venerdì 1 gennaio 2010

“Dacci oggi il nostro pane quotidiano….”















Tra botti, lenticchie ed auguri messaggiati anche questo capodanno l’abbiamo archiviato in tutta fretta e mi accingo a far ordine in una cucina che un tempo pareva un campo dopo la battaglia ed ora rimpiange tutti i soldati delle guerre andate. Ripongo in macchina lavastoviglie ogni genere di stoviglie da lavare, preservo in frigo una pila di lenticchie e cotechino ancora intatta e metto "in quarantena" avanzi chilometrici di pane…..già il pane! E mentre lo ripongo in busta ermetica rifletto a quanto ne ho comprato. Poteva sfamare, forse, un reggimento e invece serviva a me solo che oggi non lo mangia più nessuno! E mentre metto via le buste ripenso alle nottate che faceva mensilmente mamma, quando si faceva il pane dentro ogni casa. Allora si mangiava solo pane. Mentre mamma apparecchiava la farina sopra un apposito pianale che chiamavamo “tumpagno”, un bambino a caso (io!) partiva alla volta della casa della comare di turno a chiedere in prestito “lu criscente” (lievito che veniva prestato dalle donne del paese e poi restituito fresco). Così mamma intraprendeva l’opera dell’impasto ad un’ora impossibile del giorno e se, per caso, capitava un ospite, era usanza farsi il segno della croce all’entrata di casa nostra, quando si faceva il pane. Il grosso impasto restava per ore a lievitare, avvolto da coperte. La stessa croce veniva impressa sulla pasta fresca di ogni pagnotta depositata in grosse teglie circolari. Il cerimoniale che più mi affascinava era il viaggio di tutte le pagnotte verso il forno “a paglia”. Ne esistevano diversi e servivano tutte le case del paese che portavano a cuocere oltre al pane, anche pastarelle e teglie (ruoti) di patate che nascondevano coniglio o selvaggina varia. Il pane, allora, era fatto soltanto di farina e durava una mesata, senza particolari accorgimenti; mentre ora diventa presto gomma. Quando era vecchio, di quel pane duro si facevano gustosi “pancotti”, adagiati in letti di verdure lesse ed ossi di prosciutto. Allora il pane era l’elemento essenziale della nostra dieta, era considerato un alimento “sacro”; tant’è che quando si era costretti a gettarne via un pezzo andato a male, prima lo si portava alla bocca per un bacio sacro. “Dacci oggi il nostro pane quotidiano..”. Ancora oggi, prima di scartarne un pezzo, esamino tutte le possibilità: lo bagno e lo consumo con un goccio d’olio e un pizzico di sale, lo riservo per l’uso di cucina o lo affido agli uccellinni. Male che vada, gli stampo ancora un bacio e, prima di buttarlo, mi dico sempre: “domani, comprane di meno!”
Buona vita!
maestrocastello

2 commenti:

  1. colotti.giovanni@alice.it6 gennaio 2010 alle ore 00:51

    ANCHE PER NOI IL PANE E' SACRO...NON SE NE BUTTA VIA NEANCHE UNA BRICIOLA...PROPRIO COME CI HA NNO INSEGNATO I NOSTRI GENITORI E NONNI...!
    UN ABBRACCIO

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  2. Tristi ma bei ricordi.Ciao Giovanni fa sempre bene ricordare .....è tua la madia in foto?

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