Ciao, Babbo Natale.
Tu sei una bella
invenzione a cui ricorriamo noi grandi per illudere i nostri bambini
che, a Natale, i regali è come se piovessero dal cielo e non frutto
del nostro lavoro. Forse è per il fatto che non riusciamo più a
sognare e non desideriamo che smettano di farlo anche i nostri figli.
Sarà forse questo il motivo per cui un genitore, un mese prima del
Natale, si ritaglia una mezz'ora di tempo per scriverti lettere
insieme ai propri bambini e dirigere le loro richieste di regali in
base alle proprie possibilità economiche e sarà anche per questo
che un genitore s'indigna quando la maestra del figlio decide di
rivelargli che Babbo Natale non esiste. Da piccolo, quando ero al
paese, si scriveva la letterina direttamente ai genitori e la si
metteva sotto il piatto del papà, durante il pranzo di Natale. Forse
era perché tu ancora non esistevi oppure perché allora era più
dura di adesso e non si poteva credere alle favole. Ricordo che dopo
tante insistenze tua madre ti dava le dieci lire per comprare la
letterina che aveva un disegno natalizio ricamato di porporina d'oro
e d'argento che sfarinava dappertutto e tu la tenevi gelosamente
nascosta a tuo padre. Il testo lo inventavi o col maestro o assieme
alla mamma: sempre le solite promesse mai mantenute: di essere buono
e più studioso. Il problema era scriverle sul foglio con la
porporina quelle promesse, foglio faticosamente “comprato”,
“unico” e “costato dieci lire”. Non riuscivi mai senza fare
sbagli! Allora non c'era la penna a biro e scrivevamo col pennino
intinto all'inchiostro ed era praticamente impossibile non fare
macchie sul foglio. Facevi tante prove su fogli strappati
nascostamente dal quaderno e, finalmente, passavi alla letterina vera
e propria. Il prodotto non era mai all'altezza, ma tuo padre avrebbe
comunque apprezzato il tuo gesto, lui avrebbe versato un lacrimone e
tu avresti recuperato le dieci lire della lettera. Dice, cosa si
mangiava a Natale? Si mangiava! Ma lasciamo stare, che quelli erano
proprio altri tempi! Dopo mezzo secolo, caro Papà Natale, torno a
scrivere quella letterina natalizia e non potendola più mettere
sotto il piatto del mio papà (pace all'anima sua); la invio
direttamente a te, come fanno i bambini. Tu sei un'invenzione
collettiva e mi rivolgo a te, per non rivolgermi agli altri. Non ho
richieste particolari per me, che mi ritengo assai fortunato di
avere di che vivere e non mi manca l'affetto dei miei cari; faccio
richieste per tutti quelli che non se la passano tanto bene: le
persone anziane abbandonate, allettate, quelle che hanno scelto la
strada, quelle ammucchiate in posti di prima accoglienza, denudati e
vilipesi nella propria dignità, gente relegata ai margini della
nostra società, quelli che la vita s'è scordato di loro. Molti di
noi si lamentano solo perché non possono tenere lo stesso tenore di
vita di prima, dimenticandosi dei padri di famiglia che hanno perso
il posto di lavoro a cinquant'anni. Caro Babbo, vorrei tanto che il
Natale non fosse solo coreografia e “volemose bene” detto a
parole, il miglior regalo non sono i beni di consumo, che uno se ne
può anche fare a meno; tanti desiderano la nostra attenzione, un
saluto, un semplice sorriso. Un'ora di compagnia ad un anziano è il
più bel regalo che gli si possa fare a Natale. Le luci più belle
saranno i sorrisi che riusciremo ad accendere sul volto della gente.
Buona vita e Buon Natale
a tutti!
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