sabato 20 novembre 2010

noi aquiloni vaganti.

Quando si ha una famiglia si fatica una vita per allargare il nido , si fanno mille rinunce per i figli; insomma ci si leva anche il pane di bocca con l’idea fissa di poter dare loro ciò che tu non hai mai avuto. Poi in un batter d’occhio il nido si svuota e ci si ritrova in una casa che diventa troppo grande e silenziosa. Eppure tu già lo sapevi che “i figli sono come gli aquiloni”, come dice la giornalista americana Erma Bombeck in una toccante poesia: “… passi la vita a cercare di farli alzare da terra. Corri con loro fino a restare tutti e due senza fiato…. Giorno dopo giorno l’aquilone si allontana sempre più e tu senti che non passerà molto tempo prima che quella bella creatura spezzi il filo che vi unisce e si innalzi, come è giusto che sia, libera e sola. Allora soltanto saprai di avere assolto il tuo compito”. Sono comunque convinto che se hai gettato il seme appropriato quel filo ideale che ti lega ai tuoi figli , in realtà, non si spezzerà mai. Una pianta non può sperare di continuare a crescere, se le sue radice non sono ben radicate alle tue e solo così avrà speranza di attecchire anche su altri terreni. Se penso a quando aquilone ero anch’io a S’Agata di Puglia, mi viene il magone, allora non esistevano cellulari e PC, la televisioni l’avevano solo in pochi e ascoltavo i romanzi incollato ad una vecchia radio Marelli che aveva l’occhiolino di colore rosso. Era il tempo che il pane si faceva solo in casa, tempo di forni esclusivamente a paglia, tempo di guerre fra bambini armati di sassi e bastoni, protetti da uno zipeppe che ci faceva da elmetto. Merende fatte di pane ed uva, pane ed olio e, perfino, pane e pane. Le partite al campo San Carlo erano delle vere battaglie: Sant’Agata-Accadia era il derby dell’infanzia! Era il tempo che si possedeva un solo paio di scarpe, rigorosamente tempestate da chiodi che chiamavamo “centrelle”, sempre di due numeri più grandi, tanto il piede del bimbo sarebbe cresciuto; l’unico problema che il duro della suola ti procurava autentiche stimmate al calcagno e rimediavi scivolate rovinose per stradine fatte di sassi. A Carnevale c’imbrattavamo il viso col lucido da scarpe e vestivamo le giacche dei grandi per sembrare più buffi, Alla vigilia di feste importanti accendevamo i faoni, in onore del santo e nelle varie contrade facevamo a chi lo realizzava più alto. Un giorno del millenovecentosessanta l’incantesimo si ruppe e dovetti partire insieme a tanti della mia stessa età: Milano, soprattuttoTorino e  anche Roma, com’è toccato a chi vi scrive. Quelli come me che non sono mai più ritornati, ora sono aquiloni vaganti: non ci possiamo chiamare romani, torinesi e quant’altro, non ci possiamo chiamare più santagatesi, se non nel ricordo; siamo semplici cittadini del mondo. Una cosa possiamo insegnare ai nostri figli: quanto è importante recuperare le nostre radici. Non c’è futuro senza passato! Vi ricordate la canzone di Enzo Gragnaniello e Ornella Vanoni cantata a San Remo ’99, Alberi, laddove dice: “aridi e senza una terra siamo poveri/senza più radici non siamo liberi…/e come alberi feriti noi /stiamo perdendo luce lentamente…/ alberi tagliati comme se tagliano ‘e mele”. Dovrò presto trovare il coraggio di raccontare ai miei figli tanti pezzi di storia personale che porto dentro da troppi anni, se voglio che escano dall’individualismo che si predica in televisione, per riscoprire una nuova socialità che è figlia delle nostre radici di ieri, fatta di sacrifici, di pezze al culo; intrisa di sudore e di dolore di chi ha dovuto fare mille rinunce per fare di loro ciò che sono diventati.



Buona vita!


maestrocastello






Post Scriptum. Da qualche giorno sto collaborando volentieri alla stesura di articoli per il sito : santagatesinelmondo.it dell’amico Nardino Capano. Questo post lo dedico ai miei compaesani e ai tanti amici che non vedo da una vita. Se mi volete leggere, vi aspetto tutti sul mio blog all’indirizzo: maestrocastello.blogspot.com con simpatia Giovanni Castello

1 commento:

  1. colotti.giovanni@alice.it22 novembre 2010 alle ore 00:53

    Grazie Giovanni, le tue parole ci entrano sempre nel profondo, ci aiutano a riflettere e a guardarci un po' nell'anima, non solo allo specchio velocemente al mattino.
    Un abbraccio
    Giovanni e famiglia

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