La storia :
Una grigia mattina in una città del nord un autobus carico di pendolari e studenti fa il solito percorso giornaliero. I passeggeri siedono, uno accanto all 'altro, infagottati nei pesanti abiti invernali, insonnoliti dal ronzio monotono del motore e dal calore del riscaldamento. Nessuno parla.Si vedono tutti ogni giorno, ma preferiscono nascondersi dietro il giornale.
Una voce esclama all'improvviso: "Attenzione! Attenzione!". I giornali frusciano, le teste si sollevano. "E' il vostro conducente che vi parla". Silenzio. Tutti guardano verso la nuca dell 'autista. La sua voce è piena di autorità. "Mettete via i giornali, tutti quanti". Un centimetro per volta, i giornali si abbassano. "Adesso voltatevi e guardate la persona che vi sta seduta accanto". Sorprendentemente, obbediscono tutti. Qualcuno sorride."Adesso ripetete con me...", continua l'autista "Buongiorno, vicino di posto!". La voci sono timide, un po' interdette, ma poi la barriera si abbatte. Molti si stringono la mano. Gli studenti si abbracciano. La vettura è tutta un brusio di conversazioni. ”Buongiorno, vicino di posto!” “Buongiorno!”, risponde il vicino . L’autobus continua la corsa, ma l’atmosfera è cambiata, ora è festosa.
Per la riflessione:
Una grigia mattina in una città del nord un autobus carico di pendolari e studenti fa il solito percorso giornaliero. I passeggeri siedono, uno accanto all 'altro, infagottati nei pesanti abiti invernali, insonnoliti dal ronzio monotono del motore e dal calore del riscaldamento. Nessuno parla.Si vedono tutti ogni giorno, ma preferiscono nascondersi dietro il giornale.
Una voce esclama all'improvviso: "Attenzione! Attenzione!". I giornali frusciano, le teste si sollevano. "E' il vostro conducente che vi parla". Silenzio. Tutti guardano verso la nuca dell 'autista. La sua voce è piena di autorità. "Mettete via i giornali, tutti quanti". Un centimetro per volta, i giornali si abbassano. "Adesso voltatevi e guardate la persona che vi sta seduta accanto". Sorprendentemente, obbediscono tutti. Qualcuno sorride."Adesso ripetete con me...", continua l'autista "Buongiorno, vicino di posto!". La voci sono timide, un po' interdette, ma poi la barriera si abbatte. Molti si stringono la mano. Gli studenti si abbracciano. La vettura è tutta un brusio di conversazioni. ”Buongiorno, vicino di posto!” “Buongiorno!”, risponde il vicino . L’autobus continua la corsa, ma l’atmosfera è cambiata, ora è festosa.
Per la riflessione:
Sembra un controsenso accostare due termini contrastanti
come solitudine e massa; com’è possibile, vi chiederete, provare un senso di solitudine mentre siamo
circondati da altre persone e inseriti in un contesto sociale? Eppure la
solitudine di massa agisce proprio come un paradosso dell’uomo postmoderno, una sorta di afasia spirituale
che lo induce a concentrare tutte le sue forze nella quotidianità spicciola,
alla ricerca di una felicità fatta di cose, limitata in spazi angusti e in un
tempo limitato. Questa solitudine rappresenta la più drammatica testimonianza
della crisi morale e spirituale dell’uomo moderno, in un mondo che appare
sempre sul punto di frantumarsi e di dissolversi. Qual è la ragione per cui
indossiamo perennemente le cuffie e ci isoliamo dal mondo? Per correre ci
armiamo di cuffie, sull’autobus che ci porta a scuola o in ufficio indossiamo
le cuffie, La solitudine di massa è un
fenomeno che tocca la nostra vita quotidiana più di quanto si pensi. davanti al
computer a vivere la nostra vita virtuale ancora con le cuffie e persino la sera ci chiudiamo in camera ad ascoltare
musica scrupolosamente in cuffia. Quando ci toglieremo quelle cazzo di cuffie,
forse ci accorgeremo che fuori c’è tutto un mondo in attesa di essere
ascoltato. Ci dobbiamo guardare in faccia più spesso, ci dobbiamo parlare e
confrontarci e forse riusciremo a rendere
meno pesante la solitudine che attanaglia tutti. E badate bene che la
solitudine di cui vado parlando riguarda anche me e mi spiego: nel mio palazzo
siamo in sedici famiglie, ma non ci incontriamo quasi mai; sembra di abitare da
soli. Tanti pur di non incontrarti evitano di prendere l’ascensore, si fanno le
scale; o, tante volte tu sei alla porta d’ingresso e intravedi una sagoma umana
in attesa che arrivi l’ascensore e, dopo un istante, t’accorgi che è sparita
e dalla pulsantiera segui l’ascensore
che sale, leggi il numero del piano e capisci chi probabilmente non ha voluto
dividere l’ascensore con te. Ci dovremmo dire più spesso: “Buongiorno, vicino
di posto, vicino di banco, vicino di casa” e vivremmo sicuramente più felici.
Buona vita!
maestrocastello
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