lunedì 27 maggio 2019

Rianimare i nostri paesi del Sud, si può ?

Lettera al paesologo Franco Arminio.

Caro Franco Arminio, ho rivisto ancora una volta il tuo documentario :“Di professione faccio il paesologo” ed ogni volta  provo mille emozioni. 
Il mio cuore sembra una camicia stesa al vento ad asciugare : s’abbótta e s’ammóscia in continuazione. Quando “s’abbótta”, i sentimenti che mi pervadono sono di orgoglio di appartenenza ad una comunità che mi ha insegnato l’a, b, c della vita, quando si era lpoveri e si viveva di niente; eppure si era felici. Quando la camicia si ammóscia mi pervade la desolazione dei nostri luoghi, la solitudine, l’abbandono. Case vuote ad aspettare inutilmente chi partì un giorno a guadagnarsi la stozza altrove e, se pur un giorno farà ritorno, prenderà la via del camposanto.
Leggo nelle parole e sul volto dei vecchi che intervisti rassegnazione e dignità, animati da una fede atavica, pressoché sconosciuta alle nuove generazioni. 
Ma cosa serve veramente per rianimare i nostri paesi? Tu, Franco, dai spesso dei suggerimenti; ma credo che ci vogliano troppe cose che si combinino assieme e ciò che serve davvero, penso che non lo sappia nessuno. Anch’io partii dal paese negli anni sessanta e dopo cinquant’anni non mi sento ancora cittadino e non lo sarò mai e al paese non ho più una casa.
Mi pare utopia che si possa tornare a vivere nei nostri piccoli paesi, se non per andarci a morire . Tu ce lo vedi uno, ormai settantenne, che lascia figli e nipoti ormai radicati in città e venire a stare da solo in un desolato paese, a sfidare le temperature rigide dell’inverno che dura “migliaia di giornate”, dove manca sempre il quarto per una normale partita a tressette? Come tu stesso dici: le case superano il numero delle persone rimaste e ogni volta che passo davanti alla mia casetta dell’infanzia, mi prende come un rimorso per essere partito. Tu sei come un medico condotto che fa il giro dei paesi per valutarne lo stato di salute ed io, invece, mi sento una specie di archeologo che scava nel passato, perché quelli che stanno lontano come me; tornino a rivivere il paese, torni viva in loro la memoria delle proprie tradizioni, la gioia di parlare ancora il proprio dialetto e l’importanza di non disperdere tutti gli insegnamenti che ci hanno lasciato in eredità i nostri antenati. 
Utopia anche questa? Lo so, ma la gente ha bisogno anche di utopie.
Buona vita!
maestrocastello 

Inviato da iPad

domenica 26 maggio 2019

Addio a Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi ci lascia a 74 anni.

È proprio vero, le belle persone sono le prime a lasciarci e resti orfano di un valido punto di riferimento. Vittorio Zucconi, un grande del giornalismo, ci lascia a 74 anni.
Zucconi era una forza della bella scrittura, un modo sapiente di raccontare
i fatti che penetravano la realtà attraversandola e ti faceva partecipe dei suoi racconti.
Il suo modo di fare giornalismo era vita vissuta, non interpretazione di un ruolo e chi aveva la fortuna di essere suo amico, giura che il Vittorio pubblico era uguale al privato: una persona vera.
Scrupoloso nel lavoro, era generoso nell'affabulazione, empatico, capace di entrare in sintonia con qualunque interlocutore, che fosse un bambino, un campione sportivo, un politico o un semplice lettore. 
Ha raccontato come pochi l’America, ha costantemente misurato il polso di quella grande realtà d’oltreoceano, facendocela sentire una realtà vicina a noi.
Aveva visto il mondo con gli occhi del mestiere, che obbliga a indagare, decifrare, capire. Bruxelles, giovanissimo, poi New York, Mosca, Parigi, Tokyo, Roma con il caso Moro, di nuovo e definitivamente. Era un poliglotta, cittadino del mondo, divoratore notturno di qualsiasi cosa si potesse leggere, col suo russo, il francese, l'inglese americano e persino un po' di giapponese poteva parlare di tutto.
È stato un gustoso scrittore, autore di diversi volumi : “Stranieri come 
noi “, “Viaggio in America “, “Il Giappone tra noi”, “ Il lato fresco del cuscino “ ecc, ecc. aveva una scrittura fluida e impetuosa come una necessità, come un trance, come qualcosa di naturale, che sembrava sgorgare da sola, e trovare automaticamente il suo corso. 
Mancherà alla sua famiglia, al suo giornale e mancherà anche a chi lo seguiva attraverso i suoi scritti.
Ciao, Vittorio, avremo di te il ricordo di una bella persona; R.I.P. !

maestrocastello 


sabato 25 maggio 2019

Perché conviene andare a votare.

GIORNATA DI VOTAZIONI.
Siamo alla fine di un maggio strano, che non dà garanzie per gite fuori-porta e ci costringerà a starcene buoni in casa a goderci una domenica di fine campionato di calcio in tivvù, di corse automobilistiche, di giro d’Italia e di.....  finalmente tutti in famiglia per il pranzo domenicale.
Oggi si vota dappertutto per rinnovare il Parlamento Europeo e in tanti Comuni per eleggere nuove amministrazioni comunali e relativo nuovo Sindaco e, forse, che ci sia questo tempo può essere utile ad incrementare la percentuale dei votanti.
Mi raccomando, andiamo a votare; altrimenti restringeremo da soli il nostro spazio di libertà.
Se qualcuno pensa che il non voto sia una protesta, sappia che il dispetto lo farà a se stesso e poi si dovrà accontentare di ciò che avranno deciso gli altri anche per lui.
Andiamo a votare a favore e non contro, andiamo a votare per costruire, andiamo a votare sperando che la decisione della maggioranza faccia il bene comune e non dei singoli.
Andiamo a votare e che questa domenica 26 maggio ci lasci nel tempo un buon ricordo di se stessa.
PERCHÉ ANDARE A VOTARE ?
Se non vuoi che gli altri decidano per te.
Per contare ancora qualcosa in Europa.
Da soli non si va da nessuna parte.
Altrimenti restringi da solo i tuoi spazi di libertà.
Le cose si cambiano stando dentro questo Parlamento e non dal di fuori!
.... e si potrebbe continuare 

OGGI, VAI A VOTARE !

maestrocastello 

lunedì 6 maggio 2019

Sono un libridinoso


Lo confesso: sono affetto da “libridine”, la malattia da libro, quella che mi fa rallentare ogni volta che passo davanti ad una libreria e, anche se vado di corsa, mi viene la tentazione di fermarmi ed entrare.
Quella grossa concentrazione di carta stampata mi dà alla testa, mi fa aggirare fra i banchi ad ispezionare titoli, colori, copertine e fascette.
Non resisto alla tentazione, ne prendo in mano uno e l’annuso, come fossi un cane da tartufo: mi piace l’odore della carta stampata di fresco.
Passo  dalle ultime novità ai libri datati, ai libri già letti e quelli che mi prometto di leggere. Sono insaziabile, vorrei possederli tutti.
Amare un libro non tanto per il suo contenuto, ma per la fisicità. Una volta letto smette di essere una copia qualunque e diventa una tua creatura. Non si può più prestare, col rischio che non ti torna indietro; piuttosto ne regaleresti uno nuovo , ma quello tuo no. Sulla tua copia vi hai apposto dei segni sui tratti che ti hanno regalato emozioni, quasi a farlo sapere o a ricordartene.
Il libridinoso si affeziona a ogni libro, perfino a quelli che disprezza.  Se qualcuno ti regala il libro di un autore che non ami, lo riponi da una parte, ma non lo butti via; non ne hai il coraggio!
La libridine in fondo è una bella malattia da cui difficilmente si guarisce ed io sono contento di esserne affetto.
Buona vita!
maestrocastello