giovedì 29 novembre 2012

Chi non lavora, non mangia.



Storia Zen  : Un maestro cinese di Zen, ancora all’età di ottant’anni conservava l’abitudine di lavorare coi suoi allievi, tenendo in ordine i giardini, zappando il terreno e potando gli alberi. Ai suoi allievi dispiaceva vedere che l’anziano maestro faticasse tanto, ma poiché sapevano che sarebbe stato inutile consigliargli di smettere; gli nascosero gli attrezzi. Quel giorno il maestro non volle mangiare. Non mangiò neppure l’indomani ed il giorno seguente. “Forse è arrabbiato perché gli abbiamo nascosto gli attrezzi. Sarà meglio rimetterli al loro posto”.  Così fecero, e quel giorno stesso il maestro lavorò e tornò a mangiare come prima. La sera disse agli allievi: “Chi non lavora, non mangia!”.



Per la riflessione : Parlare oggi di lavoro in Italia è come parlare della Foca Monaca, del Panda  o della Lince Pardina; tutti animali a rischio d’estinzione. Capisci l’importanza del lavoro solo quando è a rischio o quando l’hai addirittura perduto. “Il lavoro allontana da noi tre grandi mali”, diceva Voltaire, “la noia, il vizio e il bisogno”.  Il lavoro è un valore aggiunto che consente l’affermazione della personalità  umana, ecco perché quando si perde il lavoro, insieme ad esso, sembra di perdere anche la  propria dignità. Senza più lavoro non c’è pane per i figli, non c’è più speranza di un futuro. Senza un lavoro tanti, quando va bene,  si riducono a far la fila alla mensa della Caritas e, quando va male, arrivano perfino a decidere di farla finita.     “ Il lavoro è un diritto” dice la Costituzione, “Il lavoro non è un diritto” dice Elsa Fornero, poi si corregge “anzi, sì; ma va sostanziato ”.  Chi ha ragione tra i due?  In pratica, avresti diritto al lavoro (secondo la Costituzione), ma in un’economia  di mercato come quella attuale te lo devi conquistare in una competizione globale, (secondo la Fornero),  e così capita che per  11 mila posti da insegnante siano giunte 357 mila domande: sarà una carneficina!  Il problema sta tutto a monte. Non è così che dovrebbe intervenire uno Stato moderno, garantendo solo a pochissimi la certezza di un’occupazione. Dico io, se servivano solo poche migliaia di insegnanti, perché in questi anni ne abbiamo sfornati a milioni? Uno Stato serio,  invece di tagliare fondi alla scuola, pianifica con essa il futuro comune, interviene nel sistema economico per creare posti  di lavoro per i cittadini, si attrezza ad affrontare anche periodi di crisi come l’attuale. Uno Stato moderno investe sui giovani, sfrutta le loro risorse; non finanzia la loro istruzione e poi li lascia andare altrove. Siamo ormai alla fine della politica e all’apoteosi del denaro e in una siffatta società non c’è posto per chimere come i diritti: diritto alla salute, diritto al lavoro o diritto alla felicità.
Buona vita!
maestrocastello

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