venerdì 20 dicembre 2013

Letterina a Babbo Natale.

Ciao, Babbo Natale.
Tu sei una bella invenzione a cui ricorriamo noi grandi per illudere i nostri bambini che, a Natale, i regali è come se piovessero dal cielo e non frutto del nostro lavoro. Forse è per il fatto che non riusciamo più a sognare e non desideriamo che smettano di farlo anche i nostri figli. Sarà forse questo il motivo per cui un genitore, un mese prima del Natale, si ritaglia una mezz'ora di tempo per scriverti lettere insieme ai propri bambini e dirigere le loro richieste di regali in base alle proprie possibilità economiche e sarà anche per questo che un genitore s'indigna quando la maestra del figlio decide di rivelargli che Babbo Natale non esiste. Da piccolo, quando ero al paese, si scriveva la letterina direttamente ai genitori e la si metteva sotto il piatto del papà, durante il pranzo di Natale. Forse era perché tu ancora non esistevi oppure perché allora era più dura di adesso e non si poteva credere alle favole. Ricordo che dopo tante insistenze tua madre ti dava le dieci lire per comprare la letterina che aveva un disegno natalizio ricamato di porporina d'oro e d'argento che sfarinava dappertutto e tu la tenevi gelosamente nascosta a tuo padre. Il testo lo inventavi o col maestro o assieme alla mamma: sempre le solite promesse mai mantenute: di essere buono e più studioso. Il problema era scriverle sul foglio con la porporina quelle promesse, foglio faticosamente “comprato”, “unico” e “costato dieci lire”. Non riuscivi mai senza fare sbagli! Allora non c'era la penna a biro e scrivevamo col pennino intinto all'inchiostro ed era praticamente impossibile non fare macchie sul foglio. Facevi tante prove su fogli strappati nascostamente dal quaderno e, finalmente, passavi alla letterina vera e propria. Il prodotto non era mai all'altezza, ma tuo padre avrebbe comunque apprezzato il tuo gesto, lui avrebbe versato un lacrimone e tu avresti recuperato le dieci lire della lettera. Dice, cosa si mangiava a Natale? Si mangiava! Ma lasciamo stare, che quelli erano proprio altri tempi! Dopo mezzo secolo, caro Papà Natale, torno a scrivere quella letterina natalizia e non potendola più mettere sotto il piatto del mio papà (pace all'anima sua); la invio direttamente a te, come fanno i bambini. Tu sei un'invenzione collettiva e mi rivolgo a te, per non rivolgermi agli altri. Non ho richieste particolari per me, che mi ritengo assai fortunato di avere di che vivere e non mi manca l'affetto dei miei cari; faccio richieste per tutti quelli che non se la passano tanto bene: le persone anziane abbandonate, allettate, quelle che hanno scelto la strada, quelle ammucchiate in posti di prima accoglienza, denudati e vilipesi nella propria dignità, gente relegata ai margini della nostra società, quelli che la vita s'è scordato di loro. Molti di noi si lamentano solo perché non possono tenere lo stesso tenore di vita di prima, dimenticandosi dei padri di famiglia che hanno perso il posto di lavoro a cinquant'anni. Caro Babbo, vorrei tanto che il Natale non fosse solo coreografia e “volemose bene” detto a parole, il miglior regalo non sono i beni di consumo, che uno se ne può anche fare a meno; tanti desiderano la nostra attenzione, un saluto, un semplice sorriso. Un'ora di compagnia ad un anziano è il più bel regalo che gli si possa fare a Natale. Le luci più belle saranno i sorrisi che riusciremo ad accendere sul volto della gente.

Buona vita e Buon Natale a tutti!

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