martedì 3 novembre 2009

Vuoto d'amore.



Siamo alla fine degli anni novanta ed una sera mi trovo in piazza Fiume, a Roma, davanti
alla libreria Minerva. Le sue vetrine illuminate rischiarano quell'angolo di piazza
che, altrimenti, resterebbe buia a quell'ora di sera. La mia passione per i libri mi
porta a curiosare e sono calamitato verso quell'angolo illuminato di cultura.
In una vetrina troneggia "Clinica dell'abbandono", una raccolta di poesie di Alda Merini;
ma il mio sguardo è catturato da una distinta signora impellicciata che si
aggira morbida fra le vetrine gremite di libri. Guarda con estrema cura ogni testo,
dedicando molto tempo a ciascuno, sembra che intrattenga un colloquio
con quei libri e manca solo che se li accarezzi, proprio come si fa con un piccolo animale.
E' in compagnia di un'altra donna con cui si intuisce che fa dei commenti e quando
si volge nella mia direzione, noto una sigaretta fra le sue dita che sprigiona
abbastanza fumo da infastidirla. Con la mano fa il gesto di scacciare il fumo
e sposta i capelli che le coprono parte del volto; è proprio in quel momento che intuisco che la signora
misteriosa ha lo stesso viso paffutello che avevo appena visto sulla copertina di poesie.
Riconosco in lei la poetessa Alda Merini che avevo tante volte apprezzata in tivvù,
ospite nelle trasmissioni di Costanzo. Come un bimbo che è stato sorpreso a rubare marmellata,
arrossisco per l'imbarazzo. Lei mi regala un candido sorriso ed io me la cavo con un laconico:
- Buona sera ! ed un inchino.
Ho sempre ripensato a questo tenero ricordo,
quando ho approfondito la conoscenza di questa "piccola ape furibonda" o quando
la proponevo sulle pagine di questo blog. E così mi piace ricordarla, pacata come quella sera a
piazza Fiume, ora che è scomparsa e tutti sembrano ricordarsene all'improvviso.
Un suo pensiero, come un testamento, mi piace rimarcare : "per scrivere bisogna anzitutto sapersi perdere,
mettersi in gioco dal profondo, anche a rischio di finire in manicomio, come è successo a me."
" ...Guardando come va fuori, certe volte ne ho nostalgia. In manicomio non ho mai visto
certe invidie, certe cattiverie; ma anzitutto solidarietà".
Mi piace salutarla coi suoi stessi versi , così presi un po' alla rinfusa:

Sei "nata il ventuno a primavera,
piccola ape furibonda".
"le più belle poesie" hai scritto
"sopra le pietre
coi ginocchi piagati
e la mente aguzzata nel mistero".
Ed ora ci lasci un "vuoto d'amore" !

Cordialmente.
maestrocastello

4 commenti:

  1. La follia è saltare sul tappeto della ragione.
    (A.Merini)

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  2. Ogni uomo della vita mia era il verso di una poesia perduto, straziato, raccolto, abbracciato. Ogni amore della vita mia e cielo e voragine e terra che Maggio per vivere ancora.
    (A.Merini)

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  3. Si va in manicomio per imparare a morire.
    (A.Merini 5 novembre 2009)

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  4. Ogni alba ha i suoi dubbi.
    (A.Merini 7 novembre 2009)

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