martedì 5 novembre 2013

Dieci favole politicamente scorrette. (settima puntata)

Faust 2001
di Andrea Camilleri


Un giorno un signore quarantenne, agile, elegante, ben vestito, capelli curatissimi,faccia tirata a lucido, costosissima valigetta griffata in mano, riuscì a farsi ricevere dal Cavaliere. A questi il visitatore fece subito buona impressione: a prima vista, pareva il tipico dirigente-manager del partito che aveva fondato, poteva essere un buon acquisto in vista della prossima campagna elettorale. “Desidera?” , domandò il Cavaliere. “Io niente”, fece il visitatore. “E' lei che desidera qualcosa da me”. Il cavaliere s'irritò. Lui non aveva niente da desiderare, avendo tutto. “Ci dev'essere un equivoco”, disse brusco. “Nessun equivoco, mi creda. Lei ieri sera, alle diciannove e tredici esatte, solo nel suo bagno, guardandosi allo specchio ha pensato: Darei qualsiasi cosa per riavere i miei capelli. Eccomi qua a servirla”. E senza dargli il tempo di reagire, il visitatore aprì la valigetta, ne trasse fuori una dozzina di disegni e li posò sulla scrivania: in ognuna d'essi, la testa del Cavaliere era incoronata da una diversa, ma sempre foltissima, capigliatura: ora riccioluta, ora liscia, ora a onde....”Scelga quella che le piace di più. Il contratto ce l'ho già pronto. Appena l'avrà firmato, si ritroverà in testa il modello che desidera. E le garantisco anche che, fino alla morte, non perderà più nemmeno un capello”. “Lei quale ditta rappresenta?”, domandò il Cavaliere. “Non rappresento altro che me stesso. Non ha ancora capito chi sono?”. Lo disse in modo tale che il Cavaliere capì. Il visitatore era il diavolo in persona. Dunque tutto quello che aveva detto era vero. Bastava concludere il patto e avrebbe riavuto i suoi capelli. “Quindi, secondo la tradizione, lei vorrebbe in cambio la mia anima”, disse lentamente il Cavaliere”. Il visitatore lo guardò leggermente stupito, ma non aprì bocca. Il Cavaliere sospirò un momento, poi allungò la mano: “E va bene, firmiamo questo contratto”, fece. A quel punto il visitatore si mise a sghignazzare. “La sua anima? Lei vorrebbe darmi in contropartita la sua anima? Ma non lo sa che da tempo non accettiamo più anime? Era un commercio che piaceva a mio nonno, che andava sempre in perdita, poveraccio, e piaceva ancora di più ai poeti che ci ricamavano sopra”. “Allora lei che cosa vuole in cambio?” “L'ottantacinque per cento di tutto quello che possiede: televisioni, aziende, giornali, società, ville, tutto. Non è per niente esosa la nostra richiesta. Pensi alla figura che farà sui manifesti elettorali, sicuramente vincerà la campagna”. “In questo caso, preferisco farmi ritoccare le fotografie”, disse il Cavaliere. E lo congedò. (Andrea Camilleri).
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Queste favole sono apparse nel duemilatre e, a distanza di un decennio, dobbiamo convenire che il Cavaliere ha mantenuto la parola: non ha fatto alcun patto col diavolo per riavere i capelli di prima, quando componeva canzoni sulle navi da crociera o costruiva case in Brianza. Lui i capelli se l'è fatti semplicemente tatuare con una polverina ed il risultato è un colore “testa di moro”; la stessa polverina che usa Bruno Vespa; ma a Vespa la tinta è venuta più scura. Certo, pensando a tutto il denaro accumulato e speso in tutti questi anni, poteva pure permetterselo un parrucchino alla Conte della Juve o Sandro Majer di “Ballando”. Forse il Cavaliere già prevedeva tutte le spese che avrebbe dovuto affrontare un decennio più tardi. Gli alimenti (12 milioni l'anno) alla ex moglie, il risarcimento Cir (500 milioni) a De Benedetti, il mantenimento delle varie ville sparse per il mondo (altri 25 milioni), la squadra del Milan in perdita, il PdL che gli costa 20 milioni l'anno, la compravendita di parlamentari per far cadere il governo del Mortadella, il mantenimento delle “Olgettine” (2500 euro mensili a ragazza) , i soldi dati a Ruby, i festini di Arcore e Villa Grazioli, 441 mila euro l'anno allo studio legale Ghedini, le spese per gli altri suoi avvocati, le varie donazioni, gli scagnozzi che si porta dietro e tante altre spese che non vi sto ad elencare, se no facciamo notte. Stando a quanto scrive Libero, il Cavaliere starebbe a rischio povertà, proprio come se fosse un operaio di Termini Imerese. Sarà questo il motivo che non ha ancora pagato la bolletta di 120 euro annuali al Comune di Arcore per due lampioni che da alcuni decenni illuminano la strada adiacente la sua villa? Colpa di questa crisi comunista e di De Benedetti, comunista pure lui, che Il Cavaliere sta cadendo in miseria. Pensate, quest'anno dovrà farsi bastare 7 milioni di euro per le spese di tutti i giorni. Una montagna di soldi, direte voi; ma si tratta di briciole per uno che non è abituato. Davvero un problema al quale gli italiani non sanno come rispondere, roba non ci da non dormirci la notte.
Buona vita!

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