martedì 25 settembre 2012

Mi chiamo Tina.



Mi chiamo Tina che non è il diminutivo di Annunziatina, né di Concettina; ma semplicemente l’abbreviativo di Agatina, santa patrona del mio paese che si festeggia il 5 di febbraio e siccome cade d’inverno; praticamente questa festa non se la caca quasi nessuno. E’ vero, la ricorrenza viene ricordata con la tradizione delle “menne” (mammelle) fatte di pasta di pane che vengono benedette durante la messa del mattino e distribuite ai fedeli presenti, in un contesto ammantato di neve che ti arriva ai capelli. Beato, si fa per dire, chi è presente! Abito a Sant’Agata di Puglia da oltre trent’anni, paese ameno tra Accadia, Deliceto e Rocchetta, ma devi arrivare fino a Candela per avere contatti col mondo, per prendere la strada per Foggia, per Potenza o addirittura l’autostrada per Napoli o Roma. Di lavoro ce n’è poco. I maschi si sposano giovani e le donne (guardate me) dopo il matrimonio ingrassano e sfornano figli come giumente. Ho compiuto da poco trentadue anni, ma ne dimostro quasi cinquanta. In questi giorni d’agosto incontro una ragazza che viene da Milano e che giocava da piccola con me per la strada e spesso, sempre per gioco, fingevamo di affrontare un parto sulle scale di casa: minuti e minuti di travaglio e, alla fine,  lei estraeva dalla mia pancia un bambolotto ed iniziavamo a guaire insieme, per dare voce a quel bambino appena nato dalla mia pancia bambina. Ora lei fa finta di non riconoscermi, lei parla con accento del nord. Di bambini lei ne ha appena uno, dai capelli rossicci ed io, benché sia ancora tanto giovane, di quei bambolotti dalla pancia ne ho estratti ben quattro: tre maschi ed una femminuccia e tutto in modo autentico. A Sant’agata l’aria è buona, buona la carne, la mozzarella, pure il pane, i taralli e il caciocavallo. Il tempo è lento, pochi i motori accesi e molte le lucertole che riposano e le cicale che gracidano al sole. L’estate al mo paese è una cosa seria, non come in città che rischi di trovare i negozi sempre aperti. Qui dalle 13 alle 16 cala il coprifuoco, passa il vicino ad avvisarti che stanno per togliere l’acqua e ti sta consigliando di fare scorte o di lavare in fretta i piatti che hai utilizzato per il desinare. In queste tre ore il mondo si ferma, non passano nubi, il cielo è statico, smettono gli uccelli, i cani sono confinati fuori dell’abitato : il paese va praticamente in apnea per qualche ora. I mobili scricchiolano, i tarli del portoncino fanno sentire la loro presenza e lasci passare una striscia di formiche che trasportano in comitiva una briciola di pane chissà dove. Il solito ragazzino con una sola palla ne rompe tante altre, incaponendosi in un gioco palla-muro che va avanti per ore addosso alla parete sassosa della chiesa di Sant’Andrea, dove si dice messa solo alla domenica. Già, si aspetta proprio la domenica per fare un giro in piazza: i giovani al passeggio col giornale sotto-ascella ed appollaiati su una panchina stanno i vecchi, ultimi custodi di ricordi che nessuno vuole più ascoltare. E’ quasi l’ora di pranzo ed è finita messa a San Nicola, l’altare ora diventa la piazza, dove si celebra la messa solenne in passerella ed è l’apoteosi  della curiosità collettiva; la gente sfila curiosa lungo la piazza principale, come in processione e “mira ed è mirata e in cuor s’allegra”, ragazze che non si vedevano da secoli, fanno la loro apparizione come la Madonna di Fatima; i colori delle vesti vanno dal rosa antico al celeste ed hanno quasi sempre una rosa che guarnisce il vestito all’altezza del florido petto. Le finte tonte sanno bene che vengono guardate, ma fanno finta di nulla. Finito il teatrino, i più  prendono la strada del “Bar degli amici” per il classico vassoio di pastorelle, prima di prendere la strada di casa. Tutte le domeniche aspetto mio marito per buttare le orecchiette che il sugo è già pronto da ieri e lui si presenta col solito vassoietto che contiene le solite sei pastarelle: un babà, un diplomatico e quattro dolci della sposa che  non piacciono a nessuno, solo a lui. Ma sei sai che non piacciono a nessuno; dico io, cosa cazzo li compri a fare?  Dimenticavo, piacciono solo a lui!
Buona vita!
maestrocastello

1 commento:

  1. povera Tina vivere a S.Agata non è poi così facile ma è terribilmente affascinante!!!!!

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