martedì 31 maggio 2011

Chi semina odio, raccoglie tempesta!



Nemmeno il salotto buono di Vespa ha salvato, questa volta, Silvio Berlusconi, colui che osa paragonarsi  a Leonardo da Vinci e che si  riconosce come unici difetti l´eccesso di bontà, gentilezza, disponibilità, eleganza, genio, coraggio, forza, impegno e generosità e che rivela  di ricevere «duemila lettere di ammiratori al giorno»; proprio come  una diva di Hollywood. Questa seconda tornata elettorale ha segnato per lui una vera e propria debacle e le ingiurie contro l’avversario politico  si sono rivelate un boomerang. “Chi vota a sinistra è senza cervello” oppure “quelli di sinistra non si lavano”, “abbiamo  quasi una dittatura dei giudici della sinistra” e farneticazioni del genere  sono la dimostrazione che l’offesa come arma politica non paga. Ha voglia Giorgio Napolitano a predicare di abbassare i toni che tanto viene sempre fuori l’istinto del Caimano, il suo assalto maligno che cerca di ribaltare  situazioni ormai compromesse. E quando un populista che puntava tutto sul grande consenso si accorge di perdere credito, che fa?  Insulta il popolo! Berlusconi, a mio avviso,  ha commesso il medesimo errore dei suoi avversari; ha usato l’arma del discredito e non quella della proposta politica, necessaria a tirar fuori il Paese dalla crisi. Se in un Paese come il nostro, l’astensionismo è arrivato al 30 per cento, resta un settanta per cento che va a votare e la maggioranza, a questo punto, è poco più del 35 per cento. Già non potresti dire che hai la maggioranza degli italiani, ma quando perdi anche quella; vuol dire che sei alla frutta! Ma Silvio è un duro, lui va avanti comunque sulla strada delle riforme “su misura” e non si accorge che ha contribuito ad una crescita della Lega Nord spropositata che ora non riesce più a controllare. Si sta soltanto creando una trincea per resistere più a lungo possibile al governo,  ai suoi affari, circondato da una maggioranza di ricattatori e ricattati. Questa sconfitta è tanto più grave, perché rimediata da un’opposizione praticamente inesistente, che riesce solo a fare il solletico e non affonda mai il colpo. Sveglia, Silvio!  Chi ha perso la fiducia nella politica, non va più a votare e degli  restanti elettori, sembra che non sei più il preferito. Bada che la favoletta dei comunisti, non funziona più e sarà forse il caso di pensare un po’ più alla gente comune e meno a te stesso.                                                                                                          


Buona vita!  maestrocastello

lunedì 30 maggio 2011

“Lettera 22”, addio!


Quanti di voi non hanno pigiato almeno una volta sulla tastiera di una macchina da scrivere? Più o meno l’abbiamo fatto tutti, magari su un  vecchio cimelio  che stava in bella mostra nelle nostre case fino a qualche decennio fa. Molti l’hanno sostituita con il computer, senza rimpianti ed altri, invece, sono rimasti fedeli al vecchio strumento che riporta alla mente vecchi ricordi di gioventù. A casa mia avevamo una Remigton, regalataci da uno zio paterno e questa, poverina,  subiva le intemperanze di principianti come me e i miei fratelli;  la usavamo più che altro per giocare. Quando ho copiato la tesi di laurea ne ho avuto una a disposizione tutta per me. Era la mitica “lettera 22” della Olivetti, per intenderci, quella stessa con cui Montanelli ha scritto i suoi pezzi per una vita. Mi piaceva quel dolce ticchettio che facevano i tasti quando incontravano il foglio disteso sul rullo, l’odore d’inchiostro che emanava il nastro mentre si srotolava e, meraviglia,  il dling che ti segnalava la necessità di andare a capo era addirittura una musica.. E quando avevi memorizzato bene la posizione delle varie lettere e ti accorgevi che andavi sciolto e veloce; era come stare sopra una donna e farci l’amore. La macchina da scrivere è ormai un ricordo, un cimelio per nostalgici. Tant’è vero che l’ultima fabbrica ancora funzionante, in India, ha ora dichiarato la resa ed ha chiuso i battenti. La sua epoca è finita e non sapremo mai se era più giusto dire macchina da scrivere o macchina per scrivere. Una storia durata 150 anni, ma gloriosa: non si contano le fotografie dei maggiori scrittori del secolo scorso intenti a battere sui tasti neri o anneriti di una Olivetti, di una Remington o di una Underwood, come  Ernst Hemigway,Indro Montanelli, Pier Paolo Pasolini, Oriana Fallaci. Non mancano altri scrittori che tutt’ora continuano imperterriti a scrivere i loro capolavori, usando ancora una macchina da scrivere, come Alberto Arbasino, Raffaele La Capria, Gillo Dorfles, Sebastiano Vassalli e Guido Ceronetti. E’ la fine di un’epoca fatta di segretarie e di ticchettii metallici, di carta carbone e di nastrini bicolore che sporcavano le dita. Ora si risveglierà la passione dei collezionisti, unita al brivido per la speculazione e quei vecchi cimeli che non usa più nessuno diventeranno oggetto da mercato, con valutazione in crescita. I moderni programmi di videoscrittura ci avranno pure affrancato dalla necessità di complicate correzioni con il bianchetto, sostituite dal tasto “canc”; ma rimpiangeremo pur sempre la vecchia macchina da scrivere, il suo contatto fisico; la sua musicalità. In questi anni quanti oggetti sono finiti in soffitta: dal telefono a disco al mangianastri a valigetta, dal Walkman alla stampante ad aghi, dalla radiolina a transistor al televosore con tubo catodico; ma la “lettera 22”, quella, avrà  sempre un posto preferito nel cantuccio dei miei ricordi.

Buona vita!  maestrocastello

giovedì 26 maggio 2011

L’Ostiense, una via che trasuda di storia.


Porta San paolo e la Piramide Cestia.

La prima giornata del seminario sulla via Ostiense ha visto la presenza nutrita di professori, studenti, addetti ai lavori e ad anche profani come me che avevano semplicemente la voglia di saperne di più di una strada che percorrono settimanalmente in modo distratto. E’ stato bello vedere tanta gioventù interessata alle cose del passato,  un modo per coniugare futuro e passato, senza tralasciare una riflessione sulle difficoltà gestionali  del presente. Tutti alquanto interessanti gli interventi delle giovani relatrici, ma ho gradito di più chi  staccava gli occhi dal foglio dattiloscritto per chiosare il discorso storico-tecnico con contributi personali.  Interessanti le notizie sulla funzione difensiva delle mura che portavano  dalla basilica a Porta San Paolo e che  Roma  era praticamente inattaccabile. Mai nessuno è riuscito a varcare le sue mura,  se non previa  complicità di qualche nobile traditore.  Ho gradito l’intervento dell'antropologa francese, prof.ssa Martine Boiteux dell'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi  che ha parlato della peste  scoppiata a Roma nel 1656; lei ha simpaticamente illustrato la situazione di emergenza del tempo. All’Isola Tiberina avevano allestito una specie di lazzaretto ed i morti venivano trasportati alla basilica di San Paolo Fuori le Mura per via fluviale, per essere poi sepolti. Tra Ghetto, Trastevere e quartieri limitrofi, morirono quindicimila romani. Strano destino quello della basilica di San Paolo, un tempo ospitò i morti di peste ed oggi gli zingari sfollati dal sindaco Alemanno. Ma una cosa basilare ho capito: il patrimonio storico-artistico va comunque  fruito, anche a discapito della sua tutela; altrimenti è come avere in casa un salotto buono e non farci sedere nessuno. La redazione di Uniroma Tv ha gentilmente realizzato il contributo visivo sulla prima giornata che allego al  post. Comunque le emozioni non sono finite, perché sabato 28 maggio (ore 9,30) si replica ad Architettura di Roma Tre ed alle 14,00 ci sarà il giro alle ex officine dell’Ostiense e questo è reso possibile, grazie all'impegno e alla passione dei ragazzi di Officina Archeologica di Roma.
Buona vita! maestrocastello



mercoledì 25 maggio 2011

Cementificare è peccato!



Rinvenimento della villa di epoca romana al quartiere Ardeatino a Roma.
Se Dante Alighieri fosse stato nostro contemporaneo, non si sarebbe fermato sicuramente ai  nove gironi  che compongono il suo Inferno. Dopo ipocriti, falsari e fraudolenti avrebbe sicuramente creato una bolgia  apposita  per certi peccatori moderni,  i  “palazzinari”. Palazzinaro è un termine gergale del dialetto romanesco con cui si indicano, in modo dispregiativo, imprenditori edili o del settore immobiliare, arricchitisi grazie alla speculazione edilizia. Simona Marchini, figlia lei stessa di un palazzinaro romano degli anni cinquanta, li chiama ironicamente “razza cafona” e “razza marpiona”. Questi signori senza scrupolo hanno costruito veri e propri imperi, edificando città ed interi quartieri anche in zone sottoposte a vincoli di varia natura. Il loro passepartout ideale si chiama “mazzetta”, con cui hanno aperto tutte le porte, colloquiando da sempre con politici corrotti di ogni tempo. Fino agli anni ottanta, i palazzinari avevano bisogno di ungere i politici di turno per ottenere appalti o modiche di leggi in materia edilizia; poi hanno pensato bene di entrare essi stessi in politica ed ora votano direttamente  leggi di comodo, in quanto siedono su scranni di camera e senato. Proprio uno di loro, attualmente,  occupa la poltrona più importante, dopo aver edificato Milano Due e Milano Tre nei decenni trascorsi. Quando si dice che bisogna investire nel mattone! Da circa ventisette anni abito al quartiere Ardeatino, una zona verde di Roma che è proprio a ridosso delle Tre Fontane-Eur e ci vivo benissimo. Quando prendemmo confidenza col nostro nuovo quartiere,   a mia moglie ed a me stesso,  sembrava impossibile che a due passi dal centro di Roma potesse esserci tanto verde e ci abitavamo proprio noi, coi nostri due figlioli di tre e cinque anni. Qui non costruiranno mai, dicevamo. Niente di più falso.  Da quel lontano “84 è iniziata un’ opera  massiccia di cementificazione e una lenta scomparsa delle tante zone verdi esistenti. Il quartiere sta mutando l’aspetto idilliaco di un tempo, anche se capisco l’utilità di negozi, centri commerciali e il bisogno di una viabilità efficiente. Da qualche anno è in piedi un progetto urbanistico ambizioso denominato” i60”, proprio nel cuore del Forte Ardeatino, tra il Parco Regionale dell’Appia Antica e la zona delle Tre fontane, per la realizzazione di una superficie utile lorda di 125.000 metri quadri di costruzioni ed una cubatura di oltre 400 mila metri cubi di cemento. Il progetto ha generato molte proteste da parte dei cittadini, dando vita a diversi comitati contrari a tale realizzazione. Sentite cosa sarà realizzato in quest’area:  9 edifici da 8 piani, 8 edifici da 7 piani (tra i quali 2 alberghi), 5  edifici da 6 piani, un centro commerciale, un asilo nido, un parco in prossimità delle preesistenze archeologiche. Gli scavi hanno portato alla luce una villa e una strada di epoca romana, fatto che non ha scoraggiato minimamente i palazzinari che sposteranno semplicemente le fogne che sarebbero dovute passare sopra la strada romana ed eviteranno di edificare sulle aree interessate dai ritrovamenti. I palazzinari la spunteranno come sempre, protetti da politici locali di ogni coalizione, magari col contentino di un centro per anziani, di un centro culturale di quartiere e qualcos’altro. Poco importa che la zona, con la costruzione del nuovo quartiere, rischierà il collasso sulle esigue arterie stradali esistenti con conseguenti disagi per i cittadini residenti e per i pendolari che la attraversano. Ho timore che, ancora una volta, le  proteste di tanti cittadini arrabbiati sarà l’amara dimostrazione che la democrazia è stata inventata solamente per partecipare, a prescindere dalle decisioni; e non come meccanismo per decidere insieme attraverso la partecipazione.

Buona vita!  maestrocastello 

martedì 24 maggio 2011

La cultura non sfama


Neet è l'acronimo inglese di "Not in Education, Employment or Training”, cioè "Non lavora, non studia, non si aggiorna", usato da alcuni enti governativi come termine di classificazione. I dati annuali dell’Istat, divulgati quest’oggi, parlano di oltre due milioni di giovani italiani, tra i 15 e 29 anni, che cioè non hanno un impiego, non studiano e non fanno alcun tipo di pratica professionale o apprendistato. Sono inoccupati che nemmeno cercano più un lavoro e che hanno abbandonato completamente gli studi. Essi gravano completamente sulle spalle delle loro famiglie e poiché sono senza esperienza e senza un titolo di studio, sarà molto difficile che  possano occuparsi in futuro; praticamente vanno avanti con la paghetta di mamma e papà e con i lavoretti di fortuna si pagano il telefonino di ultima generazione che ostentano con gli amici. L’ozio , si sa, è l’anticamera del vizio. Ma la colpa non è tutta loro e se pensate a cosa è interessata la politica in questa settimana, troverete una risposta. I nostri politici sono impegnati nei ballottaggi a promettere cose che non verranno mai mantenute. Poltrone, gettoni di presenza e magari mazzette, quando la posta in ballo è alta, il gioco si fa duro ed allora si ricorre ad ogni arma, lecita ed illecita,  compreso il turpiloquio; pur di aver ragione del tuo avversario politico. Ma ritorniamo ai dati Istat, uno dice, faccio  studiare mio figlio, così avrà qualche chance in più degli altri; ma sappiamo che la cultura non sfama. Quasi tutti i lavori sono a tempo, la ricerca è possibile farla solo se vai via dall’Italia e molto spesso i sacrifici economici che tante famiglie affrontano  non ripagano mai le aspettative dei figli, una volta laureati. In un anno le tasse universitarie statali  sono cresciute dell’8%, circa 70 euro all’anno in più per chi già pagava intorno  ai mille euro annui, esclusa la tassa regionale sul diritto allo studio. Come si suol dire, piove sul bagnato. Un posto letto va dai 400 ai 600 euro a studente e poi i testi universitari dai costi esagerati, le fotocopie, la scheda del telefonino, la lavanderia. Abbiamo tralasciato la doccia che la signora ti fa pagare a parte e l’uso dell’asciugacapelli e dovrai pur mangiare: per risparmiare vai avanti a “cappuccini e brioche” del bar sotto casa, “tramezzini al tonno e pomodori” che fanno da pranzo e ogni tanto esageri  concedendoti  una porzione di “lasagna al forno”. Capisci che poi è dura chinare la testa su un libro e, a forza di dieta forzata,  diventi come l’uomo della foto. Devi comunque andare avanti per 4-5 anni  di questa vita  e finalmente arriva il gran giorno che diventi dottore: arrivano i parenti con l’abito buono e li riconosci perché sono chiassosi e hanno la lacrima facile.  E’ l’emozione che li tradisce e li inorgoglisce: pensate un figlio dottore! Ritorni al paese come se avessi vinto alle olimpiadi e sei ignaro dei problemi che ti aspettano: domande, colloqui, concorsi e sono tante le porte che ti sbattono in faccia; finchè un giorno, stanco di farti prendere per i fondelli e succhiare le ultime stille di sangue dei tuoi genitori,  decidi di cambiare aria o se rimani ti adatti magari ad aprire una bottega da ciabattino, anche se sai bene che darai un grande dolore  a chi s’è levato il pane di bocca  per pagarti gli studi.
Buona vita!
maestrocastello

giovedì 19 maggio 2011

Chi vuol fare qualcosa sul serio trova una strada.... gli altri una scusa.


E’ indubbio che questi siano tempi non facili per la cultura italiana. Il tempo, l’incuria e la politica dei tagli finanziari stanno facendo scempio del nostro patrimonio storico-artistico.  Se la politica è sorda, la gente ci sente molto bene. Si è capito, ad esempio, che la salvaguardia di questa preziosa eredità passa attraverso la conoscenza diretta della gente comune, perché possa contribuire  a valorizzare e preservare questo importante lascito che tutti abbiamo il diritto-dovere di conservare e trasmettere nel tempo. A questo scopo è nata “Officina Archeologica” , un’associazione culturale, partorita dall’idea di nove studenti universitari romani di un’archeologia per tutti, col  proposito di narrare le bellezze storico-artistiche della città di Roma. L’associazione effettua visite guidate, organizza conferenze ed è ha un suo sito internet all’indirizzo: “officina archeologica. It”. Chi vuol fare qualcosa sul serio trova una strada.... gli altri una scusa.Officina Archeologica organizza tre giornate di studio a carattere seminariale sul progetto. ““La via Ostiense: un percorso culturale tra antico e moderno” per le giornate 20 e 28 maggio  e 4 giugno 2011. Alle conferenze farà seguito la visita guidata di un’ora sul tema trattato. Se non avete impegni importanti, è un ottimo modo per trascorrere tre mattinate immersi nelle bellezze di Roma. "Roma è la capitale del mondo! In questo luogo si riallaccia l'intera storia del mondo, e io conto di essere nato una seconda volta, d'essere davvero risorto, il giorno in cui ho messo piede a Roma. Le sue bellezze mi hanno sollevato poco a poco fino alla loro altezza" (J. W. GOETHE)

Buona vita! maestrocastello

Programma

I giornata: Il polo culturale dell’Università di Roma Tre
Sede: Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli studi di Roma Tre, via Ostiense 234
Venerdì 20 maggio 2011
Ore 09.00-09.30: Saluti e introduzione ai lavori
09.00-09.10: Presentazione del Progetto e delle tre giornate di seminari.
09.10-9.30: Rita Paris, Soprintendenza per i Beni Archeologici di Roma.
Ore 09.30-11.00: Interventi
09.30-10.00: Via Ostiense. La storia, le storie. Relatore: Dott.ssa. Simonetta Serra, Comune di Roma.
10.00-10.30: Ricostruzione delle decorazioni della basilica costantiniana di San Paolo.Relatore: Dott.ssa Cecilia Proverbio, Università degli Studi ROMA TRE.
10.30-11.00: La formazione del paesaggio moderno del quartiere Ostiense. Relatore:Barbara Elia, Università degli Studi ROMA TRE.
Ore 11.00-11.30: Discussione
Ore 11.30-12.30: Buffet
Ore 14.00-16.00: Visita guidata nell’area di San Paolo fuori le Mura e Necropoli Ostiense
II giornata: L’area degli ex mercati generali
Sede: Facoltà di Architettura, Ex-Mattatoio (Laboratorio blu - Padiglione 15A), via Giovanni Marzi, 10.
Sabato 28 maggio 2011
Ore 9.30-10.10: Saluti e introduzione ai lavori
09.30-09.40: Presentazione: Dott.ssa Giuliana Calcani, Università degli Studi ROMA TRE.
09.40-10.10 Confronto tra i progetti di valorizzazione del quartiere di Testaccio e della via Ostiense. Relatore: Dott. Renato Sebastiani, Soprintendenza Specialeper i Beni Archeologici di Roma.
Ore 10.10-11.30: Interventi
10.10-10.30: Uno studio diacronico delle trasformazioni dell'area Ostiense. Relatore: Dott.ssaBarbara Roggio, Università degli Studi ROMA TRE.
10.30-10:50: La basilica di San Paolo e i morti di peste. Relatore: Dott.ssa Martine Boiteux, EHESS, Parigi.
10.50-11.10: Il paesaggio industriale dell'area Testaccio-Ostiense. Relatore: Dott. Carlo M. Travaglini, casa editrice CROMA.
11.10-11.30: La Centrale Montemartini. Relatore: Dott.ssa Valeria Di Cola, Università degli Studi ROMA TRE.
Ore 11.30-12.10: Discussione
Ore 12.10-12.40: Buffet
Ore 14.00-15.00: Visita Museo guidata alle officine del quartiere Ostiense.
III giornata: Area di Porta San Paolo
Sede: Museo di Porta San Paolo, via Raffaele Persichetti, 3
Sabato 4 giugno 2011

Ore 09.00-9.10: Saluti e introduzione ai lavori
Ore 09.00-09.10: Dott. Angelo Pellegrino, direttore del museo di Porta San Paolo.
Ore 9.10 -10.40: Interventi
09.10-09.40: La piramide Cestia e le mura Aureliane. Relatore: Prof.ssa Maura Medri, Università degli Studi ROMA TRE.
09.40-10.10: Il Cimitero Acattolico. Relatore: Dott.ssa Chiara Di Meo, Università degli Studi di Roma La Sapienza.
10.10-10.40: La resistenza a Porta S. Paolo. Relatore: Prof. Paolo Carusi, Università degli Studi ROMA TRE.
10.40-11.00: Discussione
Ore 11.00- 11.30: Chiusura lavori
11.00-11.30: Relatore: Prof. Daniele Manacorda, Università degli Studi ROMA TRE.
Ore 11.30-12-30: Buffet
Ore 13.00-15.00: Visita Museo di Porta San Paolo, Cimitero Acattolico, Piramide Cestia.

mercoledì 18 maggio 2011

Questo referendum non s’ha da fare!.

A parole siamo un paese democratico, ma nei fatti la libertà ai cittadini viene regolarmente negata. I referendum che sono l’unica arma che un cittadino ha per manifestare la propria volontà, negli ultimi anni vengono abitualmente avversati dalla politica. Non c’è mai la volontà di abbinarli alle votazioni politiche, perché si ha paura che si raggiunga il quorum; insomma si ha timore che la gente vada a votare. Sappiamo com’è andata negli anni passati quando c’erano le votazioni per i referendum e l’invito  ai cittadini fatto proprio da leader politici di andare al mare. Anche questa volta sta succedendo la stessa cosa, eppure si tratta di quattro referendum molto importanti per la gente comune. Prendete il referendum sulla gestione da parte dei privati dell’acqua pubblica; vi sembra giusto che pochi privati debbano lucrare sull’acqua di tutti? Non scherziamo ragazzi, l’acqua è un bene primario come il pane o l’aria che respiriamo e non ce la deve togliere nessuno. E la furbata  di rinviare di un anno ogni decisione sul nucleare? Questi hanno sentore che prendono una scoppola come è avvenuto in Sardegna ad hanno preso le loro misure. E poi ragazzi, vi pare giusto che un povero cristo paghi penalmente una colpa ed un altro solo perché è primo ministro, ne debba essere “legittimamente impedito”? Quando si dice che la legge è uguale per tutti. Avete notato che ancora non si parla che il 12 e 13 giugno si voterà per 4 referendum? La TV non ha ancora  speso una parola e nemmeno i politici. Nemmeno la tivvù di stato che da noi pretende  un canone  ed in cambio ci propina un cumulo di scemenze. Questo blog vuole fare cosa utile ai suoi lettori, ricordando quali sono i referendum, quando si vota, sperando che gli italiani accorrano in massa a mettere un SI’ su ognuna delle 4 schede e che la decisione sia plebiscitaria.
Buona Vita!
maestrocastello
                                                      
                                                         REFERENDUM POPOLARI
QUANDO ?  domenica 12  (ore 8,00 – 22,00) e lunedì 13 giugno 2011 (ore 7,00 – 15,00).
COME ?        Vota SI’ chi vuole abrogare (cancellare)le norme in vigore. Vota NO chi le vuole mantenere.
SCHEDA ROSSA  Il quesito propone l’abrogazione delle norme che attualmente consentono di affidare la gestione di servizi pubblici locali ad operatori privati.
SCHEDA GIALLA  Il quesito propone l’abrogazione delle norme che stabiliscono la determinazione della tariffa per l’erogazione dell’acqua, il cui importo prevede attualmente anche la remunerazione per il capitale investito dal gestore (privato).
SCHEDA GRIGIA      Il quesito propone l’abrogazione della norma che prevede la realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare.
SCHEDA VERDE  Il quesito popone l’abrogazione di norme della legge n° 51 in materia di legittimo impedimento del presidente del consiglio dei ministri e degli stessi ministri a comparire in udienza penale.

lunedì 16 maggio 2011

Anche il riccio, a volte, si apre.


Il fatto : ultimamente i Nas di Milano stavano indagando su un giro di anabolizzanti usato nelle palestre e saune del capoluogo lombardo, quando si sono imbattuti in un grosso giro di cocaina che aveva come centro di spaccio Milano. Intercettando alcuni spacciatori e clienti, i militari sono risaliti a don Riccardo Seppia, parroco cinquantenne della chiesa di Santo Spirito a Sestri ponente. Il suo telefonino è incappato nelle intercettazioni cui erano sottoposti alcuni soggetti giudicati interessanti dagli investigatori e quando l’utenza telefonica è stata collegata al nome del sacerdote ligure, si è aperto uno scenario inaspettato: l’accusa parla di cessione di cocaina a diversi ragazzi minorenni in cambio di incontri a sfondo sessuale. Don Riccardo è stato arrestato sabato 14 maggio, lasciando nello sconforto i suoi parrocchiani e contribuendo a gettare fango sulla Chiesa Cattolica che in questo momento non aveva alcun bisogno di ulteriore discredito che inevitabilmente questo fatto si porterà dietro. Il cardinal Bagnasco ha sospeso don Seppia e, fatto insolito, ha voluto incontrare i suoi parrocchiani, esprimendo “sgomento, vergogna e totale disapprovazione; se le accuse dovessero dimostrarsi vere”. Intanto don Piercarlo Casassa, ex parroco di Recco, ora in pensione, che ebbe don Riccardo come curato tra il 1985 e l’89 ha dichiarato: “Non sono sorpreso, mi sembra quasi logico. Avevo assegnato a Riccardo la pastorale dei giovani, me l’aveva chiesto lui. Poi alcuni genitori mi avevano manifestato un certo disagio, dicevano che con i bambini aveva un atteggiamento morboso. Da allora l’ho tenuto lontano dai ragazzi” (Corriere della Sera, 16/05/2011).  
Reazioni  :  Alcuni diranno che sono i soliti preti sporcaccioni, che è la solita Chiesa che protegge i pedofili al suo interno, spostandoli di parrocchia in parrocchia e fornendo così accesso a nuove vittime. Diranno che questa volta sono arrivati prima i Nas e la cosa non è potuta rimanere “secretum pontificium” come pretendeva Joseph Ratzinger, quand’ era Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Altri si chiederanno a che serve proteggere la vita quand’è un feto per poi profanarla in tenera età. Altri diranno, invece,  che è la solita campagna diffamatoria contro la Chiesa,  che procurano dolore al Papa e gli caricano un peso insostenibile sulle spalle. Diranno che si sta strumentalizzando l’accaduto, perché la pedofilia è un problema che si annida in larga percentuale proprio all’interno delle stesse famiglie e che solo per un aspetto marginale riguarda la Chiesa.
Riflessioni personali: Personalmente credo che non sia una questione di cifre e nemmeno di fare facili generalizzazioni, perché i preti non sono tutti come don Riccardo Seppia. Chi salva ai miei occhi l’immagine della Chiesa sono quegli illuminati missionari impegnati in parti sperdute del mondo e i tanti preti di strada che attuano “in toto” il Vangelo. Finché si tratta di uomini, c’è il buono ed il cattivo dappertutto e non mi sento di dare un giudizio su nessuno, anche se mi è molto difficile. Vorrei, però,  essere parte di una Chiesa che non si chiude in se stessa ( anche il riccio, a volte, si apre); vorrei una Chiesa che si sforza di essere al passo coi tempi, una Chiesa che confessa pubblicamente se stessa, che s’indigna e combatte  al fianco dei poveri e dei diseredati, che striglia i potenti quando si riempiono la bocca di Dio e sono così lontani nel loro operato. Vorrei una Chiesa che non parlasse solamente della sfera sessuale, ma di tutti gli altri gravi problemi che possono affliggere la nostra anima. Non può essere solo la sessualità il fulcro di un cristiano.       
Appello ai seminaristiCari seminaristi, pensateci bene se la vostra decisione é davvero dettata da autentica vocazione o, piuttosto, influenzata per compiacere qualcuno. Ve lo dice uno che, arrivato a quel bivio, ha avuto il coraggio di deludere magari più di qualcuno; ma ha fatto la scelta giusta per se stesso e non si è mai pentito. Il bene degli altri si può fare anche esercitando il mestiere di bravo genitore e insegnante, proprio come ha fatto chi vi scrive. Lo so che è una scelta difficile; ma sappiate che è una scelta per sempre e piuttosto che "far danni", abbiate il coraggio di fare ciò che veramente sentite. Il Signore non se la prenderà perché siete stati coerenti con i vostri reali desideri e lo potrete sempre servire in tante altre maniere. Se invece siete convinti di poter affrontare tante rinunce e di tenere a freno le pulsioni naturali che fanno parte dell'uomo, allora, buona fortuna e che Dio vi assista!
maestrocastello

mercoledì 11 maggio 2011

Cinema Italia.


Il cinema è il più bel regalo che potevano farmi da fanciullo, in anni in cui avevo poche occasioni di trasporto nel mondo della finzione, oltre al gioco ovviamente. Il buio della sala cinematografica come cabina di comando per brevi viaggi in storie illuminate funzionava a meraviglia. A Sant'Agata di Puglia, mio paese d'origine,  esisteva una sola sala cinematografica, denominata appunto Cinema Italia. Quanto tempo ho dedicato a fissare i personaggi dei cartelloni che venivano affissi in piazza per invogliare le mie fantasticherie, pur sapendo che poi non avrei mai assistito a quelle proiezioni. In tempi in cui mancava perfino il pane, andare al cinema era un lusso per pochi. A volte restavamo all’esterno della sala, accontentandoci di ascoltare solamente il sonoro delle proiezioni; il resto lo faceva la nostra immaginazione. Amavo il cinema al punto di commettere il primo furto della mia vita. Sottrassi in casa cinquanta lire e le impiegai per vedere “Il conte di Montecristo”.  Poteva anche andare meglio la mia prima volta, infatti i sensi di colpa trasformarono quello che doveva essere un divertente pomeriggio in due ore di rimorsi. Mi sarei rifatto di lì a qualche tempo. Nei primi anni del ’60, quando approdai a Roma,  frequentavo “i pidocchietti”, sale di periferia di quart’ordine: erano a basso costo e potevi trattenerti a tuo piacimento. Un film lo vedevamo fino a 3 volte con mio fratello Gerardo. Ricordo che staccavano il biglietto nelle primissime ore del pomeriggio ed uscivamo per l’ora di  cena, con gli occhi gonfi per il fumo passivo e attivo. Il cinema neorealistico ha raccontato bene una nazione in ripresa, con attori presi dalla strada, la presa diretta del paesaggio esterno di città e campagne, storie di povera gente costretta a rubare una bicicletta per trovare lavoro. La macchina da presa dei giovani registi documentavano tutto ciò che il fascismo non gradiva che si reclamizzasse: la miseria, il duro lavoro, il suicidio, la prostituzione; insomma, la documentazione fedele della realtà di allora. Oggi che provo fastidio all’ascolto dei diversi notiziari, penso ad allora che gustavo perfino il cinegiornale della settimana Incom che anticipava la visione del film vero e proprio. Ho memoria dei primi colossal in Cinema Scope che duravano ore e per me era sempre troppo poco: “I Gladiatori”, “La Tunica”, “Ben Hur”, “Quo Vadis”.Mi portavo i panini da casa.  Lo schermo cinematografico era la mia macchina del tempo, in grado di regalare sortite in epoche remote; il timone della mia ingenua fantasia. Poi è venuto il cinema di costume, la commedia all’italiana che ha scoperto vizi privati e comuni virtù. Il grande schermo ha registrato sia i progressi economici di un popolo formica, sia la capacità di mettersi in burletta. Totò e Peppino, Sordi e Manfredi, Tognazzi e Vianello, Gassman e la Vitti sono state le facce diverse degli italiani che non avevano più voglia di guardare al passato; ma anche di sorridere ciascuno dei difetti dell’altro e costruire insieme una coscienza collettiva. Il cinema non ha cambiato il mondo ma è stato lo specchio fedele dei nostri cambiamenti, ha educato con le cose dette ed anche con quelle lasciate alla nostra immaginazione : un fotogramma, una musica o magari uno slogan azzeccato hanno inciso più di un discorso completo. Poi è venuto il cinema impegnato, quello dai contenuti di spessore. Per darci un tono, con i miei amici romani, frequentavamo sale di sperimentazione che i più colti chiamano " cinema d'essai." Francamente preferisco il cinema che racconta storie semplici a gente semplice, gente che entra in sala, lasciando i crucci personali al guardaroba; vogliosa solo di due orette di sana spensieratezza. 
Buona vita!
maestrocastello

Buona vita!
maestrocastello

domenica 8 maggio 2011

Aggiungi nove posti a tavola.





Le malelingue ora la smetteranno  di accusare questo governo di immobilismo, di non prodigarsi per sconfiggere la disoccupazione. La nomina di ben  9 responsabili alla carica di vice-ministro è la prima misura concreta contro il dramma della disoccupazione. “Bisogna spendere” diceva il nostro primo ministro all’inizio della crisi “ per muovere l’economia di questo Paese” e mi sembra che siamo sulla strada giusta: per ogni sottosegretario neo nominato ci sono ad attenderlo una nuova auto blu, un nuovo servizio di scorta, un nuovo staff, altri consulenti e altri uffici. Tanto paga sempre Pantalone! Tutto questo vogliamo continuarlo a chiamare il «costo della democrazia»? D'altronde questi signori che hanno perso la faccia, sono semplicemente passati a riscuotere la cambiale che qualcuno gli aveva firmato il 14 di dicembre, quando hanno sostenuto un governo che  avevano avversato fino al giorno prima; compenso che chiamerei piuttosto i“trenta denari”, in barba ai loro elettori che li avevano votato quando indossavano la casacca di un altro colore. Questa purtroppo è l’Italia: la repubblica delle banane. Questi signori che hanno la faccia tosta di farsi chiamare “responsabili”, hanno l’unica responsabilità di aver tradito la fiducia dei loro elettori che gli avevano assegnato il mandato di fare tutta un’altra politica. Qualcuno la chiama “decisione logica” e qualcun altro “uno sconcio”. Ho conosciuto personalmente uno dei neo vice-ministri, tale Aurelio Misiti, al tempo che io ero un giovane sindacalista del comparto scuola e lui segretario della CGIL romana. Mi fa un certo effetto vedere lui, uomo di sinistra, una vita nel Pci, poi dipietrista, poi autonomista siciliano con Raffaele Lombardo, poi la folgorazione per Silvio ed ora sostiene un governo liberista e leghista. La storia politica di tutti gli altri neo-eletti è  simile a quella di Misiti.  Voi direte, ora saranno tutti contenti!  Nemmeno per sogno. Mentre alcuni brindano ed altri ironizzano, esplode la rabbia degli esclusi. Sembra quando dai da mangiare ad un branco di cani affamati: i più prepotenti si sfamano ed altri prendono solo le briciole. Questa è la dimostrazione che tanto disinteressati non erano questi bravi signori. Ed ora si aspetta di modificare la legge Bassanini che blocca a quota 60 e ora sono 59, i membri dell’esecutivo per accontentare anche i delusi. Questa non è politica, ma sembra più un mercato. Le bancarelle riapriranno la prossima settimana, dice Di Pietro. Certo si avverte un certo disagio, ma nella repubblica delle - già citate-  banane, in assenza di alternative, ci dobbiamo accontentare di quello che passa il convento.
Buona vita!
 maestrocastello 

martedì 3 maggio 2011

Non gettate le perle davanti ai porci!


"Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi." Sono parole di Gesù che leggiamo nel Vangelo di Matteo (Mat. 7/6) e che possiamo prendere a prestito per parlare della drammatica situazione in cui versa il patrimonio culturale del nostro Bel Paese. Ogni anno vengono decurtati fondi destinati al cinema, al teatro, alla musica, alla danza e a tutte quelle forme di espressione artistica che sono da sempre  l’emblema dell’Italia nel mondo. Pensate che il fondo a disposizione per il complessivo patrimonio di beni culturali è di soli 50 milioni di euro, pari appena allo 0,21 per cento del bilancio dello Stato. Intanto i beni archeologici, paesaggistici e artistici che rendono unica la nostra penisola precipitano nell’incuria e nell’abbandono. I crolli di Pompei hanno somatizzato la depressione in cui versa il dicastero ed hanno portato alle dimissioni prima  il ministro Bondi e, subito dopo, il prof. Corradini, presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali, due capri espiatori di una politica a dir poco dissennata. Chissà se ci rendiamo conto, se si rendono conto i nostri politici, che in Italia possediamo tesori dell’arte così preziosi che nessuna concorrenza cinese potrà mai portarci via. Penso francamente che non ce ne rendiamo proprio conto, altrimenti non ci comporteremmo come i porci di cui parla il Vangelo. Non avendo in Italia il petrolio, i nostri governanti si ostinano col nucleare e non pensano che il petrolio invece noi ce l’abbiamo, eccome: sono le nostre incomparabili coste, il nostro limpido mare, i tanti siti archeologici che trasudano storia millenaria, bellezze paesaggistiche, monumenti unici del passato, città d’arte incomparabili . Vi pare cosa da poco?  Con tutte queste ricchezze una nazione che non fosse l’Italia farebbe soldi a palate, tenendo i musei aperti anche di notte, vivendo tutto l’anno solo di turismo. “Non considero lungimirante chi fa tagli in un settore che non è la ciliegina sulla torta dell’economia  italiana, ma è la torta stessa”, così si esprimeva il ministro Galan  quando ha preso il posto di Bondi; ma purtroppo, anche con lui,  da marzo non è cambiato un bel niente. Quando fu istituito da Giovanni Spadolini il ministero dei Beni Culturali nel 1975, pensai che la politica aveva finalmente compreso il valore del potenziale di cui eravamo in possesso e avesse la volontà di investire risorse umane e di denaro in un settore essenziale per la nostra economia; ma questi 35 anni hanno detto il contrario. Non è una questione di soldi, ma una precisa scelta politica. Con una mano si taglia alla cultura, assegnandole appena 50 milioni e con l’altra se ne sprecano 350 per non voler accorpare i referendum alle amministrative. Così facendo si favorisce il declino culturale della nazione che ha da poco celebrato i suoi 150 anni di vita e si riducono i suoi cittadini a sudditi mansueti, preferendoli inebetiti davanti ad un televisore; piuttosto che interessati visitatori di una nostra bella città d’arte. Date le perle ai porci!
Buona vita! maestrocastello