domenica 31 dicembre 2017
mercoledì 20 dicembre 2017
A NATALE PUOI!
Mi domando se i bambini di oggi provano le stesse emozioni che provavamo noi con l'arrivo del Natale.
Credo che molto dipenda da noi adulti, le aspettative siamo noi che le creiamo e, ovviamente, responsabili sono anche i tempi che attraversiamo.
Un tempo la povertà era molto diffusa, eppure i grandi riuscivano benissimo a creare il piacere dell'attesa di un momento sacro e gioioso, in cui i vincoli familiari si rinsaldavano maggiormente intorno ad un desco poverello ed un ceppo acceso che scaldava dei cuori semplici.
Un dolce, un mandarino, una caramella sembra poco; eppure riuscivano a far felice un bambino.
Oggi che non mancano i mezzi, si fa più fatica a ricreare lo stesso clima di un tempo. Come mai?
Sarà che di regali i nostri bimbi ne ricevono ad ogni occasione, sarà che le nostre tavole, almeno quelle, sono imbandite tutto l'anno, sarà che non abbiamo più tempo per noi stessi, figurarsi per i figli; sta di fatto
che il Natale non è più lo stesso. Il rischio che col diventi coreografia e basta.
Dare un senso diverso non solo al Natale, ma alla nostra vita è possibile e dipende solo da noi.
Come dice la pubblicità?
A Natale puoi!
mercoledì 29 novembre 2017
Vivere come una formica
L'altro giorno ho visto una formica che trasportava una foglia enorme.
La formica era piccola e la foglia doveva essere almeno due volte il suo peso.
Ora la trascinava, ora la sollevava sopra la testa.
Quando soffiava il vento, la foglia cadeva, facendo cadere anche la formica.
Fece molti capitomboli, ma nemmeno questo fece desistere la formica dalla sua impresa. L'osservai e la seguii, finché giunse vicino a un buco, che doveva essere la porta della sua casa.
Allora pensai: "Finalmente ha concluso la sua impresa!".
Mi illudevo. Perché, anzi, aveva appena terminata solo una tappa.
La foglia era molto più grande del foro, per cui la formica lasciò la foglia di lato all'esterno ed entrò da sola.
Così mi dissi: "Poverina, tanto sacrificio per nulla".
Ma la formichina mi sorprese.
Dal buco uscirono altre formiche, che cominciarono a tagliare la foglia in piccoli pezzi.
Sembravano allegre nel lavoro. In poco tempo, la grande foglia era sparita, lasciando spazio a pezzettini che ormai erano tutti dentro il buco.
Immediatamente mi ritrovai a pensare alle mie esperienze. Quante volte mi sono scoraggiato davanti all'ingorgo degli impegni o delle difficoltà? Forse, se la formica avesse guardato le dimensioni della foglia, non avrebbe nemmeno cominciato a trasportarla.
Ho invidiato la perseveranza, la forza di quella formichina.
Buona vita!
sabato 25 novembre 2017
Contro la violenza sulle donne
DONNE.
DONNE INERMI
DONNE FERITE
MADRI MIGRANTI
DONNE UCCISE
CON L'UNICA COLPA
DI ESSERE FEMMINE
SONO QUESTE LE DONNE
CHE VI FANNO LA SPESA
LAVANO I PIATTI
DEL SABATO SERA
PULISCONO IL CULO
AI VOSTRI BAMBINI
E MENTRE VOI
CI FATE L'AMORE
LORO LA TESTA
CE L'HANNO ALTROVE
PENSANO ALLA GUERRA
DEL GIORNO DOPO
CHE LE VEDRA'
COMBATTERE SOLE
PER ROMPERE IL FRONTE
DI UNA GUERRA CIVILE
IN UN MONDO TUTTO
PENSATO AL MASCHILE
CHE NEGA IL DIRITTO
DI AMARSI E LASCIARSI
SENZA IL PERICOLO
CHE GENERI MOSTRI
NELLA CONFUSA
MENTE DELL’UOMO
QUESTA GUERRA DEI SESSI
NON VEDRA' MAI LA FINE
SE NON COMINCIAMO
A GUARDARCI
COME PERSONE
MA COME FANTASMI
DI UNA FATUA OSSESSIONE.
(di maestrocastello 25/11/2012)
giovedì 16 novembre 2017
L'Italia nel pallone!
L'Italia nel pallone!
Sembra incredibile, ma la nazionale italiana non andrà in Russia a disputare i prossimi mondiali di calcio. Cose dell'altro mondo!
Sembra incredibile, ma la nazionale italiana non andrà in Russia a disputare i prossimi mondiali di calcio. Cose dell'altro mondo!
Siamo stati eliminati dagli svedesi che non saranno dei grandi campioni, ma hanno svolto un compito semplice semplice: hanno fermato i nostri strapagati campioni che se li vai a comprare al calciomercato, ci vogliono un casino di milioni per ognuno.
Grande iattura! Avete afferrato la gravità della cosa?
Il portiere Buffon parla della delusione generale e delle ripercussioni sociali che questo avvenimento comporterà.
Ma scherziamo? Ora ci levano anche il pallone e che ci resta solo il Grande Fratello e Mister chef?
Credo che siamo nella pazzia più totale, con tutti i problemi seri che ci troviamo ad affrontare!
La politica, ad ogni modo, ha sempre confidato nel calcio per distrarre la mente della gente dai problemi reali del paese. Come farà adesso? Dimenticavo, c'è sempre il campionato è le partite di coppa per qualche tempo.
Il circuito del calcio a pagamento, Sky e Premium, è comunque salvo; tanto la nazionale l'avrebbero data sui canali nazionali della Rai.
Ci sono ancora le partite del fine settimana a tenerci impegnati sul divano di casa. Che furbi, per creare maggiore dipendenza le hanno sapientemente spalmate dal venerdì alla domenica, così da tenere i maschietti italiani incollati al televisore per tutto il weekend.
Grande iattura! Avete afferrato la gravità della cosa?
Il portiere Buffon parla della delusione generale e delle ripercussioni sociali che questo avvenimento comporterà.
Ma scherziamo? Ora ci levano anche il pallone e che ci resta solo il Grande Fratello e Mister chef?
Credo che siamo nella pazzia più totale, con tutti i problemi seri che ci troviamo ad affrontare!
La politica, ad ogni modo, ha sempre confidato nel calcio per distrarre la mente della gente dai problemi reali del paese. Come farà adesso? Dimenticavo, c'è sempre il campionato è le partite di coppa per qualche tempo.
Il circuito del calcio a pagamento, Sky e Premium, è comunque salvo; tanto la nazionale l'avrebbero data sui canali nazionali della Rai.
Ci sono ancora le partite del fine settimana a tenerci impegnati sul divano di casa. Che furbi, per creare maggiore dipendenza le hanno sapientemente spalmate dal venerdì alla domenica, così da tenere i maschietti italiani incollati al televisore per tutto il weekend.
Le mogli sperano di uscire almeno la domenica, ma scherziamo?
Oggi la Juve gioca con l'Inter!
Il calcio è un veicolo commerciale pazzesco e si spendono milioni di euro a valanga per imbottire le nostre squadre di stranieri e poi manca il lavoro in Italia!
Il rapporto italiani/stranieri in ogni squadra si è ormai ribaltato e certe domeniche vedi che gioca un solo italiano su undici: Ranocchia!
Incredibile, ti sembra di stare all'estero! Poi ci lamentiamo che come nazionale non contiamo più nulla.
Una volta c'era il dilemma fra Rivera o Mazzola, oggi fra Zazza o Eder! Da tempo non sforniamo più campioni dai vivai, perché i vivai non esistono più; preferiamo andarli a comprare altrove i campioni; che tanto campioni spesso non lo sono.
Non sarò certo io ad elencare tutte le colpe di questa debacle nazionale, colpe che non sono del solo allenatore, badate!
Certamente qualcosa non va nel sistema calcio che va rifondato.
Questa esclusione per me è salutare, almeno ci costringe a riflettere su alcune cose: se sia giusto dare tutta questa importanza ad un pallone che rotola nell'erba, quando di problemi ce ne sono tanti più importanti. Eppoi, se sia giusto sentirsi italiani solo quando gioca la nostra squadra di calcio.
Inviato da iPad
lunedì 13 novembre 2017
Facebook, banco di prova delle nostre capacità di scrivere correttamente
Facebook come cartina tornasole.
La cartina torna sole, o meglio cartina al tornasole, e' un attrezzo di laboratorio di chimica e si utilizza per verificare caratteristiche chimiche di una determinata soluzione come reagiscono in determinate situazioni.
Nel linguaggio comune, questo termine viene usato per verificare che una cosa è realmente come tu dici; insomma, una spiegazione che ti schiarisce la mente.
Ad esempio, ci accorgiamo che tanti su Facebook usano normalmente citazioni belle e confezionate o si limitano a cliccare "mi piace" per non fare a botte coi congiuntivi o incorrere in dubbi grammaticali mai risolti : "a" con l'acca o senza? - "e" con accento o senza?
Chi si avventura a scrivere in proprio, lo fa a proprio rischio e pericolo; rischiando di incorrere in molti dubbi e Facebook si trasforma così nella cartina tornasole delle proprie capacità linguistiche e grammaticali.
A completare l'opera ci si mette pure la tastiera del tablet o telefonino che suggerisce parole a suo piacimento e, se non stai ben attento, la frittata è bell'e fatta.
Buona vita!
P. S. A proposito, "collegio" o "colleggio", con due "g" o ne basta una soltanto?
La cartina torna sole, o meglio cartina al tornasole, e' un attrezzo di laboratorio di chimica e si utilizza per verificare caratteristiche chimiche di una determinata soluzione come reagiscono in determinate situazioni.
Nel linguaggio comune, questo termine viene usato per verificare che una cosa è realmente come tu dici; insomma, una spiegazione che ti schiarisce la mente.
Ad esempio, ci accorgiamo che tanti su Facebook usano normalmente citazioni belle e confezionate o si limitano a cliccare "mi piace" per non fare a botte coi congiuntivi o incorrere in dubbi grammaticali mai risolti : "a" con l'acca o senza? - "e" con accento o senza?
Chi si avventura a scrivere in proprio, lo fa a proprio rischio e pericolo; rischiando di incorrere in molti dubbi e Facebook si trasforma così nella cartina tornasole delle proprie capacità linguistiche e grammaticali.
A completare l'opera ci si mette pure la tastiera del tablet o telefonino che suggerisce parole a suo piacimento e, se non stai ben attento, la frittata è bell'e fatta.
Buona vita!
P. S. A proposito, "collegio" o "colleggio", con due "g" o ne basta una soltanto?
martedì 7 novembre 2017
LU RRAHÙ DI MIO PADRE
Il ragù o rrahù, come diciamo al mio paese, mi scatena più di qualche bel ricordo: la cosa che faceva infuriare di più mia madre era quando uno di noi scoperchiava di nascosto la pentola del sugo e vi affondava dentro una fetta di pane, lasciando all'interno tracce di mollica.
Il ragù della domenica lo faceva mio padre ed era come assistere ad una funzione religiosa. Questa cerimonia iniziava al mattino: la pentola andava a fuoco lentissimo, ospitava prima il soffritto e man mano arrivavano pomodori a pezzetti, odori e salsa di pomodoro che preparavano l'arrivo degli ospiti d'onore che erano gli involtini fatti da mamma, immancabili la domenica a casa dei miei.
In quella pentola non potevi affondare fette di pane perché papà la teneva sotto controllo continuamente e la seguiva durante il borbottìo e la mescolava spesso per non "farla attaccare".
Io, che la domenica dormivo fino a tardi, mi svegliavo puntualmente nel preciso istante che papà aggiungeva al ragù un bicchierino di "Vecchia Romagna etichetta nera" e quel ragù cominciava ad emanare un profumo in tutta la casa che avrebbe svegliato pure i morti.
Mentre girava per casa o si faceva la barba, sigaretta sempre accesa, mio padre Donato, come una guardia carceraria che tiene d'occhio i suoi carcerati; continuamente andava nei pressi della cucina, ove controllava e girava il ragù e gli involtini suoi amici.
Quando era l'ora del pranzo canonico, tutti a tavola a divorare le orecchiette fatte a mano da mamma che si affondavano nel sugo di papà. Le orecchiette a papà piacevano giganti, perché si riempivano di tanto sugo.
Poi veniva la volta degli involtini e qui mi vengono alla mente due cose: la prima che spesso mi pungevo il palato, se mamma aveva chiusi gli involtini con lo stecchino, invece di cucirli col filo, come faceva di solito e l'altra: che puntualmente mi macchiavo di sugo l'unica camicia bianca che m'ero messo per l'occasione.
Mi mancano tanto le orecchiette di mamma che affondavano nel rrahù di papà.
maestrocastello
sabato 4 novembre 2017
Monumento ai caduti.
Oggi è il 4 novembre, giorno dell'Unità nazionale e giornata delle Forze Armate è l'unica festa nazionale, istituita nel 1919, abbia attraversato tutte le età dall'Italia liberale, fascista e repubblicana; col consenso unanime. In occasione del 4 novembre e dei giorni immediatamente precedenti le più alte cariche dello Stato rendono omaggio al Milite Ignoto, la cui salma riposa presso l'Altare della Patria a Roma. Ogni paese d'Italia ha un proprio Monumento ai Caduti ed anche a Sant'Agata troneggia il monumento ai caduti, in Piazza XX Settembre che fu inaugurato nel 1971.
In quella occasione, il prof. Carmelo Volpone (Rip) scrisse una composizione in versi, " il monumento ", in dialetto santagatese, che trovate a pag 343 del suo libro " Sant'Agata di Puglia nel tempo".
L'autore s'immagina, a notte fonda, di veder scaturire da questo monumento una miriade di soldati caduti in guerra che fanno finalmente ritorno in paese, un ufficiale che li inquadra e concede loro la libera uscita. Questi fanti si abbracciano, come tornassero dopo tanto tempo da molto lontano, poi invadono le strade del paese, fino alle case dei propri parenti; impazienti di riabbracciarli. Quando si sta facendo ormai mattino, ritornano tutti in Piazza, al monumento e, avvertito il suono di tromba intonare "il silenzio"; si ritirano in buon ordine all'interno di quel monumento.
Il tocco finale è dato da una mamma che guarda il monumento con la lunga lista di soldati caduti e dice piangendo:
Pecché....sti lutte?!” (Perché questi lutti?)
E noi ci chiediamo:
"Perchè la guerra? "
Vi propongo i versi finali della composizione dialettale che parla di un vecchio che saluta i caduti e la mamma che davanti alla lunga lista di giovani morti in battaglia.
.....Nu vicchiarièrre, traballanne
sòpe re còsse sécche, repassèva,
nfumète cume chéne e sbarluttanne,
pe nu pecché che sule irre sapéva.
Pò se fermèje nu pòche e, léndamènde,
strengènne mmène lu cappiérre a spèra;
s'addrezzèije tutte, huardèije lu munumènde,
alzèje nu vrazze e disse: “Uagliù!...bònaséra!”
Mò, na vècchia, nd'a nu scialle arrauglièta,
se fermé nànze a me, uldema re tutte,
re chiande e re relòre mbriachèta;
me uardèije apprima, e po', :”Pecché....sti lutte?!”
Apriétte re brazza, allòra, e, nfèlice,
l'abbrazzèij,....cume avisse fatte pure tu.
“Ohi!... Pòvera mamma! …., sulamènde rice,
gnurande ije, le sapiétte...., e niénde chù.
(dal libro “Sant'Agata di Puglia nel tempo” del Prof. Carmelo Volpone)
Maestrocastello
venerdì 3 novembre 2017
Davanti al camino.
Scoppiettano i ciocchi
di ulivo
nel focolare di una casa
di paese, la mia,
vuota oramai d'affetti
che scaldavano
la nostra prima gioventù.
Focolare di casa,
culla oramai di ricordi
sbiaditi
che non possiamo
gettar via;
perché son quelli
che ci scaldano il cuore.
I panni
nelle vicinanze,
messi ad asciugare
dentro le case, l'inverno,
la pignèta di nonna
che brotolava fagioli
fin dal mattino,
le patate nella cenere,
la salsiccia nella stagnola,
le caldarroste nella brace,
castagne arrostite:
calda premessa
ad un buon bicchiere
di vino.
Focolare che al paese
diventa "fucurìle",
aula domestica
di nonna Mariannina,
davanti al quale
ella la sera
soleva contar fiabe
a noi nipotini,
prima che il sonno
ci vedesse tutti
con la testa all'ingiù
" Stéva na vòlda......"
C'era una volta.....
ed ora non c'è più!
maestrocastello
giovedì 2 novembre 2017
Due novembre.
Se nessuno
muore sulla terra
finché vive
nel cuore
di chi resta,
dentro di me
si affollano
ricordi
di affetti
che credevo perduti
e le loro fiammelle
rischiarano
di speranza
i miei giorni
terreni.
( giovanni)
lunedì 30 ottobre 2017
Sale in zucca.
La zucca a Sant'Agata la chiamiamo " la checózza " ed oltre a mangiarla, noi bambini ci divertivamo da piccoli a svuotarla dei semi, modellarla con un temperino, fino a farla diventare "nu facciòme": con tanto di occhi, naso e bocca; spesso frastagliata e ci mettevamo dentro una candela ( lu ceròcele); così si trasformava in una vera e propria lanterna. A guardarla bene, questa faccia illuminata, creava fascino oppure metteva spavento e noi la mostravamo in giro con chiaro intento di spaventare amici e parenti.
Senza saperlo, noi ragazzi anni 50/60 avevamo anticipato la festa di Halloween, una festività celtica, di moda oggi anche in Italia, di cui a quei tempi non conoscevamo ancora l'esistenza.
Halloween, che ha contagiato mezzo mondo, si festeggia la notte del 31 di ottobre e negli Stati Uniti ha assunto forme accentuatamente macabre e commerciali.
Noi italiani, che non ci facciamo mancare mai nulla, anche se siamo sempre indietro nelle cose che contano, non potevamo lasciarci sfuggire questa ennesima occasione di festa e così Halloween è entrata nella nostra tradizione festaiola. I nostri ragazzi, domani sera si travestiranno da zombi o da lupo mannaro e al grido di "dolcetto o scherzetto " e si divertiranno a cercar di spaventare i loro coetanei.
Molti la vedono come una festa in competizione con le nostre tradizionali feste religiose, forse perché capita proprio a ridosso del 2 di novembre e alla festa di Ognissanti.
Una volta le feste pagane venivano sostituite da feste cristiane, ora avviene il contrario e tanti vedono la festa di' Halloween come festa pagana, ostile e contraria ad un contesto di riflessione e di preghiera a cui invitano le nostre feste religiose dei prossimi giorni.
In verità non c'è da scandalizzarsi che Halloween sia riuscita nel giro di pochi anni a conquistare il nostro Paese con una rapidità e una capacità di penetrazione impensabili, in effetti non è altro che una ripresa di tradizioni antiche, legate alla vita dei campi, alla fine dei raccolti e all'inizio della nuova stagione della semina; tradizioni che si erano abbandonate o in qualche modo snaturate.
Halloween, già nel nome, non indica che la fine della stagione dei raccolti e l'inizio di un nuovo anno di fatiche nei campi. La sopravvivenza di tante famiglie era legata, allora, all'esito che aveva il lavoro bei campi e i contadini, un tempo, confidavano in tante credenze e cerimonie divinatorie.
Secondo le antiche credenze, in questa notte le anime dei morti tornavano sulla terra con streghe, demoni e fantasmi. Già nel Medioevo indossavano maschere per allontanare la morte e fare riti propiziatori.
Oggi i bambini e i ragazzi nel nostro Paese si sono entusiasticamente appropriati, o meglio riappropriati, di questa festa, e in questo modo sono tornati ad essere protagonisti di una celebrazione folklorico-rituale e lasciamo che si divertano.
Sarebbe bello e utile aggiungere al loro entusiasmo e al loro divertimento anche una maggiore consapevolezza rispetto a ciò che stanno facendo e rappresentando e quindi spiegare loro il vero significato di questa festa e che la festa abbia inizio!
sabato 28 ottobre 2017
Tramonti d'autunno
ROSSO DI SERA
Vestito di rosso vermiglio
il tramonto stasera
si tinge di più intenso cinabro,
man mano che guadagna
la linea dell'orizzonte.
Avvolta nell'ombra,
una donna ammira
estasiata i tratteggi
che sembrano lingue
di fuoco nel cielo.
E nel chiarore
che ravviva la sera
ripone fiducia
di un più radioso
domani.
(giovanni 28/10/017)
Vestito di rosso vermiglio
il tramonto stasera
si tinge di più intenso cinabro,
man mano che guadagna
la linea dell'orizzonte.
Avvolta nell'ombra,
una donna ammira
estasiata i tratteggi
che sembrano lingue
di fuoco nel cielo.
E nel chiarore
che ravviva la sera
ripone fiducia
di un più radioso
domani.
(giovanni 28/10/017)
venerdì 27 ottobre 2017
Ciccicuòtte, tradizione antica per il giorno dei morti.
TRADIZIONE ANTICA
LI CICCECUÓTTE.
Li ciccecuótte era un dolce che ogni famiglia a Sant'Agata di Puglia preparava appositamente per il giorno dei morti e questa tradizione è durata dai primi anni del secolo scorso, fino alla metà degli anni cinquanta.
Il dolce veniva fatto con pochi ingredienti poveri : chicchi di grano messi a bagno e poi lessati (detti, appunto, "cicci cotti"), conditi poi con acini di melograno e cosparsi con vino cotto (mosto fresco di uva cotto lentamente, fino a ridurlo in sciroppo). Oggi vi aggiungono anche pezzetti di cioccolato, per renderlo più sfizioso.
Al mattino del primo novembre vedevi allora frotte di bambini, con un recipiente vuoto in mano, aggirarsi per le strade del paese, bussare alle porte e, quando la gente gli apriva; attaccare questa tiritera:
" Ciccecuòtte, ciccecuòtte, refrìsche l'aneme re li muòrte".
Era una richiesta: "Per favore, dateci dei cicci cotti, in suffragio dell'anima dei morti! e la gente aderiva volentieri a tale richiesta, convinta di fare cosa gradita ai propri familiari defunti.
Il culto dei defunti, come in altre parti, è molto sentito anche a Sant'Agata e tante famiglie conservano ancora la bella tradizione di preparare ogni anno questo dolce ed offrirlo.
Da qualche anno i ciccecuótte sono divenuti ormai una sagra paesana che accomuna, ai primi di novembre, un intero paese a rinnovare le antiche tradizioni di un paese che da un insieme di cittadini, per una volta diventa comunità.
PREPARAZIONE
- Mettere mezzo chilogrammo di grano tenero in una pentola aggiungervi 4 dita d'acqua sopra il grano (in modo che quando cresce possa espandersi in essa), metterlo sul fuoco e portarlo ad ebollizione a fuoco alto.
- Abbassare la fiamma a sobbollore e lasciarlo cuocere per 15 - 20 minuti, non di più.
- Spegnere il fuoco, staccare la pentola dal fornello e adagiarla su un ripiano avendo cura di coprirla con un panno di lana in modo che il grano si raffreddi lentamente nella sua stessa acqua.
- Dopo 3 ore dopo è bello e cresciuto.
- Scolare l’acqua in eccedenza e riporre il grano in una zuppiera.
- Condirlo solo prima di servirlo.
Condimento: vinocotto, noci, cioccolato, chicchi di melagrano ma anche: uva sultanina – canditi – confettini, gocce di cioccolata.
maestrocastello
mercoledì 25 ottobre 2017
Quando diventerò bambino
Oggi Vi consiglio il libro dI Janusz Korczack :"Quando ridiventerò bambino".
Non è semplice parlare di lui perché non è semplice parlare dell'infanzia.
Penso ad ogni genitore e al difficile compito che ha nel rapportarsi con i propri figli.
Non è semplice parlare d'infanzia perché bisognerebbe fare un passo indietro e cercare di entrare in un mondo che solo apparentemente non ci appartiene.
Il mondo di un bambino non è un mondo del passato: è un mondo del presente.
Tutto scivola e sembra imprendibile, eppure basta un nonnulla per ritornare lì, in quell'isola e scoprire un sapere che è all'origine di tutto. Korczack lo sapeva. Lo aveva intuito perché probabilmente, era ridiventato bambino e l'unico scopo di chi ridiventa bambino è quello di proteggere l'infanzia, difenderla dall'assalto barbaro dei suoi predatori.
Ridiventare bambino significa tante cose.
Significa sperimentare di nuovo il contatto con qualcosa che molto spesso, abbiamo dovuto nascondere o che abbiamo dovuto abbandonare in una cantina buia.
La separazione dal bambino in realtà non è mai avvenuta.
Korczack dedicò tutta la sua vita a questa separazione apparente. E non abbandonò mai i suoi bambini, neanche quel giorno in cui marciò insieme a loro, disponendoli in fila, quattro per quattro, come se fosse un gioco, verso il treno che li avrebbe portati alla morte.
La separazione dell'adulto dal proprio bambino è il concetto su cui Korczack, ha riflettuto tutta la vita, cercando d'introdurlo ovunque.
Un uomo che è tornato bambino deve restare lì, dove il pensiero è saldo e unico, dove i sentimenti non si frammentano.
Il bambino per Korczack è la chiave di tutta l'umanità. Il mondo che avvolge i bambini è come una coperta troppo piccola che non basta a proteggerli dalle intemperie che nascono a causa degli adulti. Il fatto che i grandi si credano i padroni del mondo, che decidano le sorti delle nazioni, che dettino le regole, gli ordini, che stabiliscano le leggi e che non si curino troppo degli sguardi e delle richeste della "gente pococresciuta", ben presto causa una vera e propria rivoluzione nell'animo del bambino.
Questa rivoluzione li porta al desiderio di non sentirsi adatti, perciò prigionieri di qualcosa da cui bisogna evadere al più presto: l'infanzia.
Per Korczack il mondo in cui vivono i bambini è il mondo dell'incomprensione che ben presto, sfocia nel mondo della tristezza, dell'isolamento e del dolore.
Korczack vorrebbe cambiare questo mondo e invita più volte a cambiare un punto di vista: mettersi nei panni di un bambino.
Per cambiare il mondo bisogna ricostruirlo, ma per ricostruirlo bisogna distruggere quello che, in quanto adulti (adatti), pensiamo di aver costruito su basi solide.
Nel suo lavoro "Il diritto del bambino al rispetto", Korczack lo aveva chiesto, lo aveva urlato: "Bisogna prendere in considerazione il bambino ora e non l'adulto che diventerà!"
Un'idea del genere, per quei tempi stravolgeva completamente ogni sistema educativo.
Egli fu un vero riformatore, attento soprattutto ai bambini che non avevano la sorte di avere una famiglia, costretti a vivere per strada. Lottò con tutte le sue forze, contro un metodo meccanico d'insegnare nelle scuole.
Tutti sanno di cosa Korczack diceva: "Non esiste il bambino. Esiste l'uomo in quanto individuo. Il bambino è un individuo particolare che ha una propria vita.
L'errore più grande della pedagogia è pensare di tracciare le basi per l'educazione del bambino e non dell'uomo!"
"... è faticoso frequentare i bambini...
bisogna abbassarsi, inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli.
Non è questo che più stanca...
È piuttosto il fatto di essere obbligati a innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti.
Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi. Per non ferirli."
(Janusz Korczak)
Non è semplice parlare di lui perché non è semplice parlare dell'infanzia.
Penso ad ogni genitore e al difficile compito che ha nel rapportarsi con i propri figli.
Non è semplice parlare d'infanzia perché bisognerebbe fare un passo indietro e cercare di entrare in un mondo che solo apparentemente non ci appartiene.
Il mondo di un bambino non è un mondo del passato: è un mondo del presente.
Tutto scivola e sembra imprendibile, eppure basta un nonnulla per ritornare lì, in quell'isola e scoprire un sapere che è all'origine di tutto. Korczack lo sapeva. Lo aveva intuito perché probabilmente, era ridiventato bambino e l'unico scopo di chi ridiventa bambino è quello di proteggere l'infanzia, difenderla dall'assalto barbaro dei suoi predatori.
Ridiventare bambino significa tante cose.
Significa sperimentare di nuovo il contatto con qualcosa che molto spesso, abbiamo dovuto nascondere o che abbiamo dovuto abbandonare in una cantina buia.
La separazione dal bambino in realtà non è mai avvenuta.
Korczack dedicò tutta la sua vita a questa separazione apparente. E non abbandonò mai i suoi bambini, neanche quel giorno in cui marciò insieme a loro, disponendoli in fila, quattro per quattro, come se fosse un gioco, verso il treno che li avrebbe portati alla morte.
La separazione dell'adulto dal proprio bambino è il concetto su cui Korczack, ha riflettuto tutta la vita, cercando d'introdurlo ovunque.
Un uomo che è tornato bambino deve restare lì, dove il pensiero è saldo e unico, dove i sentimenti non si frammentano.
Il bambino per Korczack è la chiave di tutta l'umanità. Il mondo che avvolge i bambini è come una coperta troppo piccola che non basta a proteggerli dalle intemperie che nascono a causa degli adulti. Il fatto che i grandi si credano i padroni del mondo, che decidano le sorti delle nazioni, che dettino le regole, gli ordini, che stabiliscano le leggi e che non si curino troppo degli sguardi e delle richeste della "gente pococresciuta", ben presto causa una vera e propria rivoluzione nell'animo del bambino.
Questa rivoluzione li porta al desiderio di non sentirsi adatti, perciò prigionieri di qualcosa da cui bisogna evadere al più presto: l'infanzia.
Per Korczack il mondo in cui vivono i bambini è il mondo dell'incomprensione che ben presto, sfocia nel mondo della tristezza, dell'isolamento e del dolore.
Korczack vorrebbe cambiare questo mondo e invita più volte a cambiare un punto di vista: mettersi nei panni di un bambino.
Per cambiare il mondo bisogna ricostruirlo, ma per ricostruirlo bisogna distruggere quello che, in quanto adulti (adatti), pensiamo di aver costruito su basi solide.
Nel suo lavoro "Il diritto del bambino al rispetto", Korczack lo aveva chiesto, lo aveva urlato: "Bisogna prendere in considerazione il bambino ora e non l'adulto che diventerà!"
Un'idea del genere, per quei tempi stravolgeva completamente ogni sistema educativo.
Egli fu un vero riformatore, attento soprattutto ai bambini che non avevano la sorte di avere una famiglia, costretti a vivere per strada. Lottò con tutte le sue forze, contro un metodo meccanico d'insegnare nelle scuole.
Tutti sanno di cosa Korczack diceva: "Non esiste il bambino. Esiste l'uomo in quanto individuo. Il bambino è un individuo particolare che ha una propria vita.
L'errore più grande della pedagogia è pensare di tracciare le basi per l'educazione del bambino e non dell'uomo!"
"... è faticoso frequentare i bambini...
bisogna abbassarsi, inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli.
Non è questo che più stanca...
È piuttosto il fatto di essere obbligati a innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti.
Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi. Per non ferirli."
(Janusz Korczak)
venerdì 13 ottobre 2017
Matematica con i materiali.
Un nuovo modo di fare matematica nella scuola di base.
Siamo intorno al 1990, quando la mia scuola decide di organizzare un corso di aggiornamento su un nuovo modo di insegnare la matematica nella scuola primaria.
Si presenta Alceo Selvi, fresco maestro in pensione, con sua moglie e ci dividono in due gruppi: lui ci aggiorna per l'insegnamento in prima e seconda e la moglie per terza, quarta e quinta.
Io faccio parte del primo gruppo e dopo la prima lezione, dato il grande interesse che suscita in me quel nuovo modo di fare matematica, non salto una sola lezione.
Era in sostanza il modo di fare matematica attraverso esperienze manipolative con materiali concreti, i cosìdetti sussidi didattici.
Quali sono le ragioni di fondo che ne giustificano l'impiego?
La matematica tradizionale usava un metodo formalistico- descrittivo e la gran parte degli allievi che formava rimanevano di frequente assai lontani dalla piena comprensione dei concetti di questa disciplina, anche se diversi di loro riuscivano a raggiungere un sufficiente addestramento nell'uso del simbolismo e nella relativa applicazione di alcune tecniche operative.
Non si considerava il fatto che lo scolaro deve avere piena comprensione delle conoscenze matematiche che costituiscono poi gli strumenti intellettuali utili per operare un suo ulteriore avanzamento del pensiero.
Non considerava che queste conoscenze non sono quelle che gli vengono trasmesse in tutta compiutezza dall'insegnante o dai libri. Sono piuttosto quelle che lo scolaro conquista attraverso una ricerca personale, in cui egli sia in grado di esplicare liberamente la sua attività creativa.
Spesso, per di più, venivano trascurate le differenze individuali esistenti nel ritmo dell'apprendimento. Di frequente accadeva che, a seguito di una valutazione non oggettiva, un allievo veniva giudicato incapace di comprendere determinati concetti della matematica. Mentre, in realtà, in tali casi era assai probabile che l'allievo fosse un soggetto dotato di un meccanismo di astrazione più lento e che rimanesse quindi sopraffatto dalla incalzante presentazione di ulteriori concetti.
In altre parole, l'insegnamento tradizionale tendeva ad imporre a tutti gli alunni uno stesso ritmo di apprendimento e spesso non teneva conto delle leggi psicologiche che governano i meccanismi individuali dei processi di formazione dei concetti.
L'indirizzo didattico che, ai giorni nostri, si va affermando e consolidando ritiene che si può porre rimedio ai gravi errori prodotti dall'insegnamento tradizionale soltanto se si dà la possibilità all'alunno di accostarsi alle conoscenze matematiche con un atteggiamento di tipo "concreto-costruttivo".
L'indirizzo didattico che, ai giorni nostri, si va affermando e consolidando ritiene che si può porre rimedio ai gravi errori prodotti dall'insegnamento tradizionale soltanto se si dà la possibilità all'alunno di accostarsi alle conoscenze matematiche con un atteggiamento di tipo "concreto-costruttivo".
Ciò implica che occorre sempre evitare di partire dalla fase della pura astrazione.
I concetti non vanno presentati, quindi, nella loro fredda compiutezza generalizzatrice, ma si deve aver cura di creare stimolanti e diversificate situazioni di apprendimento, nelle quali ciascun alunno sia messo in condizione di percorrere, secondo il proprio ritmo individuale, tutte le tappe necessarie per la costruzione del concetto.
Asseriva Piaget che un concetto matematico nasce dalla sintesi di schemi logico operazionali, i quali, per potersi costituire a livello mentale, richiedono di essere interiorizzati mediante attività manipolative sul concreto.
I concetti non vanno presentati, quindi, nella loro fredda compiutezza generalizzatrice, ma si deve aver cura di creare stimolanti e diversificate situazioni di apprendimento, nelle quali ciascun alunno sia messo in condizione di percorrere, secondo il proprio ritmo individuale, tutte le tappe necessarie per la costruzione del concetto.
Asseriva Piaget che un concetto matematico nasce dalla sintesi di schemi logico operazionali, i quali, per potersi costituire a livello mentale, richiedono di essere interiorizzati mediante attività manipolative sul concreto.
Per rendere costruttivo l'apprendimento matematico vanno proposte e fatte compiere al bambino opportune esperienze, basate sulla manipolazione di adatti materiali concreti.
Occorre però considerare che tali esperienze non sempre è possibile realizzarle con quel "concreto naturale" che può ritrovarsi nell'ambiente circostante.
Ragion per cui le esperienze vanno predisposte anche con "materiale artificiale", opportunamente strutturato, i cosiddetti sussidi didattici : numeri in colore, blocchi logici eccetera; in modo che le attività di ricerca del bambino possano essere indirizzate verso quel tipo di schema operatorio che si è stabilito di formare in sede di programmazione didattica.
Ragion per cui le esperienze vanno predisposte anche con "materiale artificiale", opportunamente strutturato, i cosiddetti sussidi didattici : numeri in colore, blocchi logici eccetera; in modo che le attività di ricerca del bambino possano essere indirizzate verso quel tipo di schema operatorio che si è stabilito di formare in sede di programmazione didattica.
Siffatto materiale strutturato, infine, dovrà esser utilizzato, oltre che nei giochi collettivi, anche a livello di esperienze ludiche individuali, così da consentire a ciascun bambino di esplicare una propria attività, secondo il proprio, personale ritmo di lavoro e di apprendimento.
venerdì 6 ottobre 2017
È tempo d'amare
È tempo d'amare.
Srotola la vita
gomitoli di tempo,
ricama l'abitudine
stanche trame di noia e
il futuro è un
maglione di speranza.
Ha fretta il tempo e
non torna mai
sui suoi passi;
è il ricordo
che s'illude
di fermarlo.
Stanotte ha piovuto
la tristezza di ieri,
finalmente è tornato il sereno:
ricama l'abitudine
stanche trame di noia e
il futuro è un
maglione di speranza.
Ha fretta il tempo e
non torna mai
sui suoi passi;
è il ricordo
che s'illude
di fermarlo.
Stanotte ha piovuto
la tristezza di ieri,
finalmente è tornato il sereno:
basta sognare!
ora è tempo d'amare.
ora è tempo d'amare.
(Giovanni, 7 - ottobre - 2017)
martedì 3 ottobre 2017
L'alga Spirulina, il cibo del futuro.
Per parlarvi della Spirulina, ho ideato un'intervista a me stesso.
DOMANDA: Ma cos'è la spirulina?
RISPOSTA: Si tratta una microalga di acqua dolce di colore verde-blu che cresce spontaneamente in Centroamerica e nei laghi africani di origine vulcanica, dove c’è la necessaria luce, alcalinità e alta ctemperatura dell’acqua.
DOMANDA: Ma perché se ne parla tanto?
RISPOSTA: Pensate che contiene tre volte le proteine della carne, quarantacinque volte il ferro degli spinaci, nove volte il calcio del latte e una serie di vitamine, sali minerali, Omega 3, Omega 6 e antiossidanti: l’alga Spirulina per qualità nutrizionali e sostenibilità è l’alimento del futuro; almeno così dicono gli esperti.
DOMANDA: Dov'è utilizzata maggiormente?
RISPOSTA: In Africa è largamente utilizzato dove l’emergenza nutrizionale è questione di vita o di morte. Dove non si muore di fame viene utilizzata soprattutto in pillole e in polvere come integratore alimentare adatto a chi segue un regime alimentare vegetariano o vegano o a chi fa sport.
DOMANDA: Ma chi la coltiva?
RISPOSTA: Viene coltivata ai fini commerciali soprattutto in Asia, Cina, India e America Latina, è un cibo estremamente sostenibile e molto nutriente che potrebbe venire incontro alle esigenze future di un pianeta con tante persone e poche risorse.
DOMANDA: È conveniente coltivarla?
RISPOSTA: Per ottenere la stessa quantità di proteine nella carne infatti serve un utilizzo di acqua cinquanta volte superiore e ogni chilogrammo di spirulina prodotta ne cattura due di anidride carbonica nell’atmosfera.
DOMANDA: in Italia è possibile coltivarla?
RISPOSTA: Sì, in Puglia si coltiva.
DOMANDA: Come in Puglia?
RISPOSTA: Sì, a Valenzano, in provincia di Bari.
DOMANDA: Dai racconta.
RISPOSTA: Nell'estate 2013 due biologhe precarie (Flavia Milone e Simona Intini), una filosofa a progetto (Danila Chiapperini) e un perito chimico regolarmente assunto (Raffaele Settanni) trascorrono un mese intero in una delle province più povere di uno dei Paesi più poveri dell’Africa: il Malawi e studiano i processi di coltivazione della spirulina e si chiedono: perché non coltivarla anche da noi in Puglia?
DOMANDA: Quindi?
RISPOSTA: Nel 2012 nasce una startup che si chiama ApuliaKundi coltiva e produce l’alga Spirulina, prima solo per scopi scientifici oggi anche per il commercio: in pillole ed in polvere (farina). Producono spirulina in vasche di acquacultura presso l'Università di Agraria di Valenzano e siccome l'alga ha bisogno di luce e calore per la fotosintesi, in Puglia si riesce a produrre piuttosto bene.
DOMANDA: È possibile pensare ad una produzione in vasta scala in Italia?
RISPOSTA: Perché no, in Puglia si potrebbero utilizzare molte serre abbandonate a beneficio di un'economia green che può avere un futuro.
DOMANDA : Già viene utilizzato da qualcuno questo prodotto?
RISPOSTA: Da qualche tempo le mamme, le nonne e le zie dei quattro ricercatori baresi si dilettano a produrre orecchiette, gnocchi, taralli, focacce e torte di mele a partire da una strana farina che sa di Africa e di pesce, di tradizione e di futuro. È ricavata appunto dall'alga chiamata spirulina.
Ecco perché la vecchia non voleva mai morire.
Buona vita!
maestrocastello
lunedì 2 ottobre 2017
Due ottobre, festa dei nonni
Festa di nonni,
vi racconto la mia giornata:
Oggi, 2 ottobre, la festa dei nonni.
Qua uno mi ha chiesto: "ma chi l'ha deciso?",
"boh!", dico io;
Ma pensandoci bene: hanno inventato una festa per tutto, perfino la giornata del fungo porcino e poteva mancare la festa dei nonni?
Oggi pomeriggio in piazza Testaccio incontro Marta e Beatrice, le mie dolci nipotine di 2 e 4 anni. Marta mi corre subito incontro, mentre Beatrice non si spreca più di tanto, ma mi mostra il lavoretto che hanno fatto a scuola apposta per i nonni. Io leggo e lei amicca un sorriso, aspettandosi un "brava!". Io la confondo, stampandole un tenero bacio sulla fronte e poi mi ritraggo.
Fra noi funziona così: lei fatica molto a palesare le proprie emozioni ed io la lascio stare.
Lei non dà i baci a comando.
Lei molto emotiva e Marta tanto espansiva.
Beatrice mi piace da impazzire, perché è di un'intelligenza spaventosa e da sempre. A luglio è stata in vacanza in Sicilia e quando è ritornata a Roma: " Nonno, lo sai che mi mancavi?". Detto da una bimba che deve ancora compiere 4 anni, ti desta meraviglia ed emozione.
Oppure, appena ci mettiamo a tavola a casa sua, per dimostrare la propria contentezza di avermi a casa sua, esclama: "Nonno, ti voglio tanto bene".
Da piccolissima sono stato e sono tutt'ora il suo compagno di giochi e questo lei non se lo scorda. Le persone le devi vivere per amarle.
Marta parla ancora poco, ma si fa capire benissimo. Mangia in continuazione, ma rimane magra; beata lei!
Alle feste mi pare che si ricevono dei regali, ma i regali oggi li ho portati io: a Marta una bicicletta rosa che le mancava, un ciambellone fatto da me, conchiglie per Beatrice da portare alla maestra e merendine varie.
Voglio tornar bambino!
(maestrocastello)
vi racconto la mia giornata:
Oggi, 2 ottobre, la festa dei nonni.
Qua uno mi ha chiesto: "ma chi l'ha deciso?",
"boh!", dico io;
Ma pensandoci bene: hanno inventato una festa per tutto, perfino la giornata del fungo porcino e poteva mancare la festa dei nonni?
Oggi pomeriggio in piazza Testaccio incontro Marta e Beatrice, le mie dolci nipotine di 2 e 4 anni. Marta mi corre subito incontro, mentre Beatrice non si spreca più di tanto, ma mi mostra il lavoretto che hanno fatto a scuola apposta per i nonni. Io leggo e lei amicca un sorriso, aspettandosi un "brava!". Io la confondo, stampandole un tenero bacio sulla fronte e poi mi ritraggo.
Fra noi funziona così: lei fatica molto a palesare le proprie emozioni ed io la lascio stare.
Lei non dà i baci a comando.
Lei molto emotiva e Marta tanto espansiva.
Beatrice mi piace da impazzire, perché è di un'intelligenza spaventosa e da sempre. A luglio è stata in vacanza in Sicilia e quando è ritornata a Roma: " Nonno, lo sai che mi mancavi?". Detto da una bimba che deve ancora compiere 4 anni, ti desta meraviglia ed emozione.
Oppure, appena ci mettiamo a tavola a casa sua, per dimostrare la propria contentezza di avermi a casa sua, esclama: "Nonno, ti voglio tanto bene".
Da piccolissima sono stato e sono tutt'ora il suo compagno di giochi e questo lei non se lo scorda. Le persone le devi vivere per amarle.
Marta parla ancora poco, ma si fa capire benissimo. Mangia in continuazione, ma rimane magra; beata lei!
Alle feste mi pare che si ricevono dei regali, ma i regali oggi li ho portati io: a Marta una bicicletta rosa che le mancava, un ciambellone fatto da me, conchiglie per Beatrice da portare alla maestra e merendine varie.
Voglio tornar bambino!
(maestrocastello)
domenica 1 ottobre 2017
Il primo ottobre iniziava la scuola.
Stamane, il tablet mi dice che già siamo al primo d'ottobre e inevitabilmente mi soffermo a pensare. Un tempo iniziava la scuola il primo di ottobre ed ho sempre pensato a quanto eravamo fortunati ad avere tutto settembre a goderci la parte finale dell'estate, senza il trauma di passare repentinamente dal costume da bagno al grembiule.
Settembre passava lento e pigro ed il naturale variare del tempo che annunciava l'imminente vendemmia, ci preparava ad un dolce ritorno tra i banchi di scuola.
Col grembiule che mia madre per suo da fare lavava all'ultimo minuto, il colletto di stoffa con la nocca bianca; mi presentavo finalmente a scuola.
I più piccoli piangevamo e mettevano ansia pure a te che un po' di paura l'avevi; ma non ho mai capito perché.
In quei giorni d'ottobre, per le stradine di paese era un via vai di asini che trasportavano cesti straripanti d'uva che ubriacava l'aria di Sant'Agata. Che dire, era una vera e propria festa che premiava le attese di un anno e vedeva il contadino sorridere e noi bimbi pronti a saltare a piedi scalzi in qualche tino a pigiare tutta la nostra allegria di bambini di paese targati anni sessanta.
Era la stagione di fichi, castagne, melograni, mele e mele cotogne ed, appunto, uva.
Oggi al ritorno a scuola, tanti portano conchiglie raccolte in estate e vengono puntualmente incollate su dei cartelloni e appesi al muro dall'insegnante, a quei tempi portavamo grappoli d'uva con tanto di pampini attaccati: il maestro attaccava le foglie e l'uva se la portava a casa per ricordo.
Buona vita!
maestrocastello
giovedì 1 giugno 2017
Vorresti sapere il futuro in anticipo?
Vi è una leggenda secondo la quale il bambino nel ventre della madre conosce tutto sul mistero della creazione, dall'origine del mondo fino alla fine dei tempi.
Alla nascita un messaggero passa sulla culla e gli posa un dito sulle labbra affinché non sveli mai il segreto che gli è stato affidato, il segreto della vita.
Questo dito appoggiato che cancella per sempre la memoria del bambino lascia un segno. Quel segno lo abbiamo tutti sul labbro superiore.
Non conoscere il futuro farà vivere più sereno il bambino che nutrirà sempre la fiducia in una vita migliore.
Il giorno in cui nacque un tale, il messaggero si dimenticò di fargli visita e ricordava tutto.
Quel tale che già conosceva il corso che avrebbe avuto la sua vita ebbe un'esistenza terribile.
Morale:
Questa è solo una leggenda, ma tu vorresti conoscere prima come si svolgerà la tua vita?
Buona vita!
Alla nascita un messaggero passa sulla culla e gli posa un dito sulle labbra affinché non sveli mai il segreto che gli è stato affidato, il segreto della vita.
Questo dito appoggiato che cancella per sempre la memoria del bambino lascia un segno. Quel segno lo abbiamo tutti sul labbro superiore.
Non conoscere il futuro farà vivere più sereno il bambino che nutrirà sempre la fiducia in una vita migliore.
Il giorno in cui nacque un tale, il messaggero si dimenticò di fargli visita e ricordava tutto.
Quel tale che già conosceva il corso che avrebbe avuto la sua vita ebbe un'esistenza terribile.
Morale:
Questa è solo una leggenda, ma tu vorresti conoscere prima come si svolgerà la tua vita?
Buona vita!
sabato 22 aprile 2017
Vecchi
Lasciammo
gli anziani
al paese
a custodire
il nostro passato.
Al ritorno
li ritrovammo
più vecchi
e
più stanchi
presenti
soltanto
col corpo,
ma non ci stavano più
con la mente
la fissità
dello sguardo
rivolto a una foto sbiadita
di un tempo lontano
che li ritraeva
veramente felici.
(Giovanni)
gli anziani
al paese
a custodire
il nostro passato.
Al ritorno
li ritrovammo
più vecchi
e
più stanchi
presenti
soltanto
col corpo,
ma non ci stavano più
con la mente
la fissità
dello sguardo
rivolto a una foto sbiadita
di un tempo lontano
che li ritraeva
veramente felici.
(Giovanni)
venerdì 31 marzo 2017
NOTTI INSONNI, BACI A COLAZIONE.
Questa sera nella libreria ai "Granai" di Roma, proprio difronte casa mia, accompagno le mie amiche Lara e sua figlia Ginevra alla presentazione del libro " Notti in bianco, baci a colazione", un libro ironico e struggente sulla magia di essere padre di Matteo Bussola che fa il fumettista di professione e il padre per passione. Alle diciotto in punto, noi tutti seduti in attesa, arrivano un baldo giovane, l'autore, con leggere sfumature di "cacio e pepe" nei paraggi delle orecchie e che ricordava Marco Ferradini; quelllo di " Prendi una donna, dille che l'ami, scrivile canzoni d'amore" ed un baldo giovane a suo fianco che si è presto svelato insegnante di scuola dell'infanzia, non di scuola materna; altrimenti s'incazza.
L'introduzione di Giovanni, l'insegnante, ha ribadito la stretta collaborazione della sua scuola con la libreria, il fatto grave che in Italia più del quaranta per cento non legge nemmeno un libro in un anno e che, stando così le cose, un libro così interessante come questo di Bussolla avrà probabilmente pochi lettori o non quelli che si meriterebbe; anche sé questa sera ai Granai eravamo in tanti.
L'autore, dal canto suo, ha esordito che il suo libro è frutto di un caso: la sua presenza su Facebook riservata a pochi intimi, la casualità di essere divenuto padre e la scelta di aver esercitato questa genetorialità in modo del tutto originale o come andrebbe affrontata in senso moderno.
L'autore racconta con molta naturalezza la sua vita quotidiana, che ha dovuto fare della scelte basilari riguardo alla sua vita e che il mestiere di padre non s'impara da nessuna parte. I figli divino verità sacrosante col loro linguaggio semplice, basta ascoltarli per imparare insegnando. Un mestiere, il padre, diverso da quello interpretato in passato, dove esistevamo ruoli ben precisi per uomini e per donne, per padri e per madri. Oggi essere padri è una sfida ed una conquista.
maestrocastello
sabato 18 marzo 2017
Lettera al mio papà
Lettera al mio papà.
Caro papà
Ti scrivo praticamente dopo trentasei anni che non stai più fra noi. Una volta non si faceva la festa del papà e non ti abbiamo mai fatto i lavoretti di scuola per la festa del papà. Veramente non c'era ancora neppure la festa della mamma, dei nonni, della donna o del fungo porcino. Comunque trovo giusto che si dia il giusto valore al ruolo che ha la figura della padre in una famiglia. Un tempo il papà era sempre via e la mamma era solita dire: " Questa sera quando arriva tuo padre!" Era in realtà una minaccia, ma il poverino tornava stanco dal lavoro dei campi e poteva un cristiano mettersi a pensare alla giusta punizione da affibbiare a suo figlio? Io, in verità, non ti ho visto molto in giro per casa; ma non ero uno stupido e capivo che dovevi essere parecchio stanco quando ritornavi la sera dal lavoro. Infatti ti capivo e ti scusavo, anche se ti avrei visto volentieri più accanto a me. Quando tornavi la sera eri distrutto dalla fatica, capirai un muratore che faceva chilometri a piedi per raggiungere le campagne dove c'era bisogno di un muratore!
M'è rimasto il ricordo di quando costruivamo assieme le casette del presepio co le scatole di cartone. Che ricordi! E quando ti mettevo la letterina sotto il piatto al pranzo di Natale? Rivedo ancora le tue lacrime
sgorgare sincere e la dieci lire che mi allungavi, pur sapendo quanto una semplice dieci lire sarebbe servita in casa.
Grazie papà per quello che mi hai dato e anche per quello che mi avresti voluto dare e non mi hai dato.
Ti voglio bene papà!
P.S. Ma dove sei ora, si festeggia la festa del papà?
Ti voglio bene!
maestrocastello
giovedì 9 marzo 2017
La semplicità.
LA SEMPLICITÀ
Che fine ha fatto la semplicità? Sembriamo tutti messi su un palcoscenico, e ci sentiamo tutti in dovere di dare spettacolo.
Le cose migliori nella vita sono le più vicine: il respiro nelle narici, la luce nei tuoi occhi, i fiori ai tuoi piedi, gli incarichi nelle tue mani, il sentiero del bene proprio davanti a te.
Una vita semplice è una vita meravigliosa. Scegliere di vivere in semplicità significa decidere consapevolmente di vivere con ciò di cui si ha bisogno, senza eccessi.
Oggi corriamo il rischio di essere sopraffatti dalle nostre stesse vite. Siamo costantemente bombardati da inviti a comprare, a fare sempre di più ed imparare di più.
Scegliere la semplicità non significa svilirsi, sminuire la propria esistenza e vivere in condizioni misere; ma eliminare la confusione e dare meno importanza a tanti beni materiali di cui non abbiamo nemmeno tutto questo bisogno.
È molto semplice essere felici, ma è molto difficile essere semplici dice il saggio. Scegliere la semplicità ha il grande vantaggio di eliminare il frastuono per cogliere appieno l’essenza della vita.
Una vita semplice porta una serie di vantaggi: scorre meno affannosa, ritaglia tempo per noi stessi, ci fa risparmiare spese che hanno il solo scopo di colmare le nostre insoddisfazioni per indirizzarle verso le nostre reali passioni.
La semplicità permette una vita più organizzata, meno incasinata; alimenta la nostra creatività e ci permette di apprezzare la bellezza senza tempo nella natura e nella gente; ci permette una vita più semplice e certamente più autentica.
"Ho buttato via la mia tazza quando ho visto un bambino bere con le mani direttamente dalla fonte" diceva Diogene.
Buona vita!
maestrocastellomartedì 7 marzo 2017
8 marzo: meno mimose e più rispetto.
MENO MIMOSE E PIÙ RISPETTO!
Ogni anno arriva l'otto marzo e ogni otto marzo ci ricordiamo che esistono anche le donne. Non sono contrario totalmente a questa ricorrenza che, se non altro, rappresenta un'occasione di riflessione sociale sulla condizione della donna; mi urta solo tutta la retorica che si fa puntualmente sulle donne e sembra che tutto possa risolversi facendo gli auguri su Facebook o regalando un mazzetto di mimose che, fra l'altro, mandano anche cattivo odore in casa dopo qualche giorno.
Quando smetteremo di festeggiare l'otto marzo, diceva qualcuno, sarà un gran giorno; vorrà dire che avremo raggiunto la consapevolezza del valore che merita la donna in seno alla nostra società.
Nasciamo diversi, uomini e donne, ed è giusto che conserviamo ciascuno le proprie caratteristiche di genere. Sensibilità, grazia e fascino da una parte ed energia, prestanza fisica e abitudine alla fatica dall'altra.
Nessuno deve sentirsi superiore all'altro.
Queste distinte caratteristiche di genere proprio per la loro diversità, rappresentano un fattore di equilibrio ed armonia in seno alla nostra società.
Ma se esistono a tutt'oggi vistose disparità di genere, ci sarà un motivo e dipende solo da noi. Dobbiamo impegnarci tutti a costruire una società più giusta e ciò è possibile con un diverso comportamento; solo così sarà possibile avere una società dove :
- anche una donna abbia diritto ad inseguire i suoi sogni e le proprie idealità come l'uomo.
- una società dove una donna possa ottenere un lavoro per le proprie competenze e non per le tette.
- dove una donna possa uscire di sera senza la guardia del corpo.
- dove una donna sia libera di interrompere una relazione amorosa senza la paura di finire ammazzata.
e mi fermo qui
Un consiglio per questo otto marzo?
MENO MIMOSE E PIÙ RISPETTO!
Buona vita a tutte le donne!
Ogni anno arriva l'otto marzo e ogni otto marzo ci ricordiamo che esistono anche le donne. Non sono contrario totalmente a questa ricorrenza che, se non altro, rappresenta un'occasione di riflessione sociale sulla condizione della donna; mi urta solo tutta la retorica che si fa puntualmente sulle donne e sembra che tutto possa risolversi facendo gli auguri su Facebook o regalando un mazzetto di mimose che, fra l'altro, mandano anche cattivo odore in casa dopo qualche giorno.
Quando smetteremo di festeggiare l'otto marzo, diceva qualcuno, sarà un gran giorno; vorrà dire che avremo raggiunto la consapevolezza del valore che merita la donna in seno alla nostra società.
Nasciamo diversi, uomini e donne, ed è giusto che conserviamo ciascuno le proprie caratteristiche di genere. Sensibilità, grazia e fascino da una parte ed energia, prestanza fisica e abitudine alla fatica dall'altra.
Nessuno deve sentirsi superiore all'altro.
Queste distinte caratteristiche di genere proprio per la loro diversità, rappresentano un fattore di equilibrio ed armonia in seno alla nostra società.
Ma se esistono a tutt'oggi vistose disparità di genere, ci sarà un motivo e dipende solo da noi. Dobbiamo impegnarci tutti a costruire una società più giusta e ciò è possibile con un diverso comportamento; solo così sarà possibile avere una società dove :
- anche una donna abbia diritto ad inseguire i suoi sogni e le proprie idealità come l'uomo.
- una società dove una donna possa ottenere un lavoro per le proprie competenze e non per le tette.
- dove una donna possa uscire di sera senza la guardia del corpo.
- dove una donna sia libera di interrompere una relazione amorosa senza la paura di finire ammazzata.
e mi fermo qui
Un consiglio per questo otto marzo?
MENO MIMOSE E PIÙ RISPETTO!
Buona vita a tutte le donne!
lunedì 20 febbraio 2017
Un sogno.
La storia di oggi racconta di un sogno fatto da una donna.
"Passeggiavo sola alla periferia di una grande città, lungo vie sudice e fangose, tra file e file case miserevoli. Non sapevo dov'ero, ma mi piaceva proseguire alla ventura. Mi avviai lungo una strada coperta di fango che passava sopra una cloaca aperta. Continuai a camminare tra due file di catapecchie finché giunsi ad un piccolo fiume oltre il quale si stendeva una strada selciata. Era un bel fiume limpido che scorreva sopra l'erba. Vedevo i fili d'erba muoversi sul fondo. Poiché non v'erano ponti, mi recai in una casa vicina e chiesi dove avrei potuto procurarmi una barca. L'uomo che mi accolse si offerse di aiutarmi ad attraversare il fiume. Portò fuori una cassetta di legno che depose sulla riva del fiume e subito vidi che con quella cassetta mi sarebbe stato facile saltare sull'altra sponda. Compresi che ogni pericolo era passato e desiderai ricompensare lautamente l'uomo.
Nessuno mi aveva costretta a prendere la strada del fiume e avrei potuto benissimo prendere una strada selciata. Mi ero recata in quello squallido quartiere per puro spirito d'avventura e, una volta cominciato, dovevo proseguire.
Se non avessi rischiato, prendendo la strada comoda e selciata; non avrei incontrato quel limpido fiume e non avrei imparato a superare le difficoltà del suo attraversamento."
MORALE
Solo chi lascia la comoda e sicura strada della normalità ed ha il coraggio di attraversare strade incerte e fangose; potrà arrivare al fiume del successo della vita.
BUONA VITA!
domenica 5 febbraio 2017
CEDI LA STRADA AGLI ALBERI
Metto una poesia da "CEDI LA STRADA AGLI ALBERI" di Franco Arminio, maestro elementare, poeta e scrittore di Bisaccia (AV).
Lettera ai ragazzi del Sud.
Cari ragazzi,
abitate da poco una terra antica,
dipinta con le tibie di albe greche,
col sangue di chi è morto in Russia, in Albania.
Avete dentro il sangue il freddo delle navi
che andavano in America,
le grigie mattine svizzere dentro le baracche.
Era la terra dei cafoni e dei galantuomini,
coppole e mantelle nere,
era il Sud dell’osso, era un uovo, un pugno di farina,
un pezzo di lardo.
Ora è una scena dissanguata,
ora ognuno è fabbro della sua solitudine
e per stare in compagnia si è costretti a bere
nelle crepe che si sono aperte tra una strada e l’altra,
tra una faccia e l’altra.
Tutto è spaccato, squarciato, separato.
Sentiamo l’indifferenza degli altri
e l’inimicizia di noi stessi.
Uscite, contestate con durezza
i ladri del vostro futuro:
sono qui e a Milano e a Francoforte,
guardateli bene e fategli sentire il vostro disprezzo.
Siate dolci con i deboli, feroci con i potenti.
Uscite e ammirate i vostri paesaggi,
prendetevi le albe, non solo il far tardi.
Vivere è un mestiere difficile a tutte le età,
ma voi siete in un punto del mondo
in cui il dolore più facilmente si fa arte,
e allora suonate, cantate, scrivete, fotografate.
Non lo fate per darvi arie creative,
fatelo perché siete la prua del mondo:
davanti a voi non c’è nessuno.
Il Sud italiano è un inganno e un prodigio.
Lasciate gli inganni ai mestieranti della vita piccola.
Pensate che la vita è colossale.
Siate i ragazzi e le ragazze del prodigio.
(Franco Arminio)
Lettera ai ragazzi del Sud.
Cari ragazzi,
abitate da poco una terra antica,
dipinta con le tibie di albe greche,
col sangue di chi è morto in Russia, in Albania.
Avete dentro il sangue il freddo delle navi
che andavano in America,
le grigie mattine svizzere dentro le baracche.
Era la terra dei cafoni e dei galantuomini,
coppole e mantelle nere,
era il Sud dell’osso, era un uovo, un pugno di farina,
un pezzo di lardo.
Ora è una scena dissanguata,
ora ognuno è fabbro della sua solitudine
e per stare in compagnia si è costretti a bere
nelle crepe che si sono aperte tra una strada e l’altra,
tra una faccia e l’altra.
Tutto è spaccato, squarciato, separato.
Sentiamo l’indifferenza degli altri
e l’inimicizia di noi stessi.
Uscite, contestate con durezza
i ladri del vostro futuro:
sono qui e a Milano e a Francoforte,
guardateli bene e fategli sentire il vostro disprezzo.
Siate dolci con i deboli, feroci con i potenti.
Uscite e ammirate i vostri paesaggi,
prendetevi le albe, non solo il far tardi.
Vivere è un mestiere difficile a tutte le età,
ma voi siete in un punto del mondo
in cui il dolore più facilmente si fa arte,
e allora suonate, cantate, scrivete, fotografate.
Non lo fate per darvi arie creative,
fatelo perché siete la prua del mondo:
davanti a voi non c’è nessuno.
Il Sud italiano è un inganno e un prodigio.
Lasciate gli inganni ai mestieranti della vita piccola.
Pensate che la vita è colossale.
Siate i ragazzi e le ragazze del prodigio.
(Franco Arminio)
lunedì 23 gennaio 2017
Il batticuore di tutti.
La neve che copre paesi crollati sotto il terremoto ti mette l'animo in subbuglio e ti senti impotente, perché sai che il tuo messaggino da due euro, da solo, non risolverà un bel nulla. Il tuo battito del cuore deve diventare il batticuore di tutti, come in questi giorni che ci ha visti tutti incollati al televisore, in ansia a tirar vive le persone sotto metri di neve. Passerà la neve, passeranno le scosse e tutto tornerà come prima, questa è la mia sensazione. Momenti come questi non dovrebbero restare solo occasioni di tipo mediatico. Di governo ad Amatrice ne abbiamo visto anche troppo e la sola presenza fisica serve a poco, mi aspetterei un cambiamento di linea governativa. Non bisogna permettere alle varie forze politiche di strumentalizzare il dolore di queste popolazioni a proprio vantaggio. Va velocizzata la burocrazia, organizzati gare d'appalto sicure per permettere la ricostruzione delle case, la ripresa delle attività commerciali; la gente c'è, ma manca tutto il resto. Il governo deve dare segnali di cambiamento e non sarebbe male un consiglio dei ministri ad Amatrice. Ma attenti ad imputare tutte le colpe ai governi, ricordiamo che ci vuole più rispetto per l'uomo e più rispetto per la natura, in quanto l'Italia è come una sedia rotta su cui sono seduti i paesi.
Buona vita!
mercoledì 18 gennaio 2017
Di FRANCO ARMINIO
Noi possiamo ancora avere il divino nelle nostre vite. Per avere il divino bisogna essere fragili, bisogna essere umili, bisogna sentirsi in pericolo. Senza pericolo il divino non ci soccorre, e noi siamo costretti a istigarci a un perenne volere. Oggi, in questo mondo difficile a furia di essere comodo, ci vuole una vita semplice, una vita esposta, E ci vuole che ognuno trovi la sua preghiera. Pregare prima di fare l'amore è bellissimo, è bellissimo pregare prima di uscire per strada, pregare prima del sonno, pregare prima di mangiare. La vita senza cerimonie è una vita sgarbata, una colluttazione col tempo che passa, è una vita ambiziosa, furba, e alla fine cieca. Prendiamo questa epoca e riempiamola di preghiere, cantiamola questa epoca, non accontentiamoci dello sdegno, del rancore, prendiamoci cura di essere devoti, di sapere le cose dei nostri luoghi, di avere buone memorie. Possiamo fare bene ogni mestiere se ci arrendiamo, se lasciamo ogni arroganza. Ci basta lavorare, ci basta guardare le creature e le cose del mondo. Dio oggi può essere semplicemente la clemenza e l'attenzione, Dio entra nelle nostre poesie, nelle nostre preoccupazioni, nei baci, nelle lacrime, Dio è quando siamo quello che siamo e camminiamo sereni: tutto quello che ci può accadere sembra una grazia, e quando questa grazia ci lascia noi torniamo a lavorare, andiamo avanti senza lagne, ma con desiderio di ringraziare, sapendo che la vita che facciamo noi è una piccola parte della vita universale, la grande parte della vita la fanno gli altri, il bene e il male ci toccano raramente, e quando non ci toccano restiamo attenti, guardiamo con dolcezza il bene e il male degli altri.
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sabato 14 gennaio 2017
lettera a mia moglie.
OGGI SEI DIVENTATA UNA STELLA!
Caro amore mio,
insegnammo ai nostri figli che "si nasce, si vive e si muore" e questa lezione fatta di parole allora ci sembrava perfetta, ma oggi che la stessa la devo fare a me stesso; la trovo crudele.
Vivo nell'incredulità ed è difficile accettare che tutto sia finito in un baleno. Dove sono finiti i nostri risvegli del mattino a raccontarci i sogni fatti durante la notte? Dov'è Il tuo bisogno impellente di far presto la prima colazione o la mia abitudine a strapparti il sorriso di primo mattino con una battuta di spirito, per iniziare ridendo le nostre giornate?
Tutto questo e tant'altro ora mi manca di te.
Manchi a me e manchi ai nostri figli e dobbiamo farcene una ragione. Beatrice dice che sei divenuta una stella e che ti si può vedere in cielo di sera. Dovremmo essere anche noi dei bambini per poter giustificare le assenze, ma purtroppo questo non è possibile.
In casa tutto parla di te ed è tutto come tu l'hai lasciato: i tuoi abiti, il tuo giaccone appena comprato che ti facevi scrupolo di aver speso troppo, i mille tuoi orecchini di tutti i tipi e gli occhiali da vista che avevi in ogni stanza.
Evito di pensare che te ne sei andata, ma è dura. Con Ilaria teniamo aperto il tuo profilo su facebook, dove appari comunque sempre sorridente, che è poi la tua caratteristica personale di sempre; anche quando avevi dei problemi e non ce lo davi a vedere.
Il tuo sorriso è vincente, perché ci impedisce di far posto alla tristezza e questo le tante tue amicizie lo apprezzano molto.
Insomma, manchi a tante persone, non solo alla tua famiglia e te ne renderesti conto tu stessa, se andassi a dare un'occhiata sul profilo Giovanna Viola Poltronieri.
Manchi alle persone di famiglia, manchi al tuo fratellone, manchi alle amiche del cuore, manchi alle colleghe di scuola, alle cognate-amiche, come alle amiche del mare, a quelle dei gruppi santagatesi, a quelle di quando facevi terapia a Velletri, alle amiche di Ilaria divenute per riflesso tue amiche, ai tanti amici di Ivan, al tuo parrucchiere, a Karim e a tutti quelli che hanno varcato, a vario titolo, la soglia di casa nostra, a Roma e al mare, che ti hanno preso subito in simpatia; insomma, manchi ad un sacco di gente!
Ma manchi soprattutto a noi tre!
Specialmente la sera..... che momenti tristi!
Hai tanto aspettato la nascita della nipotina Anita e il 30 dicembre è venuta al mondo col nome di Anita Giovanna, Giovanna proprio in tuo onore, per l'amore che Andrea a Martina nutrivano e nutrono al tuo riguardo.
Amore mio, abbiamo vissuto un amore lungo una vita, abbiamo tanto costruito, compenetrato le nostre vite che alla fine vivevamo in simbiosi l'uno con l'altra e proprio per questo è più dura per me e mi attanaglia un dolore silenzioso che lancina dentro, ma faccio sforzi perché tu mi vorresti e ci vorresti sorridenti e sereni. Siamo fermi alle tue battute, a come avresti reagito tu nelle varie occasioni della giornata e sorridiamo per quanto è possibile e per quanto ce la facciamo.
Ilaria, Ivan ed io siamo ancora increduli e ci facciamo forza l'un l'altro, convivendo col nostro dolore, pur necessario; ma che dobbiamo elaborare col tempo.
Ora ci sentiamo più uniti in un'amore che tu ci hai trasmesso e che dobbiamo trasmettere alle adorate nipotine e a chi ci vive accanto.
Ogni giorno dico le mie preghiere invocando il Cielo che ti accolga benevolo fra le sue braccia, dove io ti possa pensare serena e scevra di stanchezza fisica e dei tanti dolori che ti affliggevano fino alla sera del fatidico Natale.
Oggi spargevo le tue ceneri e ti pensavo nel vento, non più accanto a me, abbracciata a me; ma in viaggio chissà dove nel firmamento.
Rimarrai comunque fissa nel mio cuore!
Infatti prego Dio che ci aiuti a sopportare la tua assenza e trasferire il tuo ricordo dalla mente ai nostri cuori, dove ti custodiremo per sempre e ti tempesteremo di dolcezze.
Ho ancora nella mente l'ultimo ricordo tenero della sera di Natale, dopo che se n'erano andati tutti, ti chiamai per mostrarti il castello che Ilaria aveva regalato alle nipotine : Beatrice aveva messo a dormire al suo interno tutte le bambole in circolo, ciascuna con la sua copertina. Tu sorridevi con me, mentre scattavo tante foto. Voglio rimanere con la mente a quel dolce ricordo e fallo anche tu, amore mio, se ne hai facoltà.
Continuerò ad amarti fino a che avrò vita.
Ti amo e continueremo ad amarti tutti, su questo non devi mai avere dubbi, sei radicata nelle nostre vite e lì vivrai sempre.
Ciao, stella lucente che illumini la sera, continuerai dall'alto ad illuminare le nostre vite!
Giovanni,
Ilaria e Daniele,
Ivan con Agnese, Marta e Beatrice
e tutti quelli che ti hanno voluto bene
Caro amore mio,
insegnammo ai nostri figli che "si nasce, si vive e si muore" e questa lezione fatta di parole allora ci sembrava perfetta, ma oggi che la stessa la devo fare a me stesso; la trovo crudele.
Vivo nell'incredulità ed è difficile accettare che tutto sia finito in un baleno. Dove sono finiti i nostri risvegli del mattino a raccontarci i sogni fatti durante la notte? Dov'è Il tuo bisogno impellente di far presto la prima colazione o la mia abitudine a strapparti il sorriso di primo mattino con una battuta di spirito, per iniziare ridendo le nostre giornate?
Tutto questo e tant'altro ora mi manca di te.
Manchi a me e manchi ai nostri figli e dobbiamo farcene una ragione. Beatrice dice che sei divenuta una stella e che ti si può vedere in cielo di sera. Dovremmo essere anche noi dei bambini per poter giustificare le assenze, ma purtroppo questo non è possibile.
In casa tutto parla di te ed è tutto come tu l'hai lasciato: i tuoi abiti, il tuo giaccone appena comprato che ti facevi scrupolo di aver speso troppo, i mille tuoi orecchini di tutti i tipi e gli occhiali da vista che avevi in ogni stanza.
Evito di pensare che te ne sei andata, ma è dura. Con Ilaria teniamo aperto il tuo profilo su facebook, dove appari comunque sempre sorridente, che è poi la tua caratteristica personale di sempre; anche quando avevi dei problemi e non ce lo davi a vedere.
Il tuo sorriso è vincente, perché ci impedisce di far posto alla tristezza e questo le tante tue amicizie lo apprezzano molto.
Insomma, manchi a tante persone, non solo alla tua famiglia e te ne renderesti conto tu stessa, se andassi a dare un'occhiata sul profilo Giovanna Viola Poltronieri.
Manchi alle persone di famiglia, manchi al tuo fratellone, manchi alle amiche del cuore, manchi alle colleghe di scuola, alle cognate-amiche, come alle amiche del mare, a quelle dei gruppi santagatesi, a quelle di quando facevi terapia a Velletri, alle amiche di Ilaria divenute per riflesso tue amiche, ai tanti amici di Ivan, al tuo parrucchiere, a Karim e a tutti quelli che hanno varcato, a vario titolo, la soglia di casa nostra, a Roma e al mare, che ti hanno preso subito in simpatia; insomma, manchi ad un sacco di gente!
Ma manchi soprattutto a noi tre!
Specialmente la sera..... che momenti tristi!
Hai tanto aspettato la nascita della nipotina Anita e il 30 dicembre è venuta al mondo col nome di Anita Giovanna, Giovanna proprio in tuo onore, per l'amore che Andrea a Martina nutrivano e nutrono al tuo riguardo.
Amore mio, abbiamo vissuto un amore lungo una vita, abbiamo tanto costruito, compenetrato le nostre vite che alla fine vivevamo in simbiosi l'uno con l'altra e proprio per questo è più dura per me e mi attanaglia un dolore silenzioso che lancina dentro, ma faccio sforzi perché tu mi vorresti e ci vorresti sorridenti e sereni. Siamo fermi alle tue battute, a come avresti reagito tu nelle varie occasioni della giornata e sorridiamo per quanto è possibile e per quanto ce la facciamo.
Ilaria, Ivan ed io siamo ancora increduli e ci facciamo forza l'un l'altro, convivendo col nostro dolore, pur necessario; ma che dobbiamo elaborare col tempo.
Ora ci sentiamo più uniti in un'amore che tu ci hai trasmesso e che dobbiamo trasmettere alle adorate nipotine e a chi ci vive accanto.
Ogni giorno dico le mie preghiere invocando il Cielo che ti accolga benevolo fra le sue braccia, dove io ti possa pensare serena e scevra di stanchezza fisica e dei tanti dolori che ti affliggevano fino alla sera del fatidico Natale.
Oggi spargevo le tue ceneri e ti pensavo nel vento, non più accanto a me, abbracciata a me; ma in viaggio chissà dove nel firmamento.
Rimarrai comunque fissa nel mio cuore!
Infatti prego Dio che ci aiuti a sopportare la tua assenza e trasferire il tuo ricordo dalla mente ai nostri cuori, dove ti custodiremo per sempre e ti tempesteremo di dolcezze.
Ho ancora nella mente l'ultimo ricordo tenero della sera di Natale, dopo che se n'erano andati tutti, ti chiamai per mostrarti il castello che Ilaria aveva regalato alle nipotine : Beatrice aveva messo a dormire al suo interno tutte le bambole in circolo, ciascuna con la sua copertina. Tu sorridevi con me, mentre scattavo tante foto. Voglio rimanere con la mente a quel dolce ricordo e fallo anche tu, amore mio, se ne hai facoltà.
Continuerò ad amarti fino a che avrò vita.
Ti amo e continueremo ad amarti tutti, su questo non devi mai avere dubbi, sei radicata nelle nostre vite e lì vivrai sempre.
Ciao, stella lucente che illumini la sera, continuerai dall'alto ad illuminare le nostre vite!
Giovanni,
Ilaria e Daniele,
Ivan con Agnese, Marta e Beatrice
e tutti quelli che ti hanno voluto bene
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