venerdì 18 aprile 2014

Si muore non quando si deve, ma quando si può.

Un altro grande se n'è andato: poeta, scrittore, artista visionario Gabo, al secolo Gabriel Garcia Marquez, un giovane di ottantasette anni che ha saputo avvicinare alla letteratura milioni di persone ed ha ispirato tanti altri a prendere in mano la penna. "No si muore quando si deve, ma quando si può", amava dire.
E’ morto Gabo, ma la poesia  non è morta; se è vero che la casa della poeti non avrà mai porte; ed è in quella casa magica che Marquez ha saputo vestire di parole le sue ardenti emozioni. “Non c’è atto di libertà personale più splendido” – diceva - “che sedermi ed inventare il mondo  davanti ad una macchina da scrivere”.  Milioni di abitanti del pianeta si sono innamorati della sua patria, la Colombia, affascinati dai suoi libri. “Cent’anni di solitudine” è il titolo del suo magistrale capolavoro che gli è valso un Nobel (‘82) ed ha entusiasmato tante generazioni. Il presidente colombiano Manuel Santos  prevede per la sua gente “mille anni di solitudine e tristezza” per la morte del più grande dei colombiani di tutti i tempi. I poeti, però, non muoiono, perché la poesia  è arte ed incanto, non ha gambe per camminare, eppure arriva dappertutto, crea brividi, crea emozioni e le emozioni non muoiono insieme ai poeti; così lui continuerà a vivere nel cuore della sua gente attraverso i tanti insegnamenti che ha lasciato. Leggiamo nella poesia "la marionetta", una specie di testamento spirituale: " Dio mio, se io avessi un poco di vita...non lascerei passare un solo giorno senza dire alle persone che amo, che le amo" oppure " se io avessi un cuore, scriverei il mio odio sul ghiaccio e aspetterei che si sciogliesse al sole."  e ancora " Agli uomini proverei quanto sbagliano al pensare che smettono di innamorarsi quando invecchiano, senza sapere che invecchiano quando smettono di innamorarsi."  Un artista così non morirà mai.

maestrocastello

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