sabato 28 novembre 2009

"Dacci oggi il nostro pane quotidiano".



Un giorno d’inverno, siamo a Ferrara, in una strada del centro cittadino c’è un uomo rattrappito dal freddo, vestito di stracci che ha appeso al collo un pezzo di cartone, con una scritta fatta col pennarello:”ho fame, aiutatemi”. Nessuno si accorge che sta morendo. Potrebbe rivolgersi ad un centro di assistenza oppure al pronto soccorso, ma non vuole avere niente a che fare con questa società. Dall’autopsia risulta che non ha neppure cinquantanni. Forse è morto per inedia. Sembra una favola moderna che ci riporta alla mente “la piccola fiammiferaia” di Andersen. La bambina, tanto sfortunata in vita, trova finalmente la serenità da morta. La povertà, sembra ammonire la fiaba, è una condizione che non può trovare rimedio in vita. Andersen scrive nell’Ottocento, secolo in cui le condizioni dei bambini delle classi popolari erano miserevoli, questi non avevano dignità di persona. Un po’ quello che accade oggi in molte parti del mondo e, sotto certi aspetti, a ben vedere, anche in casa nostra. Il barbone di Ferrara e la piccola fiammiferaia sono stati rimpiazzati dai tanti derelitti, veri o finti, che troviamo ai semafori e davanti ai supermercati. Sapete chi sono tutti costoro? Il nostro prossimo! Si è fatto tanto chiasso, nelle scorse settimane, a difendere il simbolo di un Cristo ammazzato, in nome delle radici culturali del nostro popolo e poi ci scordiamo l’insegnamento di quel Cristo. Ma chi è il nostro prossimo? Lo chiedo a quei politici ruffiani, neocrociati del terzo millennio. Forse è il caso che rileggano quel passo del Vangelo: “ Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre, dall'altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui e ciò che spenlderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno”. "Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui?" Gesù disse al suo interlocutore: «Va' e anche tu fa' lo stesso» . Purtroppo, oggi, il buon samaritano non scende più da cavallo. Siamo oltre 6 miliardi di individui ed un quinto di persone sulla terra non hanno da mangiare. Mentre le risorse scarseggiano, l’indifferenza dilaga. Nella riunione internazionale del 9 novembre scorso presso la FAO, contro la fame nel mondo, non è stato preso nessun impegno concreto da governi ed organizzazioni presenti. Come al solito, solo chiacchiere! Ed intanto l'uomo di Gerico continua a morire per strada!
Buona vita!
Maestrocastello.

mercoledì 25 novembre 2009

L'Italia paese di santi, poeti, navigatori ed....evasori!


L’Italia è un paese di santi, di poeti, di navigatori e, soprattutto, di evasori fiscali. Si distinguono in quest’ultima categoria, secondo gli esperti del ramo, artigiani, commercianti, medici, avvocati e piccoli imprenditori. Gente che fattura centinaia di migliaia di euro, ma ne dischiara solo qualche decina. A dare una mano a costoro concorriamo anche noi, cittadini comuni, che non esigiamo sempre la ricevuta fiscale, in cambio di qualche sconticino su acquisti o prestazioni artigianali. Si calcola che, annualmente, sfuggono al fisco 100 mila milioni di euro, pari all’importo di diverse “finanziarie” del governo italiano. Nell’art. 53 della Costituzione si dice che: “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. Ci siamo mai chiesti che cosa sono le tasse? E le imposte?; ma soprattutto, perché è importante pagarle?
Le tasse e le imposte servono per il benessere comune e quindi per fornire servizi (come scuole, ospedali…) a tutti i cittadini… di tutto il mondo e… di tutti i tempi!
Naturalmente sta all’efficienza di uno Stato, alle sue strutture organizzative, alla reale volontà politica di far pagare proprio a tutti, alla gestione dell’amministrazione finanziaria, ispirata da principi di trasparenza, semplificazione e controllo che la macchina statale percorra binari di efficienza e di giustizia.
La storia ci insegna che il pagamento delle tasse è fatto antico: già in Egitto bisognava pagare le tasse e l’amministrazione che se ne occupava era organizzatissima, annotava tutto e nulla sfuggiva di quanto era prodotto nel paese.
Contadini, artigiani e pescatori che portavano quanto producevano nei magazzini dello Stato erano ricompensati con la ridistribuzione dei prodotti stessi, a seconda delle necessità. Durante il Medio Evo vigeva un sistema di privilegi ed a pagare tasse e gabelle varie erano solo i servi della gleba : tra pedaggi, affitti dei poderi e corvées varie; i contadini non dovevano essere tanto allegri. Sempre la storia insegna ancora che se si tira troppo la corda, scoppiano le rivoluzioni. Oggi non ci sono più signorotti prepotenti ad imporre assurde volontà, ma governi nazionali che chiedono tasse in cambio di servizi. Ma chi paga più tasse? Si dice che gli americani pagano meno degli inglesi, che pagano meno dei francesi; mentre noi siamo “a pari merito” coi belgi. L’ideale sarebbe pagare una quantità equa di tributi ed avere in cambio servizi che siano all’altezza. La verità è che esiste solo un esiguo numero di tributi seri che rendono allo Stato ed un mare di pretesti solo per “far cassa”. Ce ne è perfino uno, inventato con Regio Decreto oltre un secolo fa, su strumenti di misura: metri, litro e bilancia. Nel tempo si sono susseguite tasse su banane, caffè, cicoria, cacao, su paludi e gradini di vecchie case. Che dire della tassa sui balconi? Ogni volta che c’è stato un triste avvenimento, poi, ne ha risentito sempre il prezzo della benzina.
Ascoltate cosa ha inciso negli anni su un litro di verde:
# 1,90 lire per la guerra di Abissinia del 1935;
# 14 lire per la crisi di Suez del 1956;
# 10 lire per il disastro del Vajont del 1963;
# 10 lire per l'alluvione di Firenze del 1966;
# 10 lire per il terremoto del Belice del 1968;
# 99 lire per il terremoto del Friuli del 1976;
# 75 lire per il terremoto dell'Irpinia del 1980;
# 205 lire per la missione in Libano del 1983;
# 22 lire per la missione in Bosnia del 1996;
# 0,020 euro per rinnovo contratto autoferrotranviari 2004
Il grave è che queste tassazioni non sono state mai più tolte e su queste accise paghiamo anche l’Iva; cioè la tassa sulla tassa. Assurdo!
Per finire, vi informo che a Ravenna e provincia si è pensato alla “tassa sulla pioggia”, cioè far pagare il costo dello smaltimento, da parte del Comune, dell’acqua piovana. Un temporale potrà far lievitare anche del tre per cento la bolletta idrica. E’ proprio il caso di dire: “ Piove? Governo ladro!”.
Buona vita!
maestrocastello

martedì 24 novembre 2009

Leggete per vivere!



Sembra ieri che a scuola ci dicevano: “Imparate le lingue! Si farà l’Europa e guai a chi non sarà in grado di farsi capire!” A distanza di trent’anni, mi domando: “che ne è stato della lingua italiana, quella che ci hanno insegnato nei banchi di scuola? Certo, attraverso la storia, la nostra lingua ha subito considerevoli cambiamenti. L’italiano di Dante, ad esempio, era molto diverso da quello del Manzoni dei Promessi Sposi. E’ giusto che la lingua italiana, a contatto con altre culture, faccia tesoro e si evolva, senza pur perdere la propria identità; ma i cambiamenti degli ultimi anni sono stati davvero disastrosi per il nostro bell’idioma nazionale. I moderni mezzi di comunicazione hanno portato a velocizzare il modo di comunicare, al fine di essere più diretti ed essenziali. L’avvento dei telefonini ha poi indotto i giovani a smorzare le parole, creando un linguaggio tutto loro nella produzione dei messaggini che impoverisce e mortifica la lingua di significato. Sono in voga frasi fatte soltanto da sigle: “TVB” sta per “ti voglio bene”, un numero ha sostituito una voce verbale: “6” sta “sei”, “snz” sta per senza, “1a “ sta per una(articolo) e così via. Lo Scrittore Alberto Arbasino rileva che” Purtroppo, l'italiano è una lingua espressiva e piacevole solo quando è ricca, elegante, composita, con parecchi divertimenti alti e bassi, antichi e moderni, internazionali e locali sfrontati e chic. In tutte le regioni. In tutti i ceti. E non per niente ci si trattiene volentieri a tavola a chiacchierare, dopo cena, e si paventa l' apertura del libro. Contrariamente ad altre società, altre culture, dove si finisce in fretta un pranzo fra noiosi, per correre a leggere della buona prosa. Ma se l' italiano viene molto immiserito”, si domanda sempre Arbasino, “farà poi molta strada? E se viene troppo involgarito, potrà avere un futuro? “. Alla base di questo fenomeno vi è la scarsa conoscenza della cultura italiana che è alla base della nostra lingua. Internet è sì uno strumento valido per la diffusione delle informazioni ; ma queste devono essere vagliate con una capacità analitica che può dare soltanto la cultura. La lettura è il mezzo idoneo che arricchisce ed aiuta a dotarsi di quegli strumenti che ci rendono poi capaci di analizzare la realtà. La verità è che noi italiani leggiamo poco e proprio i giovani che sono i principali fautori del cambiamento linguistico, non frequentano più letture per ragazzi come Salgari, De Amicis, Collodi che hanno aiutato le passate generazioni e dove si riscontra la bellezza di un linguaggio semplice, scorrevole ed il fascino dell’astrazione letteraria che solo un libro ti può regalare . Molto danno ha prodotto anche l’insorgere di linguaggi paralleli alla nostra lingua ufficiale; la lingua italiana è stata in questi anni corrotta anche dal politichese, dal legalese, dal burocratese, dal sinistrese, dal berlusconese, dal giornalese, dal televisese e dall’italinglese. Termini come “Palazzo”, “stanza dei bottoni”, “convergenze parallele”, “essere coesi”, “fare squadra”,“pressing”, “fallo da dietro”,“zona cesarini”, “cliccare”, “tronista” “cinepanettone”,"gossippare", "paparazzare",
"noantri", “beccarsi alla tale ora”, “darsi una punta” sono solo alcuni dei nuovi termini entrati nell’uso comune e li troviamo perfino nello Zingarelli. Oggi senti frequentemente anche parlare il “mercatese” : ” se lo sapevo lo dicevo…” o, peggio ancora, “ se saprei”. Nessuno conosce più l’uso del congiuntivo e proprio ora che impazza Facebook mi ammazzo dalle risate nel leggere strafalcioni dei tanti ragazzi che sono bravissimi a ciattare, ma hanno poca dimestichezza con la nostra lingua scritta.
Quale riflessione e consiglio può partire dal nostro blog? Ragazzi, leggete! leggete! leggete!
Flaubert diceva: “Non leggete, come fanno i bambini, per divertirvi, o, come gli ambiziosi, per istruirvi. Leggete per vivere.”
Buona vita!
Maestrocastello.

venerdì 20 novembre 2009

Il peso sulla luna è la metà della metà....
















Mancavano appena quattro giorni a Natale e due ragazzini di undici e dodici anni stavano viaggiando soli alla volta di Roma. Per bagaglio avevano due valigioni che non perdevano mai di vista. Si erano appena riuniti alla stazione di Foggia, l’uno proveniente dal paese di Sant’Agata di Puglia e il più grande che studiava al seminario vescovile di Bovino, e andavano a riunirsi al resto della famiglia che si era appena trasferita nella capitale. Vedere ‘sti due piccoli da soli destava la curiosità degli altri passeggeri che li tempestavano con domande tipo :
- Come mai viaggiate soli?
- Chi è il più grande di voi due?
- Che classe frequentate?
- Non avete paura?
Il più grandicello indossava la divisa del collegio: completo nero, collarino che portano i preti secolari e cappello, lo stesso che indossano bandisti e militari; ma con le iniziali proprio in centro SV (Seminario Vescovile); mentre il bambino proveniente dal paese era bardato in abiti civili. Il viaggio pareva interminabile, mettete pure che era la prima volta che quei ragazzi salivano su un treno; quindi erano un tantino sbigottiti e passarono l’intero pomeriggio a fissare i loro valigioni, appesi al bagagliaio, che custodivano, l’uno panni sporchi del collegio e l’altro ogni ben di Dio da mangiare che i nonni mandavano ai parenti per Natale. Nello scompartimento di seconda c’era un tepore che invitava ogni viaggiatore ad alleggerirsi nel vestiario. Anche il seminarista si era ridotto in maniche di camicia, mentre suo fratello Gerardo, nonostante fosse paonazzo in viso, non ne voleva sapere di scoprirsi e intanto continuava a grondare di sudore. Il seminarista che vedeva il fratellino in imbarazzo, credendo si sentisse male, lo trasse in bagno e questi finalmente sputò il rospo. Si vergognava di spogliarsi davanti agli altri e be aveva tutte le ragioni: la nonna nel preparargli la valigia aveva esagerato nelle cose da mangiare e, non essendoci più posto per il vestiario, lo aveva costretto ad indossare tutto doppio. Quel bambino indossava due paia di calze( una sull’altra) e così anche per mutande e  maglietta intima. La nonna, poverina, credeva che essendo inverno, fosse una cosa buona. Non aveva fatto i conti con le ferrovie dello Stato, riscaldamento a tutta callara! Alla stazione Termini ci aspettava papà che prese in consegna quei bagagli. Ricordo che qualcuno vedendomi il cappello con la scritta , mi chiese informazioni di servizio. Sul tram ero frastornato ed affascinato dalla simpatia della gente che mi stava dando il benvenuto in una città fantastica. Era il ’61 ed ero per la prima volta a Roma! Il latte te lo vendevano in bottiglie di vetro sfaccettate e dalla bocca larga che costava cento lire, nei jukeboxe spopolava “Selene” di Modugno che diceva che “il peso sulla luna è la metà della metà”, a Cinecittà, dove andammo ad abitare, giravano “Otto e mezzo” di Fellini ed io non avevo nessuna difficoltà ad avvicinare e salutare Mastroianni, la Cardinale, Sandra Milo o Rossella Falk che uscivano dai cancelli del centro sperimentale di cinematografia ed avevo solo dodici anni!
Buona vita!
maestrocastello

mercoledì 18 novembre 2009

Si fa giorno…..





“Le sei del mattino/ho aperto la porta del giorno ci sono entrato/ho assaporato/ l’azzurro nuovo nelle finestre….(Nazim Hikmet) così sembra che si svegliano soltanto i poeti, ma noi comuni mortali come ci svegliamo? Quali rituali compiamo ogni santa mattina e, soprattutto, quanto impieghiamo a carburare le nostre energie? Vi voglio proporre ciò che dicono in proposito dei miei ex alunni di quinta che mi divertivano un mondo per la loro freschezza ed originalità.
FEDERICO : “Tutte le mattine mamma mi viene a chiamare ed io continuo a dormire. Una, due e più volte e.. quando non ne può più; prende il cane e lo mette nel mio letto. Lui comincia a leccarmi tutta la faccia ed alla fine sono costretto ad alzarmi”.
GIANLUCA : “Mi alzo, inizio a scendere dala scala del mio letto a castello, dopo aver fatto appena due gradini, casco regolarmente giù dalla scaletta. Tutto tramortito, mi avvio verso la cucina, prendo i biscotti e… per quanto sono ancora insonnolito, mi cadono dalle mani.
CHIARA : “Ogni mattina mi sveglio presto con i rumori di mamma e papà che si preparano, ma io rimango nel mio letto a dormire; poi, come sempre, arriva mamma e comincia a chiamarmi. Io a far finta di dormire e lei a dirmi: “Chiara svegliati che fai tardi a scuola!, Dai!”. Ma io non mi alzo, lei perde la pazienza e dice: “Allora? Chiara!!!”. Dal tono di mamma capisco che mi comviene alzarmi subito”.
GIULIANO : “Al mattino è mia sorella a svegliarmi, ma io faccio finta di non sentirla. Lei mi dà le spinte ed io fingo di ricevere un massaggio, perciò, niente da fare, non mi sveglio!”.
REBECCA : “Si sta facendo giorno, suona la sveglia, Mamma e papà si sono già alzati e si sono vestiti. la mamma ci chiama dolcemente. Passano i minuti, i secondi e noi ancora nel letto; allora cambia tono, ci scopre dal calduccio e, prendendoci dalle braccia, ci tira sù e ci dice: “Forza, alzatevi!”.
FRANCEL : “Vado verso il bagno, inizio a guardare fisso il rubinetto e non faccio nessuna mossa, come se lui fosse il mio peggior nemico; quando la mamma passa per il bagno mi dice di sbrigarmi, perché ormai è tardi. Facendo uno sforzo enorme, inizio a lavarmi e comincia così la mia giornata, come tutti i giorni.”.
BENEDETTA : “Noi dormiamo, dormiamo, dormiamo, finchè mamma si arrabbia e noi cominciamo a svegliarci; ma siamo stanchi come se avessimo percorso cinque chilometri senza sosta. Metto giù un piede, poi l’altro, una bella stiracchiata e poi uno sbadiglio. Una volta raggiunta la cucina, colazione a base di cereali e comincia la nostra giornata”.
DANIELE : “Sono davanti alla doccia: piano piano entro e, appena l’acqua mi tocca, mi sveglio completamente. Per svegliarsi la mattina è sempre dura! “.
E voi come affrontate il doloroso momento del risveglio?
Cordialmente
maestrocastello

lunedì 16 novembre 2009

Ma è tutto scritto nelle stelle?


Vi siete mai fatto leggere la mano da una zingara o, per gioco, da qualche conoscente? Dei medici inglesi avrebbero stabilito che le linee della mano non mentono, perchè, a loro dire, nel palmo c’è scritto il nostro destino. Nella pelle della mano sarebbe tracciata la linea della vita: parte dall’indice e si distende verso il braccio e se presenta delle interruzioni trasversali, brutta faccenda, sono in vista dei guai imminenti! Sembra una cosa da ridere, ma sono sicuro che ognuno di voi sarà stato preso da improvvisa curiosità ed avrà già controllato la situazione personale. Per quanto mi riguarda, dovrei aver già avuto una vita zeppa di calamità; ma andiamo avanti. In qualche parte della Bibbia si afferma: “Beato l’uomo perchè non conosce la sua sorte” ed io mi trovo del tutto d’accordo, in quanto non credo affatto a maghi e preveggenti vari. Eppure gli italiani, in genere, vogliono conoscere il proprio futuro a tutti i costi ed il loro rapporto con l’imperscrutabile è molto intenso. Si stima che in Italia esercitino qualcosa come 155 mila maghi e astrologi per un giro d’affari di migliaia di milioni di euro ogni anno. “Telefono antiplagio” riporta che dal 1994 ad oggi sono 16.000 i casi di truffe ed abusi segnalati. Molti truffati restano in silenzio e solo 4 persone su 10 denunciano le truffe. Gli illeciti più frequenti sono: esercizio del mestiere di ciarlatano, evasione fiscale, circonvenzione d'incapace, truffa, truffa aggravata, estorsione, esercizio abusivo della professione medica e psicologica, abuso della credulità popolare, violazione della privacy, pubblicità ingannevole. D’altronde i maghi sono protetti da sindacati e da albi corporativi, i giornali ospitano la loro pubblicità e tantissimi appaiono giornalmente in tv, facendo la fortuna di molti editori. A nulla è valsa la vicenda Vanna Marchi e del fuggitivo mago Do Nascimiento o le penose apparizioni televisive di pseudo-maghi, incapaci di esprimersi in un italiano appena corretto e nemmeno le varie truffe scoperte e mandate sul piccolo schermo son servite da repellente; che tanti si affidano tuttora ad astrologi, chiaroveggenti ed azzeccagarbugli di ogni genere.
Ai tradizionali chiromanti, cartomanti e veggenti si aggiungono gli ufologi, i pranoterapeuti, gli spiritisti, i sensitivi, i rabdomanti, i radioestesisti. La storia confida che lo stesso Hitler aveva l’astrologo di fiducia, così Reagan ed Eisenhower che si affidava ai tarocchi; tutti, insomma, cercano di prevedere il proprio futuro. Quattro italiani su cinque ogni giorno consultano l’oroscopo su giornali e riviste, specialmente le donne, convinti che gli altri sappiano tutto su di noi e possano decidere della nostra vita più di quanto possiamo noi stessi. Da un anno la Gran Bretagna ha deciso di applicare una direttiva dell'Unione Europea che obbliga coloro che svolgono pratiche esoteriche ad avvisare i propri clienti che le prestazioni offerte sono un semplice intrattenimento non fondato su alcuna sperimentazione scientifica. Non sarebbe augurabile un comportamento simile anche da noi? Ma forse non sarebbe del tutto conveniente alle tv commerciali che con maghi e maghetti incamerano un mucchio di quattrini, prima fra tutte Mediavideo. Per le feste di fine anno ci aspetta la solita orgia delle previsioni astrologiche, non solo sulle reti private; ma anche sulle emittenti nazionali, a cominciare dalle reti pubbliche e spesso all’interno degli stessi telegiornali. Parole accattivanti e consigli vaghi e superficiali dati da tipi leziosi ed effeminati, dalla voce suadente e sempre con “ la erre moscia” che sono ospiti in tutte le trasmissioni del piccolo schermo. La colpa è anche nostra che abbiamo inculcato nei giovanissimi la sottocultura dell’oroscopo, infatti essi sanno benissimo di che segno sono, ma ignorano magari il perchè del ciclo delle stagioni o il perchè dell’avvicendarsi del giorno e della notte e crescono convinti che tutto accada, perchè è scritto nelle stelle!
Leggete pure il vostro oroscopo, ma resti solo un innocente passatempo, capace di farvi sorridere; mi raccomando!
Buona vita.
maestrocastello

venerdì 13 novembre 2009

Il pittore che dipingeva i cavalli. (Carlo Acciari)



Non senza un velo di malinconia ripenso alla promessa che ci eravamo fatti, io e Carletto, non più tardi dell’agosto scorso e cioè di realizzare un’intervista in cui parlavamo esclusivamente della sua pittura. Il tempo però, come un cavallo imbizzarrito, corre veloce e non ti lascia il tempo di programmare alcunchè.
Carlo s’è appena ricongiunto a suo figlio Roberto che sempre piangeva ed io sono qui a rimediare, in qualche modo, a quella mancata intervista. L’ultima estate ho trascorso molto tempo in sua compagnia. Ora mi chiedeva consiglio per piccoli lavori, ora mi mostrava un suo quadro appena ideato, ora voleva semplicemente parlare. Mi portava nel suo giardino, all’ombra di una tettoia apriva una birretta e... iniziava a ricordare fatti e personaggi del passato: la conoscenza diretta dei grandi personaggi della pittura come Picasso, De Chirico, Guttuso o quelli della Roma bene che gli avevano fatto visita nel suo studio alla Garbatella. lo incalzavo a parlare di ciò che era per lui la pittura e quale messaggio volesse lanciare ai non addetti ai lavori, per avvicinarli a questa splendida arte e mi rispondeva :”la pittura non è imitazione! La pittura è creazione, è immediatezza! Spesso comincio a sporcare una tela con una precisa idea in testa e va a finire che ne realizzo un’altra che s’è intromessa nel frattempo nel mio pensiero. Gli chiedo da cosa nasce la predilezione a raffigurare i cavalli e mi confida che coltiva fin da piccolo questa passione, che ha dimestichezza con questi splendidi animali, ne conosce ogni tratto e riconosce in loro comportamenti che ravvisa anche nel carattere degli uomini: fierezza, impulso e voglia di esprimersi in tutta libertà. Il segreto della sua arte parte da un ammasso informe di colori, attraverso tratti sapienti ed essenziali prende forma questa vigoria animalesca che è la metafora di una natura che scalpita nei suoi pennelli, vogliosa di prendere corpo sotto forma di indomiti cavalli. Sono affascinato dalla piega della conversazione e gli chiedo quale sia il suo percorso artistico e lui mi parla del suo interesse per l’impressionismo pittorico. Carlo è presto attratto da maestri quali Monet, Degas, Renoir e soprattutto Paul Cèzanne e dal loro atteggiamento artistico fatto di amore di sintesi, eccitazione mentale, combustione cromatica ed esplosione luminosa. Anche quando non dipinge cavalli, ma semplicemente scene del suo quartiere; i tratti repentini, la scelta dei colori, il rimarcare del particolare induce lo spettatore a vedere oltre e cioè : Carlo dipinge la condizione umana! Parla a raffica e s’infuria con se stesso se non ricorda un nome o un particolare. Poi mi confida che è rammaricato per non aver studiato abbastanza e di avere lacune in tanti campi del sapere e ciò gli è valso qualche critica riduttiva in campo artistico. Lo vedo stanco, affaticato forse per il caldo inverosimile dell’ultimo agosto ed allora mi congedo. Di lì a qualche giorno mi richiama e capita che mi impartisce una dimostrazione pratica di pittura. Su cartoncino ammucchia una varietà di tinte e decidiamo insieme che realizzerà un paesaggio marino: da quell’iniziale ammasso prendono forma in successione cielo, mare, scogli, imbarcazioni in una sfumatura di tinte dalle tonalità le più diverse e tutto in un battibaleno! Lui si scalda, gli passa tutta la stanchezza precedente e gioca con le parole e ancor più con i colori: è tornato Carlo dei bei tempi! Proprio al centro di quel paesaggio, mi confida: vuole s’intuisca la presenza del Divino, espresso da un gioco sapiente di colori. Nasce qui una disamina di come lui sia sempre stato alla ricerca del Divino in ogni cosa, nell’arte come nella vita in genere. Ed io sono sempre più affascinato da quel ragazzo ottantenne che, da spirito libero, è consapevole dei suoi limiti e si pone domande e si immagina risposte su temi così alti. Ora Carlo se n'è andato alla chetichella. Al suo funerale la gente della sua Garbatella che lo considerava uno di loro, era serena e consapevole che quando muore un artista, è solo il corpo che ci abbandona; perchè il suo spirito aleggia sempre nel cuore e sulla bocca della gente che gli ha voluto bene. Grazie Carlo, per i bei pomeriggi trascorsi in tua compagmia, per le tue lezioni di arte; ma, soprattutto, grazie per la tua lezione di vita.
maestrocastello

lunedì 9 novembre 2009

Il crocifisso non deve diventare un'arma!


Il crocifisso è sempre stato esposto nelle aule scolastiche? Ma qual è il luogo deputato ad ospitare un crocifisso? La storia dice che l’esposizione dei crocifissi nelle scuole pubbliche italiane venne disposta mediante circolare, con riferimento alla Legge Lanza del 1857, per la quale l’insegnamento della religione cattolica era fondamento e coronamento dell’istruzione cattolica ( quella era la religione di Stato). L’esposizione del crocifisso negli uffici pubblici è invece datata 11 novembre 1923 (con ordinanza ministeriale); mentre nelle aule giudiziarie, fu disposto con Circolare del Ministro Rocco il 29 maggio 1926 (siamo in piena era fascista). Ora siamo nel 2009 ! C'è stato nel frattempo un Concordato (Patti Lateranensi del 1929) e la sua Revisione nel 1984 e bisogna considerare inoltre che negli ultimi trent'anni sono avvenuti notevoli mutamenti della società con cui dobbiamo fare i conti. Già con la revisione del concordato del 1984, voluta da Craxi, la religione cattolica non è più l’unica religione di Stato da oltre vent’anni. Si è abbandonato il principio della religione cattolica come religione dello Stato, attenuando così la posizione di privilegio del passato riconosciuta alla religione cattolica e, nello stesso tempo, si è contribuito al rafforzamento dei principi costituzionali di libertà individuale e collettiva in materia religiosa
(art. 8- 18.-21della Costituzione Italiana). L’ora di religione cattolica nelle scuole pubbliche è facoltativa, anche se impartita da docenti che vengono stipendiati regolarmente dallo Stato Italiano, con i soldi anche di quei contribuenti che hanno un diverso orientamento religioso o non credono affatto. Ma passi! Il nuovo secolo ha portato nelle nostre aule milioni di bambini colorati da paesi lontani, bambini che sono italiani a tutti gli effetti, che mangiano la pastasciutta e che pregano un dio diverso dal nostro. Siamo stati messi difronte alla necessità di allargare il nostro orizzonte culturale e non guardare sempre e solo al nostro orticello; ma per molti ciò risulta ancora estremamente arduo ed inaccettabile. Le questioni legate ai problemi dell'integrazione hanno acceso in questi anni vivaci dibattiti che evidenziano come, ancora, facciamo fatica ad accettare queste presenze (a molti sgradite) e tutti i problemi ad esse legate. Il crocifisso nelle aule scolastiche, onestamente, non ha mai rappresentato un problema per nessuno, tant'è che la sua presenza nelle aule è, sì, gradita; ma mai imposta o controllata. So, per esperienza diretta, che tante aule sono sguarnite di crocifisso e nessuno se ne scamdalizza.
La recente sentenza dell'Alta Corte Europea che vieta l'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche ci induce a fare alcune doverose considerazioni : se da un lato sancisce un diritto per i non credenti; mi pare che esageri quando afferma che il crocifisso "costituisce una violazione della libertà dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni”. Il pericolo vero è che questa del crocifisso diventi la crociata del terzo millennio e che il Simbolo della sofferenza e della pace sia costretto ad assistere all'ennesima Guerra Santa, combattuta da gente
in completa buona fede; ma anche da chi è aduso a trarre vantaggio da ogni cosa. "Meno croce e più vangelo" predicava don Milani che, per rispetto ai suoi studenti, riponeva il crocifisso nel cassetto quando insegnava a Calenzano.
Penso che per un cristiano-cristiano l'unico luogo dove deve stare il crocifisso è un non luogo, cioè la sua coscienza, come afferma anche don Aldo Antonelli in questa provocatoria riflessione che vi propongo intgralmente.
Buona vita!
maestrocastello



"Non nelle aule del tribunale, là dove spesso vengono condannati gli innocenti ed assolti i delinquenti; né sulle vette dei monti e delle colline, deturpate dalla bulimia vorace di impresari senza scrupoli e amministratori conniventi; e nemmeno nelle aule scolastiche, là dove spesso si ricicla una cultura intrisa di violenza e di soprusi. No! L’unico luogo in cui degnamente può stare una croce è un non luogo: è la coscienza del credente, là dove nascono e maturano quei comportamenti che fanno del cristiano, questo sì, il vero segno della di Lui presenza.
Lamentiamo e protestiamo contro quello che nei secoli è stato un vero e proprio trasloco abusivo da una testimonianza esistenziale interiore ad una invadenza superficiale esteriore. Una croce ridotta a simbolo culturale costituisce, per la sensibilità del credente, una profanazione di svuotamento; mentre per molti politici ed altrettanti ecclesiastici diventa moneta di scambio per il consolidamento delloro potere. Simbolo equivoco è diventata questa croce trasformata in spada, che invece di unire divide e che invece di proporsi si impone".

don Aldo Antonelli

martedì 3 novembre 2009

Vuoto d'amore.



Siamo alla fine degli anni novanta ed una sera mi trovo in piazza Fiume, a Roma, davanti
alla libreria Minerva. Le sue vetrine illuminate rischiarano quell'angolo di piazza
che, altrimenti, resterebbe buia a quell'ora di sera. La mia passione per i libri mi
porta a curiosare e sono calamitato verso quell'angolo illuminato di cultura.
In una vetrina troneggia "Clinica dell'abbandono", una raccolta di poesie di Alda Merini;
ma il mio sguardo è catturato da una distinta signora impellicciata che si
aggira morbida fra le vetrine gremite di libri. Guarda con estrema cura ogni testo,
dedicando molto tempo a ciascuno, sembra che intrattenga un colloquio
con quei libri e manca solo che se li accarezzi, proprio come si fa con un piccolo animale.
E' in compagnia di un'altra donna con cui si intuisce che fa dei commenti e quando
si volge nella mia direzione, noto una sigaretta fra le sue dita che sprigiona
abbastanza fumo da infastidirla. Con la mano fa il gesto di scacciare il fumo
e sposta i capelli che le coprono parte del volto; è proprio in quel momento che intuisco che la signora
misteriosa ha lo stesso viso paffutello che avevo appena visto sulla copertina di poesie.
Riconosco in lei la poetessa Alda Merini che avevo tante volte apprezzata in tivvù,
ospite nelle trasmissioni di Costanzo. Come un bimbo che è stato sorpreso a rubare marmellata,
arrossisco per l'imbarazzo. Lei mi regala un candido sorriso ed io me la cavo con un laconico:
- Buona sera ! ed un inchino.
Ho sempre ripensato a questo tenero ricordo,
quando ho approfondito la conoscenza di questa "piccola ape furibonda" o quando
la proponevo sulle pagine di questo blog. E così mi piace ricordarla, pacata come quella sera a
piazza Fiume, ora che è scomparsa e tutti sembrano ricordarsene all'improvviso.
Un suo pensiero, come un testamento, mi piace rimarcare : "per scrivere bisogna anzitutto sapersi perdere,
mettersi in gioco dal profondo, anche a rischio di finire in manicomio, come è successo a me."
" ...Guardando come va fuori, certe volte ne ho nostalgia. In manicomio non ho mai visto
certe invidie, certe cattiverie; ma anzitutto solidarietà".
Mi piace salutarla coi suoi stessi versi , così presi un po' alla rinfusa:

Sei "nata il ventuno a primavera,
piccola ape furibonda".
"le più belle poesie" hai scritto
"sopra le pietre
coi ginocchi piagati
e la mente aguzzata nel mistero".
Ed ora ci lasci un "vuoto d'amore" !

Cordialmente.
maestrocastello

domenica 1 novembre 2009

Questi genitori.




Un ragazzo che conobbi ai giardini pubblici un giorno mi confidò:
- Che pazienza dobbiamo avere con questi genitori, noi bambini!
- Come? La pazienza dovete averla voi?
- Certo - mi rispose il ragazzo - Prenda mio padre, per esempio, certi giorni torna a casa con il nervoso. E noi, tutti zitti, si distende sulla poltrona, come un imperatore e guai a chi apre bocca.
Vorrei vederlo con i grandi...
Poveri figli. I genitori escono e li lasciano soli, con due parole.
- Dormi, tesoro! Ti porterò la cioccolata.
Mentre i genitori sono fuori, i figli mangiano tante cose buone, ma stanno in pensiero. Dicono:
- Anddranno sotto le automobili? Incontreranno i banditi? Si senntiranno male? Avranno paura di camminare al buio? Prenderanno troppo freddo?
Solo quando i genitori tornano a casa, i ragazzi si addormentano contenti: stanchi ma contenti.
Quante preoccupazioni per questi genitori!
(Adattato da Cesare Zavattini, "Parliamo tanto di me", Bompiani)

Quante volte abbiamo detto o sentito dire da un adulto:
- Mio figlio è uscito in bicicletta.........
- Con questo freddo il mio Ricccardo..........
- E' già tardi e Paola...........
ed al posto dei sospensivi vi lascio immaginare quanto afferma una madre in appensione.
In questo buffo racconto, invece, sono i figli che si preoccupano dei genitori, contrariemente a quanto siamo solitamente abituati. Il testo potrebbe sembrare solo una trovata originale di questo celebre autore, scritto nel lontano 1930. Ma, si sa, mutano i tempi ed anche i comportamenti nella società e può accadere che ciò che prima sarebbe stato improbabile, poi diventa naturale. Accade appunto che adolescenti arrivino ad essere preoccupati dei comportamenti dei loro genitori.
Il report di Children’s Rights in Society evidenzia infatti che in Svezia, contrariamente a quanto avviene da noi in Italia, sono gli adolescenti ad essere preoccupati per le pratiche on line seguite dai loro genitori. Babbo e mamma guardano siti porno ed intrattengono conversazioni scabrose in chat. In un articolo sull'argomento di Arianna Bernardini é specificato che lo fanno soprattutto di notte, dopo aver messo a letto i propri figli, che però a volte si alzano e colgono i genitori in atteggiamenti poco edificanti.
"Venire a sapere che il proprio padre parla di sesso in chat, con una donna diversa dalla propria madre, genera nel figlio il timore che la famiglia possa sfasciarsi". Ecco cosa ha riferito un quindicenne all’associazione BRIS in merito al suo papà che ha effettuato una conversazione notturna in chat: "Parlavano di sesso e di come si sarebbero incontrati"....."Mi ha fatto stare davvero male. Non so se dirlo alla mamma oppure no, temo che possano divorziare".
La Bernardini riferisce, poi, il caso di una bambina dodicenne preoccupata perché la madre, da quando ha iniziato a giocare a World of Warcraft,(un videogioco on line):" sembra avere la testa sulle nuvole e non occuparsi affatto della famiglia e della casa. Ha trascorso tutta l’estate, giorno e notte, lì dentro. E quando non sta al computer sembra un’anima in pena, ha lo sguardo perso nel vuoto e non parla e non si rende conto che priva la figlia dell'attenzione di cui ha bisogno".
E che dire di quei genitori che sottraggono tempo e denaro alle famiglie per dedicarlo a macchinette "mangiasoldi", in sale bingo o sale scommesse di ogni genere, dilapidando l'intero stipendio che sarebbe più giusto investire sui figli?
Mi sembra che non hanno poi tutti i torti questi figli a preoccuparsi dei loro genitori.
cordialmente
maestrocastello.