E' bello
scendere in una fotografia, bello stare fermi. Prima di tutto guardi se
ci sei tu, ti riconosci e metti i tuoi occhi su tutti gli altri, segno di
un'appartenenza. E' una foto datata ‘57-‘58 e in bianco e nero, come i
colori della vita di quei tempi in cui, per fare una foto da inviare a tuo
nonno in Australia, indossavi l'unico abito buono che avevi; magari della prima
comunione appena fatta e per lo stretto tempo necessario dello scatto; poi di
nuovo buttati per strada che la casa non ci accoglieva tutti
contemporaneamente. Guardate questa famiglia numerosa fine anni cinquanta, è la
mia, io sono quello col cravattino e scarpette da ginnastica bianche, tutti
maschi in fase di crescita e perciò eternamente affamati, bisognosi di cibo,
vestiti, materiale per la scuola e a
provvedervi era una sola persona, mio padre Donato, di professione muratore.
Oggi è difficile trovare disponibile un bravo muratore che ti faccia un lavoro
ad un prezzo onesto e per risparmiare si chiamano rumeni e polacchi. Allora di
bravi maestri muratori al paese ce n’erano quanti ne volevi, ma il lavoro era
poco e solo quando era la bella stagione, perché d’inverno mio padre restava in casa a scalpitare che uscisse il
bel tempo. Di lire ne circolavano poche e spesso, al termine di un lavoro,
veniva retribuito con generi alimentari: sacchetti di grano o di farina, olio,
legumi e quant’altro. Una volta che papà impiantò uno dei primi forni elettrici
del paese, non ricevette in cambio denaro; ma per mesi la nostra famiglia
ricevette pane gratis da quel forno. Sarebbero trascorsi appena 3 anni da
questa foto che la mia famiglia, come le rondini, avrebbe preso il volo verso
lidi più caldi. Sono passati tanti anni e l’immagine di mio padre un po’
sofferta di questa foto non mi ha mai abbandonato: tante cose non le dava a
vedere a noi piccoli, ma la mia indole accorta riusciva quasi sempre a capire
quando c’erano problemi. La dote migliore di mio padre era la giovialità che ci
ha trasmesso e la capacità di saper trarre insegnamenti anche da
situazioni negative. Pretendeva avere
sempre la sua famiglia intorno: a Pasqua e Natale non ammetteva discussioni,
anche da sposati, era d’obbligo stare tutti insieme con lui che metteva
allegria. Ho un ricordo di quando ero molto piccolo ed eravamo al
paese, che vendevano ancora le sigarette sfuse: certe sere che ero già a letto
e lui aveva finito le sigarette, mi comandava di andargli a comprare cinque
nazionali e di fare presto, prima che chiudesse il tabacchino. Ricordo che
mi rivestivo a malincuore e facevo
tutta una corsa co ste sigarette serrate nel palmo di una mano, attento a non
stringerle troppo per non spezzarle.Quanto mi rivestirei volentieri ora, a
comprargli quelle cinque nazionali sfuse.
mercoledì 19 marzo 2014
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