lunedì 1 marzo 2010

Cristo si è fermato a Rosarno.


“Sono passati molti anni, pieni di guerra, e di quello che si usa chiamare la Storia.” Così apre il capolavoro di Carlo Levi “Cristo si è fermato a Eboli”. L’autore che si trova lontano dalla sua terra e dai suoi contadini pensa alla promessa fatta loro e non ancora mantenuta di far ritorno a “quell’altro mondo, serrato nel dolore e negli usi, negato alla Storia e allo Stato, eternamente paziente; a quella mia terra senza conforto e dolcezza, dove il contadino vive nella miseria e nella lontananza, la sua immobile civiltà, su un suolo arido, nella presenza della morte.” Così scriveva Levi ed era il 1945. Son passati tanti anni e quei contadini hanno, da tempo, passato il testimone ad altri che figurano ufficialmente come braccianti, con tanto di marchette, per un lavoro svolto in reltà da immigrati nordafricani, che raccolgono ortaggi tutto il santo giorno per pochi euro di salario e che si adattano a vivere come bestie in posti di fortuna Alla luce dei fatti calabresi di gennaio, mi verrebbe di modificare il titolo al libro di Levi “Cristo si è fermato a Rosarno”. Naturalmente Rosarno è stata solo la punta di un iceberg, perché i braccianti neri di Rosarno sono i parenti stretti delle migliaia di braccianti che vivono nelle stesse condizioni in Sicilia, nella Calabria settentrionale, in Basilicata, in Campania, in Puglia, in Molise ed anche al nord della penisola, sotto forma di bassa manovalanza. La forza lavoro di questi “nuovi schiavi” è ben accetta solo se invisibile, a patto di sparire quando non si ha più bisogno. Ci mangia sopra l’imprenditore, il caporale, il camorrista e perfino chi gli affitta una latrina come posto per dormire. Mi viene facile paragonare i contadini di Eboli ai nostri immigrati neri che proprio oggi, primo marzo, sono scesi in piazza per chiedere il rispetto dei diritti umani. Sentite come calza bene agli immigrati l’abito che Levi aveva confezionato per i suoi contadini “Noi non siamo cristiani – essi dicono – Cristo si è fermato a Eboli - . Cristiano vuol dire, nel loro linguaggio, uomo…. Noi non siamo cristiani, non siamo uomini, non siamo considerati come uomini, ma bestie, bestie da soma, e ancora meno che le bestie, i fruschi, i frusculicchi che vivono la loro libera vita diabolica e angelica, perché noi dobbiamo invece subire il mondo dei cristiani, che sono di là dall’orizzonte, e sopportarne il peso ed il confronto”. Faccio una naturale riflessione: se loro sono le bestie ed ancor meno; chi sono i cristiani o gli uomini in questione? Noi, forse? Se la smettessimo di vedere nemici dappertutto e pensassimo che si è sempre lo straniero di qualcuno; forse apriremmo uno spiraglio all’accoglienza e alla reale tolleranza.
Buona vita!
maestrocastello.

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