Attraversa
la notte Michele con la sua bicicletta chiazzata di ruggine, la catena che ogni
tanto scappa e un fanale che lampeggia a intermittenza. Michele è lo scemo del
paese, ma non è l’unico; sembra un moderno don Chisciotte sul suo Ronzinante di
ferro. Sul suo volto non si scorge follia, piuttosto lo sguardo trasparente di
chi penetra le cose, di chi vede spettacoli che sono preclusi ad occhi comuni che
si fermano sulla soglia del reale; senza parole le cose rimangono invisibili come
questa notte che se ne sta muta, là fuori dalle finestre col suo volto di
mistero e Michele l’attraversa per sorprendere i pensieri come fanno i poeti e
dar loro voce. Lui ha la purezza dei bambini, gli occhi luminosi degli artisti
che imprigionano il sacro fuoco che portano dentro e lo trattengono a stento,
come credevano gli antichi. Se noi, girando il paese, siamo presi da un senso
di stanchezza e di muffa ben confezionata; Michele no, lui di questo luogo riesce
ancora a sentire il respiro, ad avvertire la faticosa dolcezza della campagna. Tanti
sono tentati dall’idea di fuggire, ma lui no, è troppo preso dai casini che ha
dentro la testa matta per pensare pure a quelli del paese. E’ nato qui e non
può fuggire, è come un’icona del luogo e lui sa che è troppo importante; deve
interpretare il suo ruolo di scemo e portare allegria tra la gente, altrimenti
sarebbe un mortorio; specialmente l’inverno. A volte s’improvvisa vigile urbano
e s’appresta a prendere i numeri delle targhe di auto in sosta, quando imita alla
perfezione versi di animali o il suono di un antifurto o quando gira per strade
del paese a fare commissioni a bordo della sua bici mezza scassata. Quando
sente il rumore di un aereo, scende dalla bici e si butta per terra supino, mette
le dita a mò di mitraglia, punta l’aereo e quando lo ritiene a tiro:
“ta-ta-ta—ta-ta-tà! Morite americani di mmerda!” Non si sa perchè ce l'abbia tanto con gli americani. Davanti ai bar, quelli che
bivaccano e bevono birra, s’ammazzano dalle risate coglionando Michele al suo
passaggio in piazza. Michele è senza età e senza famiglia, anzi una famiglia
lui l’avrebbe, ma i tanti fratelli partirono un tempo, lasciandolo solo a
custodire la casa paterna che viene aperta regolarmente in agosto: arrivano i
fratelli, con moglie e nipoti, per la festa del santo patrono, cinque sei
giorni e chi s’è visto s’è visto. Mai nessuno che gli abbia detto: “Ti porto
con me”. Meglio così, povero Michele, perché ne morirebbe, lui è fatto per
stare in questo posto dove il tempo scorre lento, non ci sono motori accesi, ma
lucertole che riposano, cicale che brillano; forse lui sa che gli unici che lo
porteranno sicuramente con sé saranno i suoi vecchi che lo aspettano al
cimitero. Proprio ieri ha accompagnato un fratello alla macchina
fuori paese e li ha visti partire e di loro gli rimangono soltanto i
vestiti dismessi dai nipoti e la voce del fratello: “Mi raccomando fai il
bravo!” E’ una vita che Michele fa il bravo e non se lo caca ugualmente nessuno. L’ansia della festa è passata: la
gente, la processione, gli spari, stare sotto il palco dei cantanti è stato come un sogno; ora è di nuovo solo ad aspettare l'inverno in
compagnia dei suoi pensieri che porta a spasso in questa notte ammantata di
odore di ginestre e di origano. Una luminaria della festa rimasta accesa da
ieri rischiara un cane che dorme in mezzo alla strada, Michele rallenta quando
sente arrivare dall’alto un suono d’aereo e intravede una flebile luce tra le
ombre delle montagne. Il rumore si fa sempre più intenso e la luce più chiara.
Michele smonta dalla bici e si piazza proprio al centro della strada illuminata, sdraiato pancia all’aria, aspetta che arrivi l’aeroplano,
proprio accanto al cane che scappa via, al momento che ritiene più giusto Michele
attacca a sparare a mitraglia: “Ta-ta-ta-ta-ta-ta….. ta-ta-ta-ta-ta….. ta-ta-ta-ta-ta-ta….americani di mmerda!” In
quell’urlo sfoga tutta la sua rabbia, forse per essere nato così.
La sua voce squarcia la notte, il paese sta a quest’ora dormendo e nessuno potrà ridere di lui.
La sua voce squarcia la notte, il paese sta a quest’ora dormendo e nessuno potrà ridere di lui.
Buona
vita!
maestrocastello
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