Prendete un giovane di venti-trent’anni ed un
signore maturo di sessanta-settanta, cos’hanno in comune le due
generazioni? Nulla, direte a primo acchito; ed invece ci sono delle analogie a
volerle trovare. Sono due forze inespresse da valorizzare che hanno un grande
bisogno di ricollocarsi in una società che rimanda l’ingresso nella vita attiva
dei più giovani e spesso costringe i meno giovani ad un’inattività forzata, ad
un ruolo protetto; mentre essi sentono di poter ancora dare molto alla famiglia
ed alla società. Le recenti leggi sul pensionamento vanno migliorando sempre più
la posizione dell’anziano, grazie alla convinzione che la vita media dell’uomo
si sia allungata; ma una società capitalista la cui cultura fa perno sul principio
di utilità e produttività, non può che considerare
una colpa la debolezza fisica, ovvero l’inefficienza e così la figura dell’anziano
perde quei valori che un tempo suscitavano rispetto ed ammirazione. Il tempo
nulla poteva contro il valore dell’esperienza, della memoria e del rispetto che veniva inculcato verso chi
aveva vissuto. Solo nei vecchi films indiani vediamo che ogni decisione
importante viene presa dopo aver consultato gli anziani. Oggi non è facile
comprendere bene cosa sia la vecchiaia ed apprendere quale sia il linguaggio
giusto da adottare per entrare in contatto con essa. Cosa abbiamo insegnato ai
nostri figli? I giovani fanno ben poco per gli anziani e quel poco che fanno lo
fanno sotto dettatura, per uno sterile senso del dovere: qualche passeggiata in
primavera, un saluto distratto qualche volta al mese, la telefonata a Natale per
ringraziare del regalo e in estate e poi ciascuno per conto proprio. I vecchi
vengono abbandonati alla stessa stregua dei cani in autostrada e poi ci
stupiamo più dell’abbandono dei cani e meno
degli anziani! Il nostro spiccato senso del materialismo ci fa considerare
nonno e nonna troppo lenti, in un’era dalla tecnologia veloce in cui l’uomo reale
perde la propria dimensione a vantaggio dell’uomo virtuale che, se pur non esiste, ha comunque il sopravvento
sugli anziani. Quanto ci stiamo perdendo, forse ce ne accorgeremo domani. Vivere
insieme agli anziani non dovrebbe essere per dovere, ma per raccontarsi che la
distanza del tempo ha qualcosa di atavicamente magico che può colmare quel
vuoto chiamato solitudine. Perché pensate che dopo un ricovero in ospedale
tanti anziani non desiderano di esser e dimessi? E’ semplice: hanno paura della
solitudine che li attende a casa. Gli esperti la chiamano “Sindrome di Enea”, perché
l’eroe troiano era riluttante ad abbandonare Itaca per paura dell’ignoto e l’anziano
non vuol abbandonare l’ospedale, un luogo comunque vivo, per paura di restare
escluso da ogni contatto umano. Il degrado economico e sanitario degli anziani
è addebitabile ai governi, ma quello spirituale e culturale va addebitato ai
giovani. Il vuoto della solitudine di un anziano lo può riempire solamente l’affetto
euforico e vitale di un giovane. Le Carte dei Diritti degli Anziani possono
sancire quello che vogliono, ma le leggi restano lettera morta se nessuno poi
se ne fa carico. Non limitiamoci alla buona educazione di cedere il posto sull’autobus
ad un nonno; prima ascoltiamolo, avrebbe qualche cosa di importante da dirci che
potrebbe tornarci utile un domani. Ascoltiamolo, prima di diventare irrimediabilmente
aggressivi, nevrotici e privi di sensibilità. Siamo in estate: i cani si
abbandonano per strada ed i vecchi a domicilio e muore sempre più gente in
solitudine! In una grande città un vecchio muore di solitudine per la rarefazione
delle relazioni familiari e per la scomparsa progressiva dei rapporti di buon
vicinato. La “morte in solitudine”esclude la possibilità di chiedere aiuto e
ricevere aiuto ed è quello che succede nelle grandi città. L’anziano entra in
un tunnel in cui i desideri coincidono con i sogni che nessuno ascolta e
nessuno realizza. Cosa sogna un anziano? Il bisogno di compagnia, poter
scambiare una chiacchiera, l’aumento della pensione, chi gli porta una cassa d’acqua
fin dentro casa ed essere considerati come una volta. La pensione non gliela possiamo aumentare, ma
almeno possiamo strappare loro un sorriso! Specie
nei piccoli paesi, non lasciamo soli gli anziani!
Buona vita!
maestrocastello
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