L’archeologo oggi è condannato ad uno stato di precarietà, la sua professionalità continuamente mortificata, la sua passione calpestata.
Pur se riconosciuta formalmente, è noto che la sua figura in Italia al momento non gode di nessuna forma di tutela lavorativa e non ha ancora il riconoscimento della sua identità professionale.
Sembra assurdo che il Paese con il maggior patrimonio artistico mondiale impieghi appena settemila tra archeologi ed esperti di restauro e conservazione e tutte queste potenzialità, specie in un momento di crisi come quello attuale, vengono gettate alle ortiche.
La politica, a chiacchiere, dice di aver la volontà di far ripartire il Paese, creando opportunità di lavoro per i giovani; ma nella pratica fa tutto il contrario.
È successo col sindaco di Roma, Ignazio Marino, che ieri ha annunciato un accordo con l’Enel per lo studio e la catalogazione dei reperti archeologici in deposito presso il Comune di Roma che verranno imballati e spediti in America, per poi essere restituiti alla città classificati e catalogati, pronti per essere esposti nei musei capitolini. "Un lavoro - dice Marino, sindaco di sinistra - a costo zero”.
Figuriamoci in Italia, dove a mancare non sono né figure professionali di eccellenza, né competenze scientifiche, né “tecnologie all’avanguardia”; ma piuttosto politiche culturali adeguate, riconoscimenti professionali e investimenti significativi. Che senso ha formare a spese pubbliche studiosi e professionisti ai più alti livelli con lauree, specializzazioni e dottorati, per poi lasciarli disoccupati o costringerli a espatriare, mentre si affidano all’estero lo studio e la valorizzazione del patrimonio culturale del nostro Paese?
Che significa "a costo zero" se il costo è zero a pagarlo sono i nostri archeologi disoccupati?
I reperti andranno dunque negli Stati Uniti, dove saranno studiati da ricercatori internazionali, la maggioranza dei quali si è probabilmente formata e specializzata in Italia; molti di essi saranno anzi certamente italiani espatriati per mancanza di opportunità qui da noi.
Con questo accordo il sindaco di Roma Ignazio Marino si è comportato come un industrialotto qualsiasi, desideroso solo di risparmio; non da sindaco di una grande città, che opera per il bene della comunità che amministra. Sbandierando con orgoglio la delocalizzazione del nostro patrimonio storico ha umiliato le centinaia di giovani lavoratori iperspecializzati che magari lo hanno anche votato.
Pur se riconosciuta formalmente, è noto che la sua figura in Italia al momento non gode di nessuna forma di tutela lavorativa e non ha ancora il riconoscimento della sua identità professionale.
Sembra assurdo che il Paese con il maggior patrimonio artistico mondiale impieghi appena settemila tra archeologi ed esperti di restauro e conservazione e tutte queste potenzialità, specie in un momento di crisi come quello attuale, vengono gettate alle ortiche.
La politica, a chiacchiere, dice di aver la volontà di far ripartire il Paese, creando opportunità di lavoro per i giovani; ma nella pratica fa tutto il contrario.
È successo col sindaco di Roma, Ignazio Marino, che ieri ha annunciato un accordo con l’Enel per lo studio e la catalogazione dei reperti archeologici in deposito presso il Comune di Roma che verranno imballati e spediti in America, per poi essere restituiti alla città classificati e catalogati, pronti per essere esposti nei musei capitolini. "Un lavoro - dice Marino, sindaco di sinistra - a costo zero”.
Figuriamoci in Italia, dove a mancare non sono né figure professionali di eccellenza, né competenze scientifiche, né “tecnologie all’avanguardia”; ma piuttosto politiche culturali adeguate, riconoscimenti professionali e investimenti significativi. Che senso ha formare a spese pubbliche studiosi e professionisti ai più alti livelli con lauree, specializzazioni e dottorati, per poi lasciarli disoccupati o costringerli a espatriare, mentre si affidano all’estero lo studio e la valorizzazione del patrimonio culturale del nostro Paese?
Che significa "a costo zero" se il costo è zero a pagarlo sono i nostri archeologi disoccupati?
I reperti andranno dunque negli Stati Uniti, dove saranno studiati da ricercatori internazionali, la maggioranza dei quali si è probabilmente formata e specializzata in Italia; molti di essi saranno anzi certamente italiani espatriati per mancanza di opportunità qui da noi.
Con questo accordo il sindaco di Roma Ignazio Marino si è comportato come un industrialotto qualsiasi, desideroso solo di risparmio; non da sindaco di una grande città, che opera per il bene della comunità che amministra. Sbandierando con orgoglio la delocalizzazione del nostro patrimonio storico ha umiliato le centinaia di giovani lavoratori iperspecializzati che magari lo hanno anche votato.
Nessun commento:
Posta un commento