Nel nostro Paese vale più la conoscenza o
le conoscenze?
La ricerca vera in Italia è
praticamente inesistente. La scelta dei docenti universitari non è
meritocratica, ma fortemente clientelare e mettiamoci pure che nelle ultime
legislature i governi di destra e di sinistra non hanno fatto altro che ridurre
le risorse a disposizione della ricerca e l’innovazione, con il risultato di
aumentare la corsa all’accaparramento, a scapito della qualità della ricerca
stessa.
In tempi come questi nessuno riesce
a capire che per un Paese in crisi non è possibile ripartire senza un
considerevole investimento proprio nell’istruzione e nella ricerca, seguendo
l’esempio di Paesi più titolati come gli USA. Tutte le riforme degli ultimi
vent’anni anni nel nostro Paese sono accompagnate dalla mancanza di risorse umane e finanziarie;
tuttavia gli sprechi continuano, purtroppo anche a causa di una classe
dirigente che non ha evidentemente compreso bene le gravi condizioni in cui
versa lo Stato. Un esempio per tutti, la Regione Lazio spende 20 milioni di
euro l’anno in vitalizi per i
consiglieri regionali che potrebbero essere impiegati per il diritto allo studio dei più meritevoli. Perché succede tutto questo? Perché abbiamo politici con
livello culturale modesto, con titolo di studio spesso dubbio, con debito
formativo colossale e con requisiti da “Grande Fratello”. L’attuale sistema
promuove un’emorragia di cervelli senza precedenti e questo deve far
riflettere. Colpisce tutti i ricercatori indistintamente? Gli individui più dotati sono considerati non come una risorsa,
ma piuttosto come una minaccia, soggetti pericolosi da allontanare il prima
possibile; le loro idee progressiste potrebbero intaccare il sistema
dell’elite. Viceversa, gli individui
meno brillanti e dediti al servilismo
e al lecchinaggio diventeranno la nuova classe docente, in un sistema di
baronaggio perfetto.
Così va l’Italia.
Buona vita!
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