lunedì 23 febbraio 2009

Che maestro sono stato?..........(parte prima)

Le punizioni corporali.
Parlare di punizioni corporali nelle istituzioni scolastiche, oggi, ci fa sorridere e la mente va alle illustrazioni dei libri di storia, al tempo dei Romani, che raffiguravano un allievo con i glutei scoperti che veniva frustato dal suo precettore. Chi, come me, ha frequentato le elementari negli anni cinquanta, ricorderà certamente che alcune pratiche punitive erano piuttosto diffuse nelle scuole primarie del nostro paese. Le classi, allora molto numerose, erano tutte maschili o femminili e certe scuole avevano entrate distinte per uomini e per donne; proprio come si fa per i servizi igienici. Ogni anno mi toccava un nuovo maestro, sempre uomo e sempre più severo del precedente. In seconda ne avevo uno con un occhio di vetro che provava gusto nel punirci e me ne accorgevo da come gli brillava l’occhio buono! In terza ne ebbi un altro che, durante i compiti in classe, camminava continuamente tra i banchi per sorvegliarci e quando era in prossimità della mia postazione, io smettevo addirittura di respirare e mi riprendevo solo a pericolo scampato. Vi chiederete perché avessi una tale paura? E’ presto detto. Se quel maestro si accorgeva di un errore ortografico o di un calcolo sbagliato, aveva l’abitudine di far partire sonori ceffoni all’indirizzo del malcapitato. Allora si menava?!?! Eccome! Ecco un elenco delle punizioni maggiormente in voga nelle classi maschili di allora: Se ti andava bene, ti mandavano dietro la lavagna, con la testa rivolta verso il muro; se ti andava male, ti mettevano le “orecchie d’asino”: due imbuti di carta che si applicavano sulle orecchie e ti facevano girare per le classi, come esempio negativo da non seguire; mentre tutti ridevano di te. Un ulteriore esempio di umiliazione era l’abitudine di far accomodare l’ultimo della classe nel “ciuccio banco”, ovvero, “ il banco degli asini”, un banco che veniva sistemato in fondo all’aula e comunque isolato da tutti gli altri. Altro metodo punitivo era di far inginocchiare il malcapitato su uno strato di ceci o fagioli secchi. Poi c’era l’abitudine delle “bacchettate” sulle palme o, peggio ancora, sul dorso delle mani con verghe di salice, fornite spesso dagli stessi alunni. Punizione più indolore era il ricopiare decine di volte una stessa pagina di quaderno. La famiglia era sempre solidale con la scuola e spesso incitava il maestro all’uso delle maniere forti, cosicché l’alunno non aveva vie di scampo. Mi sono sempre chiesto se avessero un effetto positivo su comportamento e rendimento scolastico degli allievi quei metodi così duramente punitivi o non accendessero piuttosto sentimenti di avversione per la scuola e se una relazione di forte autorità non ci escludesse invece la possibilità di avvicinarci positivamente al sapere, come sostiene Houssaye. In anni in cui solo i più fortunati finivano le elementari, non ci si poneva troppe domande. Ci pensate a come è cambiato ed addirittura capovolto il rapporto fra insegnanti ed allievi dopo appena mezzo secolo? Oggi ci troviamo a combattere fenomeni dilaganti di bullismo scolastico, quotidianamente ripresi su telefonini e sbattuti, come trofei, sul web! Una volta le nerbate del maestro erano solo l’acconto del resto che avresti ricevuto poi a casa. Oggi un insegnante si deve guardare bene dal riprenderti, perché potrebbe correre il rischio di essere da te schiaffeggiato o, peggio ancora, accoltellato. Decennio che vai, usanze che trovi!

2 commenti:

  1. Sono stata fortunata a frequentare la scuola nel decennio giusto o la mia fortuna è stata quella di incontrare un ottimo maestro. E' stato per me un amico che rincontro con grande piacere qui tutti i giorni. Saluti Rita

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  2. Ciao Rita, la fortuna è stata anche per me che ho lavorato e collaborato con famiglie splendide come la tua. Ti ho avuto prima come alunna e poi come mamma di una mia altra alunna, cioè Claudia, tua figlia. In entrambi i casi ho avuto la strada tutta in discesa.

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