mercoledì 30 novembre 2016

Calligrafia o "bella scrittura ".

Che fine ha fatto la Calligrafia o "bella scrittura"?

Nella scuola che adoperava la penna ad inchiostro si insegnava una materia chiamata " Calligrafia e bella scrittura".

Poi arrivò la penna a sfera a scombinare tutto e la calligrafia scomparve dalle pagelle e queste presero il nome di "scheda" e scomparvero anche i voti, soppiantati dai "giudizi".

Può sembrare anacronistico parlare ancora di cura della grafia quando il mondo sta andando verso l’uso esclusivo del dito indice poggiato su una tastiera e la scuola che pensa ai disgrafici ci dice che non importa scrivere in bella grafia.

Eppure oggi la bella grafia viene sempre più rivalutata ed è diventata arte e mestiere.

Scrivere bene è un'abilità speciale e tutti siamo portati ad apprezzare una bella calligrafia, anche se un tempo si diceva "l'intelligenza dello sciocco".

Scrivere manualmente è un'abilità che per fortuna ancora s'insegna a scuola, inizia da quando ci insegnano a tenere la penna, alla scrittura del corsivo, apprendimento questo che rende più fluido il pensiero ed è strumento pedagogico e terapeutico, inspiegabilmente sottovalutato oggi; infatti quasi metà degli studenti delle scuole superiori non riesce più ad utilizzare il corsivo e mescola lo stampato maiuscolo e minuscolo, quando non scrive addirittura tutto a stampatello.

La scrittura manuale è assai importante perché attiva la connessione mano-occhio-cervello, stimola le aree deputate all'apprendimento, favorendo quindi l'assimilazione e la memorizzazione dei concetti.

Usate pure la tastiera del computer, ma non abbandonate mai la penna!

Scrivete bene o scrivete male, ma scrivete; va bene pure se scrivete a zampa di gallina.

Buona vita e buona scuola!

lunedì 7 novembre 2016

Il ragù della domenica.



Il ragù o rrahù, come diciamo al mio paese, mi scatena qualche ricordo: la cosa che faceva infuriare di più mia madre era quando uno di noi scoperchiava di nascosto la pentola del sugo e vi affondava dentro una fetta di pane, lasciando all'interno tracce di mollica.
Il ragù della domenica lo faceva mio padre ed era come una funzione religiosa. Questa cerimonia iniziava al mattino: la pentola andava a fuoco lentissimo, ospitava prima il soffritto e mano a mano arrivavano pomodori a pezzetti, odori e salsa di pomodoro che preparavano l'arrivo degli ospiti d'onore che erano gli involtini, immancabili la domenica a casa dei miei. In quella pentola non potevi affondare fette di pane perché papà la teneva sotto controllo continuamente e la seguiva durante il borbottìo e la mescolava spesso per non "farla attaccare". Io, che la domenica dormivo fino a tardi, mi svegliavo puntualmente nel preciso istante che papà aggiungeva al ragù un bicchierino di "Vecchia Romagna etichetta nera" e quel ragù cominciava ad emanare un profumo in tutta la casa che avrebbe risvegliato pure i morti.
Quando era l'ora del pranzo, tutti a tavola a divorare le orecchiette fatte a mano da mamma che si affondavano nel sugo di papà.
Poi veniva la volta degli involtini e qui mi vengono alla mente due cose: la prima che spesso mi pungevo il palato con lo stecchino che mamma metteva per chiudere ogni involtini e l'altra: che puntualmente mi macchiavo di sugo l'unica camicia bianca che m'ero messo per l'occasione.

Buona vita!

maestrocastello 

sabato 5 novembre 2016

Quanto sei bella Roma!

Il fatto è che Roma accoglie tutti, anche chi non se lo merita.
Chi scende da un treno e comincia a sputare su tutto ciò che vede e intanto approfitta delle opportunità che qui riesce a trovare, non se la merita una città come Roma. Opportunità che a volte neanche i Romani vedono ma che ci sono.
Sento sempre più spesso parlare male di questa città e non capisco perché la gente non se ne stia a casa propria invece di criticare una realtà come Roma, una metropoli che è unica al mondo e proprio per questo ha problemi che nessuna altra città ha, nel bene e nel male. Statevene nelle vostre cittadine, nei vostri paesi, nelle vostre case, non venite qui, davvero! Le persone di altri posti che si lamentano di Roma mi fanno molta tenerezza perché sono le stesse che poi si vantano con gli amici di aver visto il concerto figo, di essersi fatti un selfie davanti al Colosseo o di avere una laurea presa a La Sapienza.
 Trovo ancora più ridicoli i Romani che esaltano la propria città in tutto e per tutto e poi non la vivono come invece andrebbe fatto, perché in realtà non la conoscono e allora si attaccano all'identità di quartiere e ai luoghi comuni della romanità, diventando involontariamente promotori del degrado di Roma.
Eppure Roma se ne frega come ha sempre fatto e accoglie chiunque da secoli, incrollabile e beffarda in quanto consapevole di tutto ciò che la rende grande, cosa che solo chi la ama davvero può percepire e sentire come una parte del proprio essere, quasi come fosse la propria gamba o il proprio braccio.
Roma non è razionale, non è ordinata, non è pulita. Roma è un casino. Roma è sorprendente, fuori luogo, irriverente. Roma è il bicchiere in pizzo al tavolo, è fastidiosa, inconcepibile, mette ansia. Eppure proprio per questo è divertente, stimolante. Roma è stupefacente.
Roma è una gran signora che alle offese di tutti risponde con una fragorosa risata, mentre stesa sul Tevere si gode un altro incantevole tramonto e si lava di tutte le sozzure che le sono state tirate addosso.

(Articolo di Ilaria Castello condiviso su Facebook)

venerdì 4 novembre 2016

MAI PIÙ GUERRA!

Leggo l'elenco dei morti in guerra sotto il monumento del Milite Ignoto del mio paese e penso.
Questo è solo un elenco, il nostro elenco. Ogni paese ha nella piazza principale il suo elenco di morti, quanti morti provoca la guerra. Oggi ricordiamo le vittime di tutte le guerre, morti con onore, per carità; ma sarebbe stato meglio che fossero stati con noi e morti di vecchiaia.
Giovani che non sono più tornati in famiglia, mariti che hanno lasciato nel pianto vedove ed orfani al paese; figli della nostra terra che erano andati a combattere per la Patria ed hanno trovato la morte.
Che brutta cosa la guerra, muore solo chi ci va in guerra e mai chi la decide.
Le donne e i bambini, poi, partecipano solo come vittime.
Io spero che gli uomini comincino a pensare e sono sicuro che un giorno faranno una guerra e nessuno vi parteciperà e non per codardia; ma perché finalmente vincono testa e cervello. Diceva Federico II di Prussia: " Se i miei soldati cominciassero a pensare, nessuno rimarrebbe nelle mie fila".
Pensiamola in modo diverso su tante cose, ma sulla guerra, per carità, pensiamola allo stesso modo: MAI PIÙ GUERRA!

maestrocastello