Il paese sembrava essersi destato dal torpore che solitamente
lo avvolgeva, finalmente succedeva qualcosa: domenica e lunedì si sarebbe votato
per eleggere il sindaco. I muri erano tappezzati
di facce eccentriche dai cognomi pittoreschi e un carretto munito di altoparlanti
come quelli degli ambulanti che vendono patate per strada, aveva percorso le
strade cittadine da alcune settimane, assordando la gente al grido: “Vota e fai votare!”. Manifesti, volantini e santini narcisistici di
loschi figuri locali erano solo la parte esteriore del tutto; ma nei paesi, si
sa, da sempre la campagna elettorale si svolge sottotraccia. Ti avvicinano in
piazza vecchi tromboni che fino ad ieri manco ti pisciavano e ti prospettano, se li voti, del
possibile impiego di uno dei tuoi figli nello stabilimento industriale che
amici della provincia gli hanno promesso di aprire proprio nelle vicinanze del tuo
paese. Pie donne fanno il giro “casa per casa”, chiedendo voti di preferenza e promettendo ex
voto sotto forma di favori e pacchi dono
per famiglie indigenti; una vera e
propria compravendita di voti di sull’altare della povertà. Questi
signori del feudo e le loro comari si comprano la fame dei tuoi figli, come i
loro padri già fecero con tuo padre, in
un giro di voti di scambio che non portano a nulla di concreto. Ti promettono
la luna, ma si sa che la luna ha smesso di passare per il tuo paese; tant’è che
un giorno dovesti fare le valige e andartene, insieme a tanti altri disperati,
per cercare fortuna in un’altre parti di questo mondo. Ora che sei tornato ti
accorgi che tutto è rimasto come allora. Quando i paesi erano gremiti di gente,
non meravigliavano quelle partenze, perché facevi il giro dei parenti e, tra un
abbraccio e una lacrima, tutti sapevano che un giorno saresti tornato. Ora è
diverso, non se ne accorge più nessuno che sei sparito e le partenze anche di
pochi, tra un numero sparuto di abitanti, si notano e come. I paesi si svuotano
e questi signorotti incontrastati padroni di feudi deserti con la bandiera arancione che
vengono scelti a cura dei luoghi incontaminati della tua infanzia, in tua
assenza, progettano discariche, avallano cementificazioni scriteriate e passaggi
di elettrodotti dove non si potrebbe; con la promessa di posti di lavoro per cittadini, amici di partito e intanto permettono la chiusura dell’unico ufficio
postale del paese, del circolo didattico che si sposta nel comune vicino e va a
finire che una comunità che pullula di chiese con una certa storia, ora si
ritrova a non avere nemmeno un prete per dire la messa ai vecchietti la
domenica. Assegnano a questi posti la bandiera arancione della desolazione, con
case statiche che si assomigliano sempre più fra loro, ma sempre meno ai pochi che le abitano e che la fanno da padrone. Per fortuna che qui non cambia nulla
e le promesse finiscono in una bolla di sapone. Le case, a differenza delle
persone, non abboccano alle false promesse del pifferaio di turno e sono restie
ad ogni cambiamento. il paese gronda di vita pure in un muro scrostato, in un tetto
sfondato, in un portone che non si apre da anni. Questi ruderi sono ospitali
con il vento e col sole, accolgono l’alba ed il tramonto e ci aspettano sempre;
sicuri che un giorno riprenderemo da dove avevamo interrotto.
Buona vita!
maestrocastello
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