Da “Ricordi di scuola “
di Giovanni Mosca
Il giardino incantato.
- Una madonnella - disse Maria
- Una coccinella - corresse il ragazzo di terza
- No, una madonnella - dissi anch’io - me la regali?
- Trovatela, io questa la porto al maestro che ce la spiega. Giulio ha trovato una pietra focaia.
- Stava in mezzo alla ghiaia - fa Giulio
- Davvero?
- L’ho trovata in mezzo alla ghiaia - disse un ragazzo di quarta - a casa ci faccio le scintille.
E tornarono a giocare con la terra. Facevano castelli, vulcani; anzi vesuvi, come dicono i bambini,
Rimanemmo soli io e Maria, tenendoci per mano.
- Tu torni qui, domenica?
- Non so se la mamma mi ci condurrà, e tu?
- Neanch’io
- Avresti paura a rimanere qui, di notte? Ecco una stella, la vedi?
- Chi le accende?
- Iddio! Una compagna mi ha detto che una volta è salita sopra una montagna alta alta, dove si possono toccare.
- Non bruciano?
- No, perché non è come la luce delle candele. Se io guardo le stelle e tu mi guardi gli occhi, le vedi ugualmente.
- Alzò il capo e guardò le stelle.
- Guardami gli occhi.
Si vedeva un luccichio dentro.
- Anche nei miei si vedono?
Mi guardò gli occhi:
- Tante - disse - se li chiudi, spariscono.
- Rimaniamo così, tanto tempo, ad occhi aperti: ce li riempiamo di stelle.
E cominciammo a guardarle tenendoci per mano, fissi, e anche il cuore si riempiva di luce, di una luce che invano, da grandi, si cerca, ma l’incanto finì.
- Maria! Giovanni! Dove siete? È tardi!
Vennero le mamme.
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