venerdì 22 gennaio 2010

Basta soltanto un sms per aiutare Haiti?



("La Stampa" del 15/01/2010)
Scossa di coscienza
Sconvolto dagli effetti apocalittici del terremoto di Haiti, sono andato in cerca di informazioni per scoprire com'era la vita nell'isola, fino all'altro ieri. Ho appreso che l'ottanta per cento degli haitiani vive (viveva) con meno di un dollaro al giorno. Che il novanta per cento abita (abitava) in baracche senza acqua potabile né elettricità. Che l'aspettativa di vita è (era) di 50 anni. Che un bambino su tre non raggiunge (raggiungeva) i 5 anni. E che, degli altri due, uno ha (aveva) la certezza pressoché assoluta di essere venduto come schiavo.
Se questa è (era) la vita, mi chiedo se sia poi tanto peggio la morte. Ma soprattutto mi chiedo perché la loro morte mi sconvolga tanto, mentre della loro vita non mi è mai importato un granché. So bene che non possiamo dilaniarci per tutto il dolore del mondo e che persino i santi sono costretti a selezionare i loro slanci di compassione. Eppure non posso fare a meno di riflettere sull'incongruenza di una situazione che - complice la potenza evocativa delle immagini - mi induce a piangere per un bambino sepolto sotto i detriti, senza pensare che si tratta dello stesso bambino affamato che aveva trascorso le ultime settimane a morire a rate su quella stessa strada. Così mi viene il sospetto che a straziarmi il cuore non sia la sofferenza degli haitiani, che esisteva già prima, ma il timore che una catastrofe del genere possa un giorno colpire anche qui. Non la solidarietà rispetto alle condizioni allucinanti del loro vivere, ma la paura che possa toccare anche a me il loro morire
( Massimo Gramellini).
Ho voluto riportare integralmente l’articolo sul terremoto di Haiti del bravo giornalista Gramellini, apparso sul giornale “La Stampa” del 15 gennaio 2010, perché mi sembra che dipinga bene una situazione così tragica che pone interrogativi alle nostre coscienze ed è un valido spunto per considerazioni aggiuntive. Noi italiani possiamo farci un’idea della portata devastante del sisma haitiano che ha prodotto quasi 130.000 vittime accertate, se lo confrontiamo con quello aquilano che di vitttime ne ha seminate 308; eppure ha apportato tanto dolore alla nostra gente. Mi si stringe il cuore nel vedere le quotidiane scene di povera gente che si litiga un pezzo di pane, dando l’assalto ai mezzi di soccorso internazionale. Le scene che ci arrivano danno l’idea di una disorganizzazione generale: sessantamila cadaveri ancora da identificare, quasi duemilioni di bambini rimasti abbandonati ed è subito partita la corsa all’adozione di un piccolo haitiano. E se i genitori fossero ancora in vita, come accaduto, realmente, per i fatti dello tsunami thailandese? E poi, visto che sono state necessarie tante mutilazioni di arti, accetterebbero anche un bimbo mutilato di un braccio o una gamba queste coppie in cerca di figli? Un altro pericolo è il traffico di bambini: sembra che proprio in questi giorni siano scomparsi decine di questi piccoli da un ospedale!Che dire poi dell’esodo in massa dei media di mezzo mondo, con destinazione Haiti? Certo, i mezzi di informazione ci danno informazioni precise sull’esatta portata dei fatti, ma aggiungono problema a problema, mettendo a dura prova una situazione già tanto fragile. Secondo New Republic trasportare e mantenere le centinaia di giornalisti che sono ad Haiti in questo momento “non è un gioco che costa poco”. “La Cnn e la Cbs hanno cinquanta inviati sul posto in queste ore, Fox venticinque. E ogni rete televisiva che si rispetti ha un numero simile di persone impiegate a seguire questa storia. I quotidiani sono più parchi, per esempio il New York Times e il Washington Post hanno dieci giornalisti. Vista la situazione drammatica del paese è difficile credere che la presenza così massiccia della stampa non stia ritardando l’arrivo degli aiuti e degli operatori umanitari. C’è scarsità di alloggi ad Haiti, ma anche scarsità di alimenti e di acqua. Tutti questi giornalisti finiscono per sottrarre risorse ai sopravvissuti del terremoto”. Infine, per la serie: “Poveri che aiutano i poveri”, mi piace sottolineare la notizia apparsa sul “Corriere Della Sera” che il Senegal non se la cava inviando automezzi di viveri, ma offre la terra agli Haitiani per il ritorno nella loro patria d’origine: l’Africa!
Buona vita!
Maestrocastello.

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