domenica 9 febbraio 2014

Fuga di cervelli.

Nel nostro Paese vale più la conoscenza o le conoscenze?
La ricerca vera in Italia è praticamente inesistente. La scelta dei docenti universitari non è meritocratica, ma fortemente clientelare e mettiamoci pure che nelle ultime legislature i governi di destra e di sinistra non hanno fatto altro che ridurre le risorse a disposizione della ricerca e l’innovazione, con il risultato di aumentare la corsa all’accaparramento, a scapito della qualità della ricerca stessa.
In tempi come questi nessuno riesce a capire che per un Paese in crisi non è possibile ripartire senza un considerevole investimento proprio nell’istruzione e nella ricerca, seguendo l’esempio di Paesi più titolati come gli USA. Tutte le riforme degli ultimi vent’anni anni nel nostro Paese sono accompagnate dalla  mancanza di risorse umane e finanziarie; tuttavia gli sprechi continuano, purtroppo anche a causa di una classe dirigente che non ha evidentemente compreso bene le gravi condizioni in cui versa lo Stato. Un esempio per tutti, la Regione Lazio spende 20 milioni di euro l’anno  in vitalizi per i consiglieri regionali che potrebbero essere impiegati per il diritto allo studio dei più meritevoli. Perché succede tutto questo? Perché abbiamo politici con livello culturale modesto, con titolo di studio spesso dubbio, con debito formativo colossale e con requisiti da “Grande Fratello”. L’attuale sistema promuove un’emorragia di cervelli senza precedenti e questo deve far riflettere. Colpisce tutti i ricercatori indistintamente? Gli individui  più dotati sono considerati non come una risorsa, ma piuttosto come una minaccia, soggetti pericolosi da allontanare il prima possibile; le loro idee progressiste potrebbero intaccare il sistema dell’elite. Viceversa, gli individui  meno brillanti e dediti  al servilismo e al lecchinaggio diventeranno la nuova classe docente, in un sistema di baronaggio perfetto.
Così va l’Italia.
Buona vita!




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