giovedì 30 settembre 2010

S.P.Q.R. ovvero, “ Sempre Peggio Quel Rintontito”.


A scuotere i palazzi della politica italiana dal torpore di questi mesi ci ha pensato come al solito Umberto Bossi con una delle sue solite sparate su Roma e sui romani. “Sono porci questi romani” è la frase incriminata, non proprio originale, che il senatùr ha pronunciato alla premiazione di Miss Padania, suscitando risate ed ilarità tra il popolo padano. Mi sembra di vederlo Umberto mentre si asciuga la bavetta dagli angoli della bocca e, gli altri tutti zitti, un po’ perché sbiascica quando parla e si capisce poco e un po’ perché dal capo ci si aspetta sempre grandi proclami che spesso risultano essere autentiche cazzate. Lui dice di ispirarsi ad Obelix e non sa che ha citato solo una battuta comica di Boldi. Dubitiamo che Bossi abbia mai accompagnato suo figlio detto “ trota” a vedere il fumetto di Goscinny e Uderzo; altrimenti ricorderebbe l’esatta battuta del film: “Sono Pazzi Questi Romani”. E poi Boldi è solo un comico e stava facendo il suo mestiere nel film S.P.Q.R. duemila anni e ½ anni fa; ma lui che è un ministro della repubblica e siede in parlamento usa invece un linguaggio da osteria. Tutti si sono indignati, e non solo qui a Roma, facendo finta di non conoscere chi è il personaggio Bossi e di non sapere quanto sia importante la Lega per l’esistenza del governo Berlusconi. Ora fanno a gara Silvio e i suoi ministri a gettare acqua e invitano i romani a non prendersela più di tanto. Cosa succederà adesso? Ma nulla! Non avevamo mica bisogno di questa frase per capire chi è veramente Bossi; non abbiamo certo dimenticato i proclami da Pontida in cui ridicolizza il tricolore e l’inno di Mameli. Ormai gli è permesso tutto. Comunque io non me la prenderei più di tanto. E poi non eravamo proprio noi romani che, da ragazzi, giocavamo per primi a storpiare l’acronimo imperiale, scarabocchiandolo sui banchi delle medie? S.P.Q.R.è certo il primo logo della storia e Roma, si sa, così com’è amata; è anche spesso odiata e coglionata: è un po’ il destino delle grandi. Fin dal quattrocento “la gente de fora” si è sbizzarrita a modificare in modo dispregiativo la formula imperiale: “ Sono Porci Questi Romani”, “Sono Pazzi Questi Romani” ed anche “Senza Parlamento, Quanto Risparmio!”. Insomma burini, buzzurri e rosiconi hanno dato libero sfogo allo sfottò e perfino “Peppe er Tosto”, alias Giuseppe Gioacchino Belli ebbe a dire in un sonetto: Quell' esse, pe, qu, erre inarberate / sur portone de quasi ogni palazzo,/ quelle so' quattro lettere der cazzo / che nun vonno di' gnente, compitate. // M' aricordo però che da regazzo, / quanno leggevo a forza de frustate, / me le trovavo sempre appiccicate / dentr' in dell' abbecé in un mazzo. // Un giorno infine me te venne l' estro / de dimandanne un po' la spiegazzione / a don Furgenzio, ch' era er mi' maestro. // Ecco che m' arispose don Furgenzio: / "' Ste lettere vonno di' sor somarone, / Soli Preti Qui Regneno e silenzio!


Buona vita!
maestrocastello

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