Ricordo strade del mio paese che in estate percorrevo scalzo, strade
lastricate di sassi levigati dal continuo camminare di uomini attaccati alla
coda di un mulo diretti alla campagna, strade tutte in salita. La merda degli asini
si raccoglieva nelle curve dove i ragazzi giocavano a pallone e gli escrementi
delle galline lambivano gli scalini di case dal limitare troppo basso. A giugno era tutto un pullulare di
mocciosi che giocavano a bottoni, mentre nel mese di gennaio la neve saliva
fino alle finestre, dentro stanze imbiancate a calce. Pure se si somigliano
tutte, allora percepivo di ognuna rumori, colori e odori diversi l’una
dall’altra. Strade di risse e di malumore che nelle processioni si coprivano di
petali di rose, strade con piante di gerani davanti all’uscio, strade dove
tirava sempre vento, strade storte, squilibrate, con le nuvole che entravano
fin dentro le finestre, strade di rondini nei pressi del castello, strade
assordate dalle urla del maiale che stavano scannando, strade ubriache di mosto
appena fatto, strade disseminate di secchi per raccogliere l’acqua piovana,
strade con tetti bassi che ospitavano stese di conserva e pomodori lasciati ad
asciugare al sole. Strade avvezze ai richiami più diversi: la donnetta che
dispensava latte da un bidoncino d’alluminio e s’annunciava al suono d’una
campanella, il banditore Barbirotti che avvisava quando avrebbero erogato acqua
nel paese, il vecchio venditore di sapone, chi raccoglieva capelli e dava in
cambio “pettini e pettinesse”, il fischietto di Pietrino il portalettere che
chiamava mia nonna “Cumma Mariannina”, perché era amico di famiglia. In quelle
strade si svolgeva la maggior parte della nostra vita, i ragazzi facevano
schiamazzi, le donne sedevano sulle scale a cucire e ricamare con l’ago e con
la bocca, le liti iniziate nelle case finivano immancabilmente per la strada.
Chi aveva la radio la metteva a voce alta, per far sapere agli altri che
l’aveva. Gli asini di ritorno dalla campagna stazionavano davanti alle abitazioni,
in attesa di essere liberati e guadagnare la meritata via della stalla che
tanti avevano in grottini ubicati nella stessa abitazione. Tutte le strade, in
discesa ed in salita, portavano inevitabilmente in piazza, ubicata al centro
del paese e frequentata da soli uomini che passeggiavano al modo di soldati in
marcia,con le mani raccolte dietro la schiena. In quelle strade è racchiusa la
mia vita fino ai dodici anni e, come nei films di Fellini: prima
schiamazzi ed ora c’è silenzio. Quelli che partirono e chi rimase a
custodire ricordi che vanno scomparendo a man a mano che i nostri vecchi
prendono la via che porta al cimitero. M’illudo che un giorno io possa tornare
ad aprire case cadute in letargo, a risvegliare le strade rimaste deserte; a riappropriarmi
di un passato che esiste ormai solo nella mia malata immaginazione.
Buona vita!
maestrocastello
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