domenica 1 agosto 2010

Vacanze estive targate anni sessanta.


Stiamo entrando nella settimana in cui fervono i preparativi di partenza per le strameritate ferie estive. Mare, montagna o laghi? Estenuanti viaggi in macchina sulla Salerno-Reggio Calabria verso i lidi calabresi, attese da sfinimento per imbarcarsi su navi della Tirrenia dirette in Sardegna. Chi ha pochi mezzi sceglierà il campeggio o aspetterà le occasioni dell’ultimo minuto per fare viaggi verso angoli di paradiso a prezzi stracciati. Tanti piangono miseria e poi va a finire che quasi tutti vanno da qualche parte a cercare divertimento e un po' di relax. La recente visita di un mio parente che proveniva da Torino e diretto al nostro paesello dell’entroterra foggiano, mi ha fatto correre la mente alle mie vacanze estive da ragazzo. Appena chiuse le scuole c’era poco da scegliere, ci aspettavano tre mesi ininterrotti di vacanze nel nostro paese di montagna, Sant'Agata di Puglia. Aria fresca, estenuanti sfacchinate a piedi su acciottolati scivolosi e mangiare genuino da mia nonna Mariannina; almeno mamma che rimaneva a Roma aveva qualche bocca in meno da sfamare. A quel tempo non accampavo molte pretese e anche di poco mi contentavo; sempre di corsa, sempre a girovagare per i pochi posti del paese: la piazza, San Rocco, la via Perillo, la villetta; sempre in cerca di amici che giungevano, come me, da altre città e che non vedevo da anni. Nei paesi, si sa, si è curiosi; ma a Sant’Agata asssegnerei la bandiera arancione della curiosità. Quando passavi per strada, le solite due donne ti puntavano da lontano e attaccavano il ritornello: “ Chi è stu uaglione? - Come si chiama? - A chi appartiene?”. Abbassavano il tono di voce, ma non troppo, mentre ti avvicinavi a loro e quando eri accanto, si zittivano completamente e ti fissavano intensamente, per riprendere a cianciare una volta distante e a raccontarsi tutta la cronistoria della tua famiglia. La gente stazionava sui gradini d’accesso delle case, tutte basse; praticamente per strada ed era un continuo chiacchierare con tutti quelli che passavano, un continuo informarsi su dove stavi andando e su cosa ti accingevi a fare. Agosto, si sa, è il mese degli arrivi e quando si incontrava qualcuno le domande di rito erano sempre le stesse: “Quando sei arrivato? - Ti trattieni un pochino? - Quando riparti?”, “Stai così poco?” e seguiva l’immancabile considerazione finale: “Che vai a fare a Torino, qua si sa sta bene; c’è l’aria fina!”. Già, l’aria fina, è il vanto dei santagatesi, oltre al cibo naturalmente che, a detta nostra, è il migliore nei paraggi. Il ricordo più divertente era vedere emigranti di ritorno dalla Svizzera che si aggiravano per la strada in vestiti impossibili, occhialoni scuri, tipo parabrezza di un autobus in gita di piacere , radio a transistor col volume a palla che essi mostravano come un trofeo e si guardavano intorno con orgoglio, come a dimostrare che, sì, avevano fatto sacrifici; ma poi ce l’avevano fatta! C’era poco da fare, poco da divertirsi e tre mesi erano pesanti; ma ci si accontentava di niente: bivacco nella piazza “XX Settembre”, gremita fino a notte fonda, che ci vedeva fare l’alba a bere birra e raccontar cazzate. Il pane caldo alle cinque del mattino, i dolci della sposa alla domenica, fatti di crema e ricoperti di glassa; l’uscita dalla messa la domenica a mezzogiorno che ti permetteva di veder ragazze altrimenti in eterna clausura che uscivano solo in occasione della messa e mentre passavano per la piazza giocavano a far le finte timide, ben consapevoli di essere guardate e giudicate. Il mercato di ogni martedì, la musica a San Rocco che richiamava gente allo struscio del dopo cena e la festa a mezz’agosto coi cantanti in piazza e i fuochi pirotecnici del santo patrono, in pieno giorno. Già dopo ferragosto non c’era più nessuno, si guastava il tempo e arrivare ai primi di settembre diventava dura. Poi finalmente la partenza sulla postale fino a Foggia e il pianto di mia nonna che insieme agli altri vecchi rimanevano a custodire le radici di ognuno. Potevi fare mille altri progetti, ma tanto loro erano certi che, un altro anno, e poi saresti ritornato a Sant'Agata di Puglia!
Buona vita!
Maestrocastello.

4 commenti:

  1. ...senza dimenticare la pizzetta al chiosco di S. Rocco, il gelato al bar Antonaccio in piazza con passeggiata "sopa e sott'", i giochi in piazza Chiancato e gli immancabili "scaldatelli" di nonna e zietta! Sono i ricordi che ci consolano facendoci compagnia ogni tanto. Un abbraccio Ros

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  2. Ah dimenticavo..."rose rosse" e "piccola Ketty" cantate tutti gli anni da Franchino il 16 agosto, in Piazza XX Settembre, per la festa di S. Rocco! Ros

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  3. sono nata a Roma, ma le "vacanze anni 60" rimarranno x me quelle indimenticabili. La prima volta che sono andata al mare: Fiumicino:io mamma e amici,con il treno e 1 valigia tipo emigrante piena di stoviglie ,tovaglia, pentola con pasta al sugo e CIRIOLE con la MORTAZZA!!!!!! puntuale alle 12,30 mamma apre la valigia la svuota, richiude e con una disinvoltura personalissima stende la tovaglia e........ APPARECCHIA ahahhahhhahh mancava solo il famoso COCOMERO!!!!!!!

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  4. colotti.giovanni@alice.it6 settembre 2010 alle ore 14:34

    SONO PASSATI GLI ANNI MA LE VACANZE A SANT'AGATA SONO SEMPRE UGUALI ESATTAMENTE COME LE HAI DESCRITTE TU , NON E' CAMBIATO NIENTE : STESSE DOMANDE DI RITO ALL'ARRIVO E ALLA PARTENZA, STESSI "DIVERTIMENTI", STESSO MERCATO.... (MANCA PURTROPPO NONNA MARIANNINA AD ASPETTARCI....)
    UN ABBRACCIO GIOVANNI E ANTONIETTA

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