martedì 8 maggio 2012

Voti ed ex voto.

Il paese sembrava essersi destato dal torpore che solitamente lo avvolgeva, finalmente succedeva qualcosa: domenica e lunedì si sarebbe votato per eleggere il sindaco. I muri erano  tappezzati di facce eccentriche dai cognomi pittoreschi e un carretto munito di altoparlanti come quelli degli ambulanti che vendono patate per strada, aveva percorso le strade cittadine da alcune settimane, assordando la gente al grido:  “Vota e fai votare!”.  Manifesti, volantini e santini narcisistici di loschi figuri locali erano solo la parte esteriore del tutto; ma nei paesi, si sa, da sempre la campagna elettorale si svolge sottotraccia. Ti avvicinano in piazza vecchi tromboni che fino ad ieri manco ti pisciavano e ti prospettano, se li voti, del possibile impiego di uno dei tuoi figli nello stabilimento industriale che amici della provincia gli hanno promesso di aprire proprio nelle vicinanze del tuo paese. Pie donne fanno il giro “casa per casa”, chiedendo voti di preferenza e promettendo ex voto sotto forma di favori e pacchi dono per  famiglie indigenti; una vera e propria compravendita di voti di sull’altare della povertà. Questi signori del feudo e le loro comari si comprano la fame dei tuoi figli, come i loro padri già fecero  con tuo padre, in un giro di voti di scambio che non portano a nulla di concreto. Ti promettono la luna, ma si sa che la luna ha smesso di passare per il tuo paese; tant’è che un giorno dovesti fare le valige e andartene, insieme a tanti altri disperati, per cercare fortuna in un’altre parti di questo mondo. Ora che sei tornato ti accorgi che tutto è rimasto come allora. Quando i paesi erano gremiti di gente, non meravigliavano quelle partenze, perché facevi il giro dei parenti e, tra un abbraccio e una lacrima, tutti sapevano che un giorno saresti tornato. Ora è diverso, non se ne accorge più nessuno che sei sparito e le partenze anche di pochi, tra un numero sparuto di abitanti, si notano e come. I paesi si svuotano e questi signorotti incontrastati padroni di feudi deserti con la bandiera arancione che vengono scelti a cura dei luoghi incontaminati della tua infanzia, in tua assenza, progettano discariche, avallano cementificazioni scriteriate e passaggi di elettrodotti dove non si potrebbe; con la promessa di posti di lavoro per cittadini, amici di partito e intanto permettono la chiusura dell’unico ufficio postale del paese, del circolo didattico che si sposta nel comune vicino e va a finire che una comunità che pullula di chiese con una certa storia, ora si ritrova a non avere nemmeno un prete per dire la messa ai vecchietti la domenica. Assegnano a questi posti la bandiera arancione della desolazione, con case statiche che si assomigliano sempre più fra loro, ma sempre meno ai pochi che le abitano e che la fanno da padrone. Per fortuna che qui non cambia nulla e le promesse finiscono in una bolla di sapone. Le case, a differenza delle persone, non abboccano alle false promesse del pifferaio di turno e sono restie ad ogni cambiamento. il paese gronda di vita pure in un muro scrostato, in un tetto sfondato, in un portone che non si apre da anni. Questi ruderi sono ospitali con il vento e col sole, accolgono l’alba ed il tramonto e ci aspettano sempre; sicuri che un giorno riprenderemo da dove avevamo interrotto.
Buona vita!
maestrocastello

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