sabato 31 maggio 2014

Hitler è vivo!

Quante volte abbiamo fantasticato come sarebbe, se tornassero in vita personaggi famosi come Napoleone, Stalin o il fuhrer. Ebbene Hitler è tornato, almeno secondo lo scrittore tedesco Timer Hermes. Il fuhrer si è risvegliato nell'estate del 2011 in un campo abbandonato al centro di Berlino. Appena sveglio, non ha  potuto fare a meno di notare che la guerra è cessata, che intorno non ci sono i suoi fedelissimi e non c'è traccia di Eva. Regna la pace, ci sono molti stranieri e una donna, Angela Merkel, proprio bruttina e per giunta goffa, è alla guida del Reich, 66 anni dopo la sua fine nel bunker. Dopo l'iniziale straniamento ha cominciato a studiare ciò che lo attornia, rimuginando su come tornare al potere. Non ha tardato  a capire che oggi come allora la comunicazione è l'arma vincente, impossibile quindi non pensare alla tv e ai potenziali elettori che prendono per oro colato ciò che essa vomita quotidianamente. Lo credono un sosia perfetto,  lo ingaggiano in televisione e diviene famoso, grazie alla sua somiglianza. Il racconto é diverte perché, per quanto si affanni a dire che lui è proprio il fuhrer; nessuno gli crede, anzi rafforza nella gente l'idea del sosia perfetto.
L'autore mostra uno spaccato sociale preoccupante del mondo di oggi, dove la memoria storica è puramente accessoria e un ometto, buono giusto per il cabaret, può influenzare le masse. Il romanzo piace per la sua vena critica verso un mondo che di fatto non cambia mai e incappa sempre negli stessi tragici errori. Il mondo che Hitler incontra 68 anni dopo è cinico, spudorato, bramoso di successo e incapace di opporre qualsiasi resistenza al demagogo di turno, sempre lui, ora come allora. Al massimo riesce opporre il compulsivo "mi piace" dei 4social network. Tutto sommato, se tornasse davvero, Hitler non troverebbe la Germania cosi messa male. E se tornasse il lui italiano, chi troverebbe al suo posto di comando? Meglio non pensarci!
Buona vita!

mercoledì 28 maggio 2014

il primo libro, come il primo amore.

La lettura non mi attirava da piccolo,  anzi, leggere mi metteva ansia e col maestro che mi stava col fiato sul collo, pronto a bacchettarmi; me la faceva piuttosto odiare. Poi, alle medie, mi capitò fra le mani "Ventimila leghe sotto i mari" di Jules Verne e mi cambió totalmente la vita. I mondi narrati da Verne sono stati la base di partenza per un dodicenne, oggi coi capelli bianchi, che non ne vuole piû sapere di smettere di studiare “perchè la materia di studio è infinita, ed è la vita”, come recita  Guccini. Per ogni età ho un libro che mi ha dato risposte, suggerito la strada, emozionato. La scelta delle  letture odierne è determinata dall’effetto del libro precedente. A volte la curiosità ti porta a comprare un libro da 1 euro e ti si apre un mondo. Come il primo amore, ciascuno di noi ha un primo  libro che ha scatenato l'amore per la lettura e va raccontato.
Buona vita!
maestrocastello

mercoledì 21 maggio 2014

La felicità si può raggiungere e vi indico la strada.

(Dalle novelle di Lev Tolstoj)
C’era una volta un re malato di malinconia: diceva d’avere già i piedi nella fossa, chiedeva aiuto e prometteva metà del suo regno a chi gli avesse portato la felicità. Tutti i cortigiani erano in riunione notte e giorno, ma il rimedio non riuscivano a trovarlo. Fu chiamato anche il vecchio della montagna, il quale dichiarò: “Trovate un uomo felice, toglietegli la camicia di dosso e infilatela al re; vedrete che il re troverà subito la felicità”. Partirono immediatamente cercatori per ogni parte del regno. Furono suonate le trombe, inviati editti nei paesi e nei villaggi del regno; ma di uomini felici neanche l’ombra. Chi era povero in canna e soffriva di astinenza da cibo, chi era ricco, ma soffriva di mal di denti o mal di pancia, chi aveva la moglie bisbetica e la suocera in convulsione, chi la stalla appestata, chi il pollaio in rovina. I cercatori tornarono a Corte avviliti e delusi. Ma una sera il figlio del re, mentre si trovava a passare davanti ad una capanna fatta di foglie e di fango, udì una voce sommessa:”Ti ringrazio, buon Dio, ho lavorato e sudato, ho mangiato di buon appetito ed ora riposo tranquillo su questo letto di foglie. Grazie, sono proprio felice!”. Felice? Dunque esiste  un uomo felice! Il giovane corse al palazzo e ordinò alle guardie di andare a prendere subito la camicia all’uomo della capanna. “Dategli quanto denaro vuole… Lo farò conte, barone…principe; ma ceda la sua camicia!”. Le guardie corsero alla capanna di quell’uomo, offrirono una fortuna al povero boscaiolo; macchè! Quell’uomo felice, era così povero, ma così povero che aveva neanche la camicia. (L. Tolstoj)
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Per la riflessione....
Una bella lezione di vita per chi crede che essere ricchi, significa anche essere felici. La felicità è un abito mentale e non si compra al supermercato.La felicità è il frutto del piacere e del significato che diamo alle nostre azioni. Si può essere felice non avendo nemmeno una camicia addosso ed infelici come il re di questa novella. Dovremmo focalizzarci su quanto abbiamo anziché su quello che non abbiamo e di quel che possediamo, anche se è poco, dovremmo far compartecipi gli altri. Quanto più siamo disposti a dare agli altri, tanto più riceviamo in termini di felicità. Infine, amare la vita e sorridere che non costa niente, perché manifestare frequentemente sorrisi migliora la qualità della vita e contribuisce a prolungarla. La felicità non la si raggiunge, la si vive. Non la si trova in assenza di problemi; la si può vivere nonostante i problemi. La felicità non è una meta di arrivo, ma un modo di viaggiare.
Buona vita!
maestrocastello


venerdì 16 maggio 2014

un alunno riconsegna la pagella di quinta al suo maestro, dopo 38 anni.

Sono stato un maestro elementare e forse non mi sono mai reso bene conto di quanto sia stato fortunato a poter svolgere una professione tanto utile quanto interessante: curare la formazione di ragazzi dai sei agli undici anni, in un’età così delicata e così importante che segna per tutta la vita. La paga era esigua, ma le gioie sono state davvero tante e proseguono ancora oggi dopo tanti anni. L’ultima è racchiusa nella lettera giuntami ieri, che voglio condividere con voi.                                                                                                                  
“Ciao Maestro! La salutai così, al termine dell'ultima prova per la licenza elementare. Era il giugno del 1976 e la scuola era la "Salvo D'Acquisto" di via Selinunte, 3. Tempo dopo, mia madre ed io passammo per il rito della consegna della pagella, ma non riuscì più ad incontrarla, eravamo arrivati troppo tardi e lei se ne era andato.

27 febbraio 2014 - Navigando nei siti web delle scuole primarie del mio quartiere per orientarmi nell'iscrizione di mio figlio Sebastiano, il più grande, ho notato come vengono presentate le attività didattiche, le prestigiose sedi, la storia, l'organizzazione, il corredo di attrezzature e di dotazioni. In queste vetrine non figurano però le persone - gli insegnanti - come se il risultato del successo di una scuola fosse una mera combinazione di cose, in cui il fattore umano fosse del tutto casuale e trascurabile.

In pochi attimi, sono stato sopraffatto da una miriade di ricordi legati a quella scuola, in particolare il ricordo del maestro del quinto ed ultimo anno, il maestro Giovanni Castello. Dal ricordo all'approdo al suo blog è stato - anche qui - un attimo.

Ebbi la fortuna di essere suo alunno un solo anno, per l'appunto il quinto e ultimo, ma intero. Si, perché gli anni precedenti furono caratterizzati da continui avvicendamenti di maestri (fino a due-tre per anno). Mia madre, pur di celare le difficoltà e le limitatezze dell'istituzione, mi ripeteva che la ragione dei continui avvicendamenti era legata alla nostra bravura che non portava facilmente a trovare un maestro all'altezza dell'impegno.

Come maestro conservo di lei un bel ricordo nitido intenso, legato a diversi episodi.

Ricordo la sorpresa dell'intera classe e mia alla sua proposta di disporre i banchi dell'aula in cerchio con la cattedra, parte integrante dello stesso (era il 1976 allora!). Per la prima volta capii che esistevano semplici gesti, che potevano rivoluzionare gli schemi a cui eravamo condizionati.

Ricordo la sua proposta e la nostra entusiastica adesione alla realizzazione di un giornale di classe "Punto e a capo" che ci impegnò tutti febbrilmente ed orgogliosamente. Il primo numero lo ho ancora, conservato in uno dei scatoloni di un mio recente trasloco. Per la prima volta ebbi il senso di appartenenza ad una identità di gruppo, che cooperava per un obiettivo comune.

Ricordo la giornata in cui lei organizzò in palestra una gara di salto in alto (1° Ilio Ottone; 2° io) e di corsa (1° io; 2° Massimo Gianfalla). Per la prima volta, mi misurai con gli altri in una competizione ed iniziai a comprendere i miei mezzi, i miei talenti e che cosa fosse lo sport (in quella occasione mi contaggiò il virus dell'atletica che da allora, per quasi 10 anni, divenne pasta del mo essere, fino quasi alle soglie del professionismo e dell'ISEF).

Ricordo nel suo approccio di aver colto l'affezione alle parole, ai libri, alla cultura, al rispetto, che mi hanno portato, malgrado l'assenza dei miei genitori, uno perso prima dei tempi della Salvo d'Acquisto, l'altro strada facendo, ai massimi gradi dell'istruzione e della formazione. Ricordo infine soprattutto il suo sguardo e i suoi occhi scuri vispi, che nell'ascolto si chiudevano quasi, rimanendo a fessura, e si aprivano scintillando al suo sorriso. Quello scintillio che la vita nel tempo mi ha insegnato proprio di chi vive amando ciò che fa, gioendo per gli altri.
Ciao Maestro! Buona vita!
Gigi Stedile  
PS- Visto che non ho potuto ricevere la pagella da lei allora, sono io che gliela consegno oggi! "




Lo sguardo che mi piace.

Se cammini per strada, o al supermercato, o al mare o in montagna, insieme ad un bambino biondo con gli occhiali blu che si chiama Killó, la gente ti guarda. È evidente che ha la Sindrome di Down e probabilmente a molti solo quello è evidente (purtroppo).
Ci sono gli sguardi insistiti, i più fastidiosi, di quelli che, imbambolati come davanti ad una visione celeste, ti fanno rimpiangere di non avere foto autografate da distribuire.
Ci sono gli sguardi veloci, furtivi, che tornano e ritornano, e finiscono con espressioni stranissime di disagio, di imbarazzo che sembrano dire: “Scusa, scusa, ti guardo ma non vorrei, ti guardo ma non riesco a smettere”.
Ci sono gli sguardi interrogativi (“Ma ha la Sindrome di Down????”), quelli distolti troppo velocemente, quelli che diventano gelidi.
Ci sono gli sguardi obliqui di quelli che li vedi in faccia che si gireranno non appena sarai passata, che muoiono di curiosità e lì è divertente fare lo scherzetto: tac, mi giro anche io e ti becco a fissarmi. Poi ti sorrido, tranquillo, vengo in pace.
Lo sguardo di Papa Francesco, abbassa gli occhi e ti guarda col cuore; ecco lo sguardo che mi piace!

Buona vita!
Maestrocastello

domenica 11 maggio 2014

Ricordi di mamma.

 
Transita ogni giorno fra i miei 
pensieri più dolci,  
la mente trova rifugio 
tra le sue tenere braccia . 
I vagiti di bambino divennero
pianti di dolore, 
ma un giorno ho capito 
che l'avevo sempre nel cuore.
L'ho vissuta poco, 
ma amata ognora,
vorrei altre vite, 
per amarla ancora. 
Giovanni . 11 maggio 2014

sabato 3 maggio 2014

La bottiglia di plastica va in pensione.

Nonostante la contingenza economica, per molti di noi l'acqua minerale a tavola è fuori discussione.  Ogni anno si consumano qualcosa come 12 miliardi di litri di acqua chiusa in bottiglie di plastica che risulta persino 1000 volte più cara dell'acqua del rubinetto e di più bassa qualità. Ci siamo mai chiesto quanto inquiniamo  per produrre e bere acqua minerale? Statunitensi ed italiani siamo i paesi che bevono sempre più acqua in bottiglia e non ci chiediamo quanto contribuiamo al deterioramento dell'ambiente. Ogni anno nel mondo si producono 154 miliardi di bottiglie di plastica per contenere acqua minerale e per fare le quali, si consumano
81 milioni di litri di petrolio e 600 miliardi di litri di acqua, necessari per la lavorazione della plastica; senza contare l'inquinamento per il trasporto. È possibile mandare in pensione l'acqua in bottiglia? Sembra di sì. Un gruppo di ricercatori spagnoli, servendosi di una membrana gelatinosa estratta dalle alghe, ha creato Soho, una bolla che può funzionare come contenitore per l'acqua. Funziona proprio come una bottiglia, ma senza il vetro, o peggio ancora, la plastica. Ooho è commestibile e si ottiene con una tecnica detta "sferificazione", la stessa usata per rendere solida  la parte morbida di un cibo, senza che il liquido ne fuoriesca, come avviene per certe caramelle. Si potrà bere in futuro, mordicchiando la bolla finché non s'arriva all'acqua. La bolla risolverà per sempre il problema dei rifiuti, dell'imgombro e abbatterà i costi; pensate, solo 2 centesimi al pezzo. Prepariamoci, amici, a bere questi palloncini d'acqua, oppure ripristiniamo la sana abitudine di berci l'acqua del rubinetto, depurata del cloro e di altri sostanze nocive, comunque in quantità minore rispetto alla bottiglia di plastica.

Buona vita!
maestrocastello