Mentre, ieri sera, appendevo alla cappa della cucina le calze già belle e confezionate per la Befana di Beatrice e Marta, le mie piccolissime nipotine; ho ripensato a quando l'appendevo da bambino per me. Le mie erano di lana, fatte a mano da mia nonna che era anche quella che ci metteva dentro noci, mele, mandarini, fichi secchi, a volte una ciuca o una caramella. Allora credevamo alla Befana e le scrivevamo lettere con richieste di giocattoli che non arrivavano mai, perché le nostre famiglie allora si puzzavano di fame; erano gli anni che vanno dal '50 al '60. Allora ero convinto che sti benedetti giocattoli non arrivassero mai perché le calze dei bambini erano troppo piccole per contenere dei giocattoli e fu così che un anno mi venne in mente di chiedere a nonna Mariannina una delle sue calze. Le donne di allora, anche quelle giovani, non portavano ancora i collant; figurarsi mia nonna, comunque le calze erano lunghissime e tanto bastava per lo scopo. Ovviamente la notte non dormii, al buio avvertivo dei rumori (era solitamente nonna Mariannina che consegnava i regali da mettere nelle nostre calze). La consegna era di dormire, che se la Befana ci trovava ancora svegli; sarebbe andata via. Solitamente me ne stavo al buio e con gli occhi chiusi. Il mattino dopo era tanta la curiosità, ma fu tanta anche la delusione per aver trovato in quella lunga calza le cose di sempre: noci, mandarini, fichi secchi, una ciuca e due caramelle. Un anno vi trovai anche un pezzo di carbone, non quello dolce; il carbone vero, perchè avevo risposto male a mia nonna: ora questo non succede più. Allora gli insegnamenti arrivavano pure da piccole lezioni come queste; ma erano altri tempi.
Buona Befana!
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