martedì 25 febbraio 2014

Educare a pensare. (Il maestro Manzi)


Il maestro Manzi e la sua “Non è mai troppo tardi”sono quei bei ricordi che ti porti da piccolo. Ma chi era il maestro Manzi? I giovani lo stanno conoscendo dalla fiction televisiva, mentre i più grandicelli sanno che è stato il padre dell’insegnamento a distanza. Erano gli anni sessanta e ricordo bene che, verso il tardo pomeriggio, una maestra del mio paese accoglieva, a decine, persone  avanti con l’età nella sua casa. Accendeva il televisore ed appariva lui, il maestro Alberto Manzi con la sua faccia bonaria a disegnare qualunque cosa col carboncino su  fogli giganti. La A diventava un albero, la B una barca con i remi e la C una casetta con tanto di tetto rosso e fumaiolo; lettere usate come simboli legati all’esperienza diretta, per diventare pur essi esperienza. Si calcola che, grazie a lui,  milioni di italiani adulti impararono a leggere e scrivere. Chi l’avrebbe pensato che alcuni anni più tardi avrei intrapreso lo stesso suo mestiere e che un giorno l’avrei addirittura conosciuto di persona, come collega! Alberto Manzi e Gianni Rodari due maestri elementari (conosciuti entrambi) che sono stati i miei veri maestri. Il maestro Manzi è un personaggio di grande levatura, con una visione della pedagogia e dell’insegnamento che già allora era avanti di cinquant’anni. Quando fai il maestro il metodo non te lo insegna nessuno, te lo devi creare da solo, cercando di non arrecare danno ai bambini e se insegni col cuore non puoi fallire.  I bambini non sono un numero, sono persone che hanno tempi di apprendimento diversi che vanno rispettati e questo il maestro Manzi l’aveva capito. Lui non faceva discriminazione  tra buoni e cattivi, tra bravi e somari, tra poveri e benestanti. I bambini hanno delle potenzialità da far venire alla luce. Lui aveva capito, ad esempio, che il voto fa la cernita dei buoni e i cattivi, che premia e punisce, esalta ed umilia e perciò non dava mai voti. Rispettava i tempi di apprendimento di ciascuno, senza forzature. Aveva capito che bisogna creare l’interesse nei ragazzi, cercando un qualsiasi appiglio per iniziare l’opera di insegnamento. Per lui era importante far nascere in  ognuno dei suoi alunni  il pensiero critico, la libertà di pensare in proprio e la consapevolezza di essere gli artefici del proprio destino. Il maestro Manzi era un disubbidiente, uno che pagava di persona, uno che nel 1981 si rifiutò di compilare le  schede di valutazione per non compromettere lo sviluppo futuro del ragazzo con un giudizio negativo e gli fu dimezzato lo stipendio e bloccati di due anni di carriera. I ragazzi sono suscettibili di miglioramento e quello che oggi non riescono a fare, potrebbero saperlo fare domani.
Ci ricordiamo i nostri maestri che ci picchiavano, ci umiliavano davanti a tutti, ci mettevano le orecchie d’asino mandandoci dietro la lavagna, ci relegavano all’ultimo banco e facevano sì che non avessimo mai stima di noi stessi? Avremmo voluto invece un maestro che ci prestasse attenzione,  che ascoltasse i nostri pensieri, i sogni e le nostre aspirazioni nascoste; uno che capisse che è meglio se si studia con piacere e che ci avesse detto che lo studio è come una corazza per affrontare meglio la vita. Sarebbe stato bello avere il maestro Manzi come il nostro maestro.

Buona vita!
maestrocastello

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