizione, lei vorrebbe in cambio la mia anima”, disse lentamente il Cavaliere”. Il visitatore lo guardò leggermente stupito, ma non aprì bocca. Il Cavaliere sospirò un momento, poi allungò la mano: “E va bene, firmiamo questo contratto”, fece. A quel punto il visitatore si mise a sghignazzare. “La sua anima? Lei vorrebbe darmi in contropartita la sua anima? Ma non lo sa che da tempo non accettiamo più anime? Era un commercio che piaceva a mio nonno, che andava sempre in perdita, poveraccio, e piaceva ancora di più ai poeti che ci ricamavano sopra”. “Allora lei che cosa vuole in cambio?” “L'ottantacinque per cento di tutto quello che possiede: televisioni, aziende, giornali, società, ville, tutto. Non è per niente esosa la nostra richiesta. Pensi alla figura che farà sui manifesti elettorali, sicuramente vincerà la campagna”. “In questo caso, preferisco farmi ritoccare le fotografie”, disse il Cavaliere. E lo congedò. (Andrea Camilleri).
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Queste favole sono apparse nel duemilatre e, a distanza di un decennio, dobbiamo convenire che il Cavaliere ha mantenuto la parola: non ha fatto alcun patto col diavolo per riavere i capelli di prima, quando componeva canzoni sulle navi da crociera o costruiva case in Brianza. Lui i capelli se l'è fatti semplicemente tatuare con una polverina ed il risultato è un colore “testa di moro”; la stessa polverina che usa Bruno Vespa; ma a Vespa la tinta è venuta più scura. Certo, pensando a tutto il denaro accumulato e speso in tutti questi anni, poteva pure permetterselo un parrucchino alla Conte della Juve o Sandro Majer di “Ballando”. Forse il Cavaliere già prevedeva tutte le spese che avrebbe dovuto affrontare un decennio più tardi. Gli alimenti (12 milioni l'anno) alla ex moglie, il risarcimento Cir (500 milioni) a De Benedetti, il mantenimento delle varie ville sparse per il mondo (altri 25 milioni), la squadra del Milan in perdita, il PdL che gli costa 20 milioni l'anno, la compravendita di parlamentari per far cadere il governo del Mortadella, il mantenimento delle “Olgettine” (2500 euro mensili a ragazza) , i soldi dati a Ruby, i festini di Arcore e Villa Grazioli, 441 mila euro l'anno allo studio legale Ghedini, le spese per gli altri suoi avvocati, le varie donazioni, gli scagnozzi che si porta dietro e tante altre spese che non vi sto ad elencare, se no facciamo notte. Stando a quanto scrive Libero, il Cavaliere starebbe a rischio povertà, proprio come se fosse un operaio di Termini Imerese. Sarà questo il motivo che non ha ancora pagato la bolletta di 120 euro annuali al Comune di Arcore per due lampioni che da alcuni decenni illuminano la strada adiacente la sua villa? Colpa di questa crisi comunista e di De Benedetti, comunista pure lui, che Il Cavaliere sta cadendo in miseria. Pensate, quest'anno dovrà farsi bastare 7 milioni di euro per le spese di tutti i giorni. Una montagna di soldi, direte voi; ma si tratta di briciole per uno che non è abituato. Davvero un problema al quale gli italiani non sanno come rispondere, roba non ci da non dormirci la notte.
Buona vita!

sabato 2 novembre 2013

Ricordo in preghiera.



A tutti quelli che hanno significato qualcosa per te....
a quelli che hanno segnato la tua vita in modo o nell'altro...
a quelli che ti hanno fatto sorridere quando ne avevi più bisogno...
a quelli che quando eri triste, ti fecero vedere il lato buono delle cose...
a tutti quelli a cui desideri dire quanto hai apprezzato la loro amicizia e il loro amore:
perché il silenzio non chiuda per sempre la bocca , ad essi va il nostro ricordo;
affinché la memoria sia più forte della polvere.

Il modo migliore per ricordare è la preghiera.

venerdì 1 novembre 2013

Il mondo nelle mani.

Viviamo in un'epoca allo stesso tempo affascinante e terribile. Affascinante perché mai come adesso il futuro del pianeta Terra è soprattutto nelle nostre mani: ciò che avrà luogo domani dipenderà, in buona parte, dalle scelte che la comunità umana farà oggi. Terribile perché la nostra generazione è la prima comparsa sulla terra ad avere il potere di distruggere in poco tempo quello che ci proviene dal passato, rischiando di compromettere irrimediabilmente il futuro del Pianeta. Troppo a cuor leggero la specie umana, in nome del progresso, interviene rapidamente e profondamente sui cicli dell'intera biosfera, quella fascia costituita da acqua, aria e suolo, ove è possibile l'esistenza ed il mantenimento del fenomeno vita. I tempi d'intervento dell'uomo sono brevissimi rispetto a quelli dell'evoluzione geologica e biologica, l'uomo agisce, pur disconoscendo tutti gli effetti a breve e lungo termine di questo continuo intervento. Il saggio Plinio, nella sua “Naturalis Historia”, già duemila anni fa avvertiva: “Tentiamo di raggiungere tutte le fibre della terra e viviamo sopra le cavità che vi abbiamo prodotto, meravigliandoci che talvolta essa si spalanchi o si metta a tremare come se, in verità, non potesse esprimersi così l'indignazione della nostra sacra genitrice”. Fra qualche settimana ci tufferemo nella stagione invernale e, inevitabilmente, assisteremo a scene di panico e di dolore a causa di allagamenti, esondazioni, smottamenti, frane che fanno scivolare in basso interi paesi. Le frane di Sarno di undici anni fa sono il chiaro esempio di come la Natura si presenti a chiedere i danni. Mi domando come si può bucare un terreno ad alto rischio idrogeologico, costruirci sopra delle case e pretendere che queste resistano alle intemperie? Non dobbiamo avercela con la tecnologia, ma col suo uso sociale. L'uomo moderno, mi ostino a ripetere, è più barbaro di quelli che un tempo noi chiamavamo barbari, lui è senza scrupoli. In nome della modernità sta trasformando i mari in pantani, le città in pattumiere, invase di ciminiere ed accumuli di monnezza ed ora ha preso di mira i nostri paesini di montagna. Questi barbari moderni stanno compiendo un vero e proprio esproprio selvaggio dei nostri spazi, delle nostre vite e delle nostre anime. Se li lasciamo fare, per noi non ci sarà più futuro. Dice il saggio : " il mondo è nelle mani dei ricchi, negli occhi dei bambini e nel cuore dei poveri".
Buona vita!

venerdì 25 ottobre 2013

Dieci favole politicamente scorrette. (sesta puntata).

Favola vera.
di Andrea Camilleri.
Eletto a furor di popolo Presidente di tutto (della Repubblica, del Senato, della Camera, del Consiglio) il Cavaliere riunì i suoi ministri e disse: “Da tempo avevo preparato la riforma della Costituzione. Prendete appunti. Il testo l'ho già inviato alla Gazzetta Ufficiale”.
Diligentemente i ministri si munirono di carta e penna.
“Articolo 1”, dettò il Presidente, “fondata sui lavori del Cavaliere, Iliata è una Repubblica”. I ministri annuirono. “Articolo 2”, proseguì il Presidente, “dell'odiato comunismo, è dichiarato il colore rosso, simbolo anticostituzionale e pertanto viene abolito”. “Come la mettiamo con le Ferrari?”, domandò il ministro dell'Industria. “Non c'è problema, diventano azzurre”, ribatté il Cavaliere. “E con il tricolore?”, domandò a sua volta il ministro della difesa. “Rimane tricolore, ma al rosso si sostituisce l'azzurro”, fece seccamente il Cavaliere. E via di questo passo furono stabilite multe salatissime per chi, coinvolto in un incidente, mostrava pubblicamente il rosso del suo sangue, con i diserbanti si fecero sparire rose e fiori rossi, la carne rossa non venne più messa in vendita; mentre il pesce azzurro fu portato alle stelle, l'unico vino in commercio rimase il bianco.
Sommersi da tutto quell'azzurro gli Iliatani cominciarono ben presto a soffrire di nostalgia del rosso, una nostalgia che diventava di giorno in giorno sempre più acuta. Si ebbero i primi attentati rivendicati dai GRAR (Gruppi rivoluzionari adoratori del rosso). I contrabbandieri facevano affari d'oro con le sigarette o i clandestini, ma le scatole di sugo di pomodoro, assolutamente proibite in Iliata. Finché un mattino, dopo un violentissimo acquazzone apparve in cielo un gigantesco arcobaleno che coprì l'intero paese. Il rosso di quell'arcobaleno non era solamente un colore, ma un altissimo grido di rivolta, deciso e terso. Quell'arcobaleno segnò, sempre a furor di popolo, la fine del Cavaliere.
 (A. Camilleri)

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Rosso colore di fuoco, di porpora, di rubino, carmigno, vermiglio, cremesi, amaranto, oltre che colore del sangue, rosso bandiera, rosso cardinale, rosso ferrari, rosso di sera, segno di fuoco. Rossa è la fragola, rosso è il cuore che ama, rosso è il tramonto, rosso è il sangue che scorre nelle vene, ma scorre a fiumi nelle guerre senza fine. Rosso come la rabbia che ci prende, quando subiamo un sopruso, rosso come certi mattini di maggio, rosso come il nostro cuore che batte per la vita e  l'amore.
Buona vita!



mercoledì 23 ottobre 2013

Bennvenuta, Beatrice!

Oggi è un giorno di letizia:
E’ nato un germoglio,
Un nuovo alito di vita
Che ci mostra il lato bello del vivere
Il vagito, la prima melodia
E lo sguardo di una luce
Carico di nuova speranza.
Benvenuta, Beatrice, gioia immensa
Della nostra famiglia
Sei arrivata coi colori appropriati
A pennellare di ilarità
Le nostre vite. Amore
Che genera amore, lavoro
stupendo di due stupendi genitori,
Agnese e Ivan che ti hanno
fortemente voluta. Amore,
Ti guardo che dormi e
ti mangio con gli occhi,
in attesa che i nostri sguardi
s’incontrino per la prima volta
e t’accorga di quanta delizia
stai dando a tutti noi.




martedì 22 ottobre 2013

La carrozza.

Il gioco è figlio del tempo e si adatta al contesto sociale in cui si svolge. Un tempo ci accontentavamo di giocare a bottoni ed oggi ci si diverte con la playstation. Ora i giocattoli dei bambini sono tutti preconfezionati dalle industrie, mentre un tempo i piccoli si costruivano da soli gli strumenti del proprio passatempo. Allora non disponevamo di mezzi e i giochi erano confezionati con materiali poveri e di fortuna; che so io: bottoni, semi di cachi, ossi di pesche, biglie di vetro, tappi di bottiglia o semplici sassetti e ci si divertiva lo stesso. I nostri giochi si svolgevano quasi esclusivamente per strada, al contrario di oggi che c’è la possibilità di avere spazi attrezzati. Uno dei miei giochi preferiti era la costruzione della carrozza, un mezzo di locomozione rudimentale, da cui la Ferrari ci avrebbe poi  rubato l’idea per realizzare le “rosse” per la Formula Uno. Ridiamoci sopra! La nostra officina non era Maranello, ma un muretto del paese, dove ci appostavamo a gruppetti per dar vita alla nostre fuoriserie. Il materiale consisteva in quattro tavole di fortuna,  un perno per lo sterzo, dei chiodi e la cosa  più difficile da rimediare erano i 3 cuscinetti d’automobile da mettere come ruote. Una volta rimediati quelli; la squadra si metteva al lavoro. Senza saperlo, mettevamo in atto tutti i tratti educativi che deve avere il gioco: inventiva, manualità, costruzione, lavoro di gruppo e socializzazione. A lavoro finito veniva il bello: bisognava fare il collaudo! Sempre una questione a chi doveva montarci per primo. Una volta stabilite le precedenze, si sceglieva una strada in discesa e il gioco era fatto. Le strade di Sant’Agata un tempo erano fatte di ciottoli levigati dal calpestio della gente, ma sempre ciottoli erano e creavano problemi di viabilità alla carrozza. Una volta partiva una ruota, un’altra volta lo sterzo e subito di ritorno verso i box. A me piaceva viaggiare tutto disteso sulla pancia, altri stavano in piedi e governavano lo sterzo per mezzo di cordicelle; ma la cosa più divertente era quando uno diceva:”tutti in carrozza!” e montavamo in tanti. La carrozza appesantita acquistava velocità man mano che si scendeva, finché ci sbalzava tutti per terra ed era una risata generale. Anche se ti facevi male non lo davi mai a vedere. Che tempi! Mi piacerebbe che i nostri figli riscoprissero i giochi di un tempo, perché sono certo che il recupero dei giochi tradizionali rappresenta per loro la riscoperta della storia di noi padri che è poi anche la loro storia, delle proprie origini e del senso di appartenenza.. 
Buona vita!
maestrocastello

giovedì 17 ottobre 2013

Dieci favole politicamente scorrette. (parte quarta).

Il Cavaliere e la morte.
di Andrea Camilleri.                                                                                                                  
Il Cavaliere, girando campagne e campagne, s’imbattè in una vecchia scheletrica, vestita di nivuro, con una lunga falce in mano. La riconobbe subito e fece fare uno scarto al suo cavallo.  “Schifosa comunista!”, murmuriò. La morte era d’orecchio fino e lo sentì. Si mise a ridere “Tutte me le hanno dette! Ma comunista mai! Si può sapere perché?” “E chi è più comunista di te? Tu consideri tutti allo stesso modo, ricchi e poveri, belli e brutti, re e pezzenti! E questo non è giusto, gli uomini non sono uguali. Io, per esempio, sono il Cavaliere, l’uomo più ricco di questo paese, milioni di uomini mi ascoltano, mi seguono…..” “Basta, basta “, l’interruppe la Morte che non era né comunista né liberale, ma solo una grandissima carogna, “mi hai convinto. Tu sei degno di un trattamento speciale, avrò un occhio di riguardo. Ti dico l’anno, il giorno, il mese, il minuto primo e il minuto secondo della tua morte”. E glielo disse scomparendo. Il Cavaliere, paralizzato dallo scanto e incapace di fare altro, cominciò a contare i secondi che passavano, passavano, passavano, passavano, passavano, passavano………
(Andrea Camilleri).
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La morte è comunista? Non lo so, comunque bella pensata quella del Cavaliere di crederla  una figura di sinistra; forse è per via della falce. In questo caso il Cavaliere si dimostra buon osservatore e ottimo matematico. Secondo un principio di similitudine (non ricordo quale), il  Cavaliere avrà fatto questo ragionamento:  Se A = B  = C; allora A = C; in pratica: la morte ha come simbolo la falce - il comunista ha come simbolo la falce - la morte é comunista! Sta di fatto che la morte non guarda in faccia nessuno, non è come la legge; che non è uguale per tutti; la morte non fa sconti e non fa indulti. Che strano, comunque, si nasce tutti uguali, la vita  si comporta poi con ciascuno in modo diverso e, alla fine, si ritorna tutti uguali come prima. A tanti la morte fa tanta paura, non so se fanno paura ancora i comunisti;  certo è che lo spauracchio dei comunisti ha sempre fruttato negli anni molti voti per il Cavaliere!
Post Scriptum: A proposito, i comunisti hanno cambiato gusti alimentari; ad ogni modo: state attenti ai bambini!
Buona vita!
maestrocastello


mercoledì 16 ottobre 2013

Non dimentico le Fosse Ardeatine.

E’ morto il boia centenario Piebke ed è iniziato il previsto carosello mediatico, l’apoteosi di quell’accanimento che s’è consumato in questi ultimi anni contro un rottame di guerra. Sinceramente non so bene a cosa sia servito scortare continuamente con centinaia di poliziotti uno incerto sulle gambe, tenere costretto in una detenzione virtuale un centenario in compagnia del suo amico e avvocato e che usciva tranquillamente a fare la spesa. A mio avviso, è stato solo teatro, in un’Italia che lascia libera circolazione a feroci assassini degli anni di piombo che scrivono libri e partecipano a talk-show. Quanta falsità! Eppure una qualche riflessione è d’obbligo in questa circostanza. In primis, va  ripensato il feroce eccidio delle Fosse Ardeatine, dove furono soppresse 335 vite umane e che il tempo non potrà mai cancellare. Come non ricordare la tesi sempre sostenuta da questo capitano tedesco di aver solo ubbidito agli ordini di una guerra spietata. Allora perché non c’è mai stato un solo cenno di pentimento? Si sentiva nel giusto avendo eseguito l'ordine di dare la morte, non a maiali, ma 335 persone come lui?  Dove sta la coscienza di un uomo? La cosa grave è che i fatti dolorosi della guerra non abbiano insegnato nulla a quei giovani che ieri ad Albano inneggiavano al loro capitano. E noi altri? Credo che non dobbiamo covare sentimenti di vendetta che servono solo ad esacerbare gli animi, specialmente se ci dichiariamo cristiani; piuttosto dobbiamo scongiurare che di Fosse Ardeatine non se  ne ripetano in futuro. Mi viene, infine, di pensare a quest’uomo che sta per raggiungere quei 335 che il 23 marzo del 1944 spedì fra le stelle e a ciò che si diranno fra loro e sono quasi sicuro che quei poveretti sapranno mostrare più pietà di noi viventi.
Buona vita!

lunedì 14 ottobre 2013

La stupidità.

In un campo di grano, quasi tutte le spighe stavano curve verso terra. 
Solo alcune avevano lo stelo ben diritto e fissavano con alterigia il cielo, i passanti e le loro compagne.
"Noi siamo le migliori" garrivano all'intorno.
"Non viviamo piegando lo stelo come schiave, davvero si può dire che dominiamo gli eventi e la situazione!".
Ma il vento, che conosce la vita meglio di tutti, sogghignò:
"Stanno ben dritte, certo... Perché sono vuote!
Pare che certa gente abbia fatto la fila tre volte quando il buon Dio ha distribuito la stupidità.

Buona vita!

mercoledì 9 ottobre 2013

Dieci favole politicamente scorrette (terza puntata).

 I Vangeli dei due Apostoli.
di Andrea Camilleri.


Tra i moltissimi apostoli che diffusero, con opere e azioni, il Verbo del Cavaliere, due, Marcello e Cesare, furono anche gli autori dei Vangeli che ancor oggi ci permettono di conoscere e ammirarne la sovrannaturale grandezza.
Tra i due sacri testi esistono, è vero, delle discrepanze che non inficiano però la sostanziale verità del racconto. I due concordano sull’episodio del dodicenne Cavaliere che, assalito da alcuni facinorosi senza Fede, detti comunisti, li sgominò, novello Davide, lanciando loro dei sassi e tutti colpendoli alla fronte, perché la sua mano era guidata dal Signore.
Dissentono invece, ma solo per un dettaglio, sul fatto che il Cavaliere avesse camminato sulle acque, come egli stesso confidò a un gruppo ristretto di apostoli.
Mentre Marcello afferma che il Cavaliere disse: “Ho camminato sulle acque”, Cesare racconta che la frase esatta fu: “Ho attraversato cattive acque”.
I due evangelisti invece concordano, in tutto e per tutto, sul risveglio del giovinetto che, caduto in coma, tornò alla coscienza udendo la voce del Cavaliere durante una delle sue predicazioni.
Marcello e Cesare perfettamente concordano anche sul miracolo detto della “conversione del Sinedrio”.
Portato dai nemici davanti al Sinedrio per essere giudicato, il Cavaliere fu accusato di colpe che mai aveva commesso e dovette subire pesanti condanne. Ma qualche tempo dopo, Il Cavaliere, aiutato dall’apostolo Cesare, riuscì a incontrare a quattrocchi i componenti del Sinedrio e con loro lungamente parlò facendoli illuminare dallo Spirito Santo.
Alla fine non solo venne proclamato mondo da ogni peccato, perfino da quello originale, ma alcuni degli antichi persecutori presero a seguirlo e diventarono suoi apostoli.
I pochi reprobi del Sinedrio che continuarono satanicamente ad accusarlo ebbero vita breve e infelice.
Particolare curioso: i due evangelisti stranamente non fanno parola del miracolo più clamoroso e conosciuto, quello della “moltiplicazione dei miliardi”.
Andrea Camilleri

……………………………………

Così va la vita: papa Giovanni con un solo miracolo lo faranno santo e chi, come il Cavaliere che di miracoli ne ha fatti tanti, è alla gogna mediatica. Se solo si conoscesse la striscia miracolosa di quest’uomo. L’ultimo miracolo risale allo scorso capodanno ed è avvenuto su Twitter, pensate che in una sola notte i suoi followers, tutti arabi e latino-americani, sono passati da settemila a settantamila unità. Le malelingue (comuniste) diranno che sono voti comprati. Altri miracoli sono che prende i voti senza essere un religioso, unico al mondo, ha il dono del conflitto d’interessi e, come il re Mida, tutto quello che tocca diventa oro. Il Cavaliere è un Messia moderno: ha comprato giornali e televisioni non per arricchirsi; ma da quelli parla alle sue folle, attorniato da dieci apostoli, in realtà erano dodici (Fini e Casini lo hanno tradito) : Fede, Bonaiuti, Cicchitto, Gasparri, Galliani, Bruno Vespa, Dell’Utri, Bondi, Cesare Previti e… udite, udite, c’è anche un‘apostolessa: la Santanchè. Il Cavaliere predica, impone le mani e fa miracoli di ogni genere; tanto per citare l’ultimo: l’hanno appena condannato (non alla crocifissione) a quattro anni  e….. miracolo che si ripete: non riescono mai a metterlo in guardina!
Buona vita!
maestrocastello

martedì 8 ottobre 2013

L'amore maturo.

Non so definirlo esattamente,
Ma ho imparato a riconoscerlo.
L'amore dà luce a giorni sempre uguali,
L'amore è sogno e progetto insieme,
l'amore sono i tuoi gomitoli di lana,
la stoffa ancora da tagliare che
diventeranno capi di vestiario.
L'amore è quando al mattino
i nostri sorrisi s'incontrano in cucina,
pronti per la prima colazione.
L'amore è il sentimento che scatta
quando abbiamo a casa i nostri figli.
L'amore è anche quando tu mi dici:
"Per favore, grattami la schiena".
L'amore sono tutte le cazzate  che
ci diciamo lungo la giornata.
L'amore immaturo dice: "Ti amo
perché ho bisogno di te";
l'amore maturo, invece, "Ho
bisogno di te, perché ti amo.
Spero che gli anni siano serviti a farmi maturare.
Buon Anniversario!








lunedì 7 ottobre 2013

Chi sono i deboli?

I deboli sono

quelli che  vengono usati come cavie dalla nostra società;

quelli che vivono nei pressi di un  inceneritore;

quelli che vengono derubati da finti esattori del gas;

quelli che rispettano le leggi;

quelli che non hanno due avvocati per difendersi;

quelli che se rubano una mela, li mettono subito dentro; figurarsi se condannati a 4 anni per frode fiscale;

quelli che se deve succedere qualcosa di male, succede prima a loro;

quelli che bevono acqua al cloro e all’arsenico;

quelli che respirano Pm 10 e hanno il riscaldamento spento;

quelli che rispettano le istituzioni e per questo non sono rispettati;

quelli che vedono la tivù di Stato a pagamento;

quelli che quando si fa una legge, questa ha bisogno di un periodo di sperimentazione,
i deboli hanno questa funzione: preservare le classi più abbienti da conseguenze indesiderate. Se sopravvivono i deboli, allora si può fare;

quelli che si lamentano, ma restano sempre attaccati al loro padrone;

I deboli sono “così coglioni, da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni”.


Buona vita!



(L’idea è liberamente tratta da un post, riveduto e corretto, di Beppe Grillo. L’ultima strofa virgolettata è tratta da un testo di Fabrizio De Andrè).



giovedì 3 ottobre 2013

Vergogna !



E per la barca che è volata in cielo/che i bimbi ancora stavano a giocare/che gli avrei regalato il mare intero/pur di vedermeli arrivare…. Vecchioni ne aveva scritto il copione ed oggi quel film è stato girato davvero, a sud della nostra penisola, dove gravita un’umanità dolente, un’umanità fatta di sogni fragili che spesso s’infrangono in un mare  crudele; proprio com’è accaduto oggi a Lampedusa e quei bimbi, purtroppo, non li vedremo mai arrivare. Su questo mare nostrano transitano verso una terra promessa i barconi della disperazione che trasportano quelli che un tempo erano esseri umani ed ora, avendo perduto la propria dignità, sono divenuti solo dei corpi che vengono imbarcati, si perdono in mare, vengono respinti e quando vengono accolti,  vengono ammassati come bestie, in condizioni igieniche spesso assurde; corpi che lottano per essere integrati, che vogliono riappropriarsi finalmente della dignità di un tempo e noi facciamo del  tutto per impedirglielo. Queste cose non dovrebbero accadere, eppure accadono quotidianamente e accade pure, come oggi, che questi disperati, per farsi notare ed essere tratti in salvo, accendano un fuoco con una coperta e malauguratamente la barca prenda fuoco e, in queste ore ne stiamo contando di morti a centinaia. Vergogna! Vergogna perché ben tre pescherecci hanno rifiutato di dare soccorso, vergogna perché la politica si sta palleggiando le colpe, vergogna per quelli di noi che, accecati da odio e razzismo, sono in preda alla sindrome dell’invasione. Bisogna cambiare il nostro modo di pensare, stemperare rancore e paura verso chi arriva da fuori, tramutandoli in speranza di costruire insieme una società multietnica, dove le differenze non rappresentino più un limite, ma piuttosto un valore aggiunto. Finché accadranno fatti dolorosi come quello di oggi, dovremo solo gridare: vergogna!

Roma, 3 ootobre 2013
maestrocastello











martedì 1 ottobre 2013

Gli anziani sono una risorsa della nostra società

Oggi è la giornata dei nonni e, aldilà dei facili entusiasmi e delle frasi fatte da consumarsi nel tempo di questa sola giornata, la ricorrenza deve indurci a qualche utile riflessione. L'invecchiamento è un evento rilevante nei paesi industrializzati e ancor più in un paese in crisi come il nostro, perché produce produce trasformazioni di natura politica, sociale e culturale a cui la società deve delle risposte. L'anzianità è una strada che tutti, prima o poi, dobbiamo percorrere e l'importante è che ce la facciano con dignità, non con la sensazione di essere scesi di categoria, solo perché non siamo più parte attiva del mondo del lavoro; ce la facciano vivere, invece, con la consapevolezza di essere uguali ed umani. Il compito di una società degna e moderna consiste nel mettere in atto politiche d'integrazione e inclusione socio-culturali della persona anziana, contrastando comportamenti che si concretizzano nell'emarginazione o nell'abbandono che provocano malattie sociali quali solitudine e senso di essere inutili da cui difficilmente si guarisce. Non basta ghettizzare un anziano, relegandolo in un campo di bocce o limitandosi a piazzarlo davanti ad una scuola con la fascia da vigile; bisogna invece aiutarlo a sentirsi meno solo, invitandolo a stare in mezzo agli altri, come parte integrante della nostra comunità. Le società moderne non fanno altro che alzare continue barriere contro le diversità e spesso l'anziano vive, specie nelle grandi città, chiuso in casa, come fosse agli arresti domiciliari.
Badate bene che l'anziano non è un peso, ma una risorsa preziosa per ogni società che vuole progredire con dei sani principi. Ogni tanto dovremmo posare le cuffiette, spegnere il cellulare e ascoltare un anziano, ne avremmo di cose da imparare. Proviamoci qualche volta, scopriremo che sono dei libri parlanti, fonte di saggezza; molto meglio della televisione o di un testo di scuola.


Buona e lunga vita ai nostri nonni!




Metto una mia poesia sul tema, pubblicata nelle annate passate


La casa degli anziani 
si chiama solitudine
Incessante vi soffia 
il vento dei ricordi
Saggi, buoni
pieni di memoria  
sono gli anziani:
carezze nelle mani 
dure come i sassi,
sorrisi tra le rughe
profonde di fatica 
e un velo di stanchezza nelle ossa. 
Non so dove abbiano imparato,
dove trovino le risposte, 
anziani pieni d’amore:
enciclopedie di saggezza,
storie viventi ;
basterebbe solo ascoltarli
e tanti se ne dimenticano.
Vorrei fermare il tempo,
entrare nella fissità del loro sguardo
per farli sentire  importanti,
meno malati e meno stanchi,
levargli quella eterna voglia
di morire prima del tempo. 
Testimoniare che un futuro di speranza 
confida sulle tracce  del loro passato.   


maestrocastello                                                                                                                                                               

Dieci favole politicamente scorrette (seconda puntata)

Il cavaliere e la mela.
di Andrea Camilleri

Quand’era picciliddro, e quindi non ancora Cavaliere, il futuro Cavaliere vide un compagnuccio che stava a mangiarsi una grossa mela. Gliene venne gana irresistibile. Facendo finta di niente, si accostò al compagnuccio, gli strappò la mela e la pigliò a morsi.
La zia monaca del futuro Cavaliere, che era una santa fimmina, a quella scena aspramente rimproverò il nipote.
“Non sono stato io a rubare la mela” ribatté il picciliddro, continuando a dare morsi al frutto. “La colpa è del mio compagno che se l’è lasciata rubare”.
(Andrea Camilleri)

…………

Vedete com’è la vita, si comincia rubando una mela da piccoli e si finisce per far carriera da grandi. Ma non avevo letto da qualche parte: “Va in galera per aver rubato una mela”? Sì, ma non è per tutti così. Quelli sono poveracci che rubano per fame e perciò vanno in galera; ma se rubi per arricchirti e sei magari onorevole o, che so io, primo  ministro; non ti fanno nulla.  Ragioniamo: Se non riescono a mettere in galera un cristiano, nonostante ch’è stato giudicato e condannato, in maniera definitiva, a quattro anni di carcere; lo potevano carcerare da piccolo, per aver semplicemente rubato una mela al compagno?
Morale: Se avete deciso di rubare una mela, fatelo da piccoli, che da grandi vi mettono dentro. Questa è la vita: chi ruba poco è fesso e va in galera, chi ruba molto è furbo e fa carriera.

Buona vita!
maestrocastello

domenica 29 settembre 2013

Italia vendesi

E’ tempo di saldi: l’Italia è in vendita, o meglio, le punte di diamante della nostra economia sono svendute sul mercato internazionale; proprio mentre giungono dalla Germania lezioni di come si fa la politica. Complice la crisi economica, i colossi mondiali sono pronti a fare super-affari nel nostro belpaese ed azzannano i nostri gioielli, portandoseli a casa a prezzi stracciati. Il mercato è così: chi ha fame vende, chi ha soldi compra. Lo scippo di Telecom ed Alitalia da parte di spagnoli  e franco-olandesi non arriva all’improvviso, ma parte da lontano. L’Italia si va man mano sgretolando: negli ultimi vent’anni abbiamo dato via interi spezzoni del comparto industriale, dalla chimica alla  grande distribuzione. Molti marchi che erano un vanto del made in Italy sono stati acquisiti da concorrenti stranieri, non solo da multinazionali occidentali; ma anche da Paesi emergenti come il Brasile, la Cina,  e l’India, la Russia e soprattutto la penisola araba. Qualche esempio? È presto fatto Bernard Amault è proprietario della Lymh che non è solo il padrone incontrastato di Bulgari, ma anche di Emilio Pucci, Acqua di Parma e Fendi. Ppr controlla Gucci, la francese Pinault controlla Bottega Veneta, Sergio Rossi e come prossimo obiettivo mira addirittura alla Edison, colosso energetico italiano. Gianfranco Ferrè è stato ceduto a Paris Gruop di Dubai, la Safilo è finita nelle mani del gruppo olandese Hal Holding. Per non parlare del settore alimentare italiano che viene continuamente saccheggiato: la francese Lactalis ha messo le mani su Parmalat, Galbani, Invernizzi, Cademartori e Locatelli. La Standa è diventata austriaca, persino Cova, la pasticceria modello di Milano è finita in mani francesi e che dire delle aziende vinicole del Chianti che vengono acquistate non più solo da inglesi e francesi, ma da cinesi e indiani? I thailandesi hanno comprato l’Inter, gli americani la Roma; manca solo che ci vendiamo davvero la Fontana di Trevi  e siamo apposto. Vi domanderete: e la politica dov’è? E’ assente!  L’unica preoccupazione del Presidente della Repubblica Napolitano è di preservare una fragile stabilità politica e il già debole governo delle larghe intese che proprio in queste ore sta per sciogliersi, per l’irresponsabilità di una schiera di parlamentari che si sono dimessi in massa, compresi i ministri di quella parte politica, preoccupati più di salvare il culo al loro padrone che a fare il bene del nostro Paese e proprio quando  ne avrebbe più bisogno. A Cernobbio, poche settimane fa, gli strateghi  della politica,  per fare cassa, hanno avanzato proposte che mirano a disfarsi di colossi quali Eni, IRI, Finmeccanica e metterli in mano dei privati.Sappiamo bene gente come Colaninno padre o Bernabè come hanno curato le aziende a loro affidate.  Di questo passo l’Italia non solo non aggancerà la ripresa, ma brucerà le sue residue risorse economiche e umane, procedendo in una desertificazione ad altissimo rischio per il proprio futuro. Siamo un Paese debole che vende i suoi pezzi migliori e non ha uno straccio di strategia industriale. Finirà che perderemo gradualmente tutte le nostre aziende e con queste i loro utili che finiranno tutti all’estero. Per non parlare della forza lavoro che si perderà, soprattutto quella dirigenziale e più specializzata. Speriamo che questa lezione serva d’esempio agli italiani, a far capire che di questi politici non sappiamo che farcene, che l’immobilismo danneggia il paese ed è complice della cattiva politica ed allora è meglio cambiare totalmente questo governo e i suoi governanti e sperare che le cose volgano al meglio.

Buona vita!

sabato 28 settembre 2013

Omaggio a Carlo Castellaneta.

A poche settimane dalla scomparsa di Alberto Bevilacqua, ci lascia un altro grande della letteratura italiana: Carlo Castellaneta. Di padre pugliese, Castellaneta è nato nel '30 a Milano, città a cui a dedicato ben 18 romanzi. Scrittore di narrativa e giornalista, è autore di numerosi romanzi di successi, tradotti in varie lingue. Mi piace ricordarlo con un breve estratto di un suo lavoro intitolato “Alla ricerca di una vita possibile”, molto attuale e molto significativo che invita l'uomo di oggi a riflettere.

Buona vita!


Alla ricerca di una vita possibile
di Carlo Castellaneta

Ho sempre pensato, e continuo a pensare, che alla fine della vita sapremo di noi stessi, nel migliore dei casi, l'ottanta per cento di quanto ci serviva per essere felici. Perché nell'altro venti per cento ci sono tutte le contraddizioni irrisolte che ci siamo portati dietro fino all'ultimo giorno, i dubbi, le paure, le illusioni che ci hanno accompagnato dall'infanzia alla vecchiaia, intrecciati in modo così complesso da non riuscire mai a venirne a capo.
Sono voci esterne, molto spesso futili, che però non possiamo fare a meno di ascoltare, e che mettono in dubbio  le certezze del giorno prima.
E se andassi a vivere in campagna? E se tornassi a stabilirmi in città? E perché continuo a pensare a quella donna che conosco appena? Oppure è il lavoro che non mi dà più soddisfazione? E a chi potrei confidare questa inquietudine?
Così si agitano dentro di noi le passioni più diverse, a volte in contrasto l'una con l'altra.
Potrei fare un figlio. Oppure lasciare il lavoro e girare il mondo. Dare un senso alla mia vita impegnandomi nel volontariato o magari farmi un’ amante.
Paradossalmente siamo immuni da queste suggestioni quando siamo preoccupati da un problema serio, economico o di salute; altrimenti la mente non cessa di inseguire le sue chimere.
Comunque, quale che sia il nostro comportamento, passivo o attivo, continuiamo a navigare a vista, senza carte né strumenti di bordo, dando piccoli colpi di timone per correggere la rotta appena avvistiamo qualche scoglio.
Ma siamo sicuri che sia questo piccolo cabotaggio la vita che abbiamo vagheggiato da giovani? Cioè quando sognavamo le grandi traversate?
L'usa e getta che la società ci impone come modello ci lascia alla fine con un pugno di mosche. Questo lo sappiamo, ma senza cadere in un rifiuto totale, che sarebbe irrealizzabile, sentiamo tuttavia un bisogno di certezze che diano più senso alla vita.
Non esistono nella vita istruzioni per l'uso…..
così consumiamo le nostre giornate spendendo quel poco o tanto di coraggio che abbiamo unicamente per sopravvivere, senza pensare a come rinnovarci, ma con la oscura cognizione di uno spreco, cercando qualche consolazione nelle vacanze, in un viaggio, nel cambiare l'automobile, nel cercare una casa in campagna, sapendo benissimo che l'appagamento sarà solo temporaneo, e altri desideri sopravverranno.
A questo punto, come salvarci dal circolo vizioso dei bisogni insoddisfatti e dei falsi bisogni?
Probabilmente dovremmo far nostro l'insegnamento di Fromm: che essere è più importante che avere.
Ma, aggiungo io, imparare anche (e insegnarlo ai nostri figli cresciuti nella civiltà del consumismo) che desiderare è più importante che avere. Anzi è il modo più sicuro per sentirsi vivi e apprezzare le cose che abbiamo, dopo che siamo riusciti a ottenerle.
In fondo, se ci pensiamo, la vera felicità consiste nella soddisfazione di aver raggiunto un traguardo, per modesto che sia, con le nostre sole forze, attingendo a quell'energia latente che sonnecchia pigra dentro di noi.
E, se mi è consentita una piccola formula, nell'accettare i nostri limiti con maggior consapevolezza.
Forse la sola risposta agli interrogativi che ci assillano è : impegnarsi a costruire, senza temere di dovere in futuro demolire. Dare amore senza aspettarsi di riceverne in eguale misura. Costruire affetti, amicizie, tenerezza. Qualcosa che non si compera, qualcosa su cui poter contare.