lunedì 16 febbraio 2009

Facciamo la conta!

Il gioco è sicuramente l’espressione più autentica e spontanea dell’infanzia, è un elemento fondamentale e insostituibile nella crescita della persona. Nel gioco, infatti, essa non solo scopre le proprie attitudini, esercita la fantasia, la manualità e sviluppa la sua relazione con gli altri. Il gioco non è da considerarsi una semplice forma di divertimento, ma un momento importante di crescita, una sorta di "primo lavoro" che mette alla prova le capacità di intuizione, di logica, di coordinazione motoria e di socializzazione; qualità e abilità fondamentali nello sviluppo dell'individuo.
Chi fa parte del mondo della scuola sa bene quanto sia importante la fase dell’osservazione proprio durante il gioco del gruppo classe, per conoscere più a fondo i propri ragazzi e studiare le strategie di intervento sia sul singolo che sul gruppo. Osservando i miei ragazzi ho pensato spesso a com’è cambiato il modo di giocare del bambino che ero io negli anni sessanta, dai ragazzi di oggi e ciò dipende certamente dallo stile diverso della società di riferimento.
Oggi il gioco è vissuto dai bambini e dai ragazzi come un'attività prevalentemente individuale, che si svolge al chiuso della propria cameretta, intenti a superare infiniti livelli di un videogioco della Play Station o a "gareggiare" con il computer. Naturalmente questo comporta un esito negativo sullo sviluppo della personalità perché l'individualismo esecutivo prevale sulla dimensione socializzante e socio-centrica del gioco. Così, talvolta accade che anche nei giochi con gli altri, non ci sia affiatamento nella squadra perché manca il vero senso di "gruppo".
In molti paesi del mondo, i bambini non possono comperare dei giochi perchè costano troppo, quindi se li costruiscono. Anche in Italia, fino agli anni '60, giochi fatti con materiale povero erano molto diffusi. Poi, con il rapido aumento del benessere, i bambini hanno potuto comprare giochi, preconfezionati, nei negozi. Nel frattempo, le strade sono diventate sempre meno sicure e, anche a causa dell'aumento del traffico, i bambini non giocano più nella strada. Tutto questo ha portato alla scomparsa dei giochi di una volta. Infatti, i bambini di adesso non li conoscono più.Una volta, invece, noi ragazzi, quando non eravamo impegnati a scuola o nel lavoro in campagna, giocavamo liberi nei campi o nelle strade con oggetti semplici che si potevano reperire facilmente nell'ambiente in cui vivevamo. Quelle rare volte che mi capita di ritornare nelle stradine della fanciullezza e nella piazzetta “Chiancato” del mio pesino di montagna, mi sembra quasi di risentire il vociare dei coetanei quando facevamo “il nascondino collettivo”, di come ero felice quando costruivamo carrozze con una tavola e semplici cuscinetti o giocavamo col pallone farcito di pezze e ricucito sempre in modo grossolano. Il mio preferito era il gioco della “lippa” che consisteva nel battere con un bastone (mazza) un pezzo di legno più corto, a due punte. Mi appassionavano anche il gioco dei “sassi”, delle “biglie”, delle “figurine”, dei “semi” di zucca o di cachi, dei “bottoni”; oppure “il battimuro”con monete o figurine. Raramente giocavo al tiro con l’arco (pericoloso), fatto con ferri di ombrello appuntiti; più spesso mi dedicavo allo scupidù, alla fionda, alla cerbottana o al cerchio condotto da un sottile tondino di ferro. Mi coinvolgeva maggiormente giocare “a cavalletto”, mi divertiva tantissimo anche da semplice spettatore vedere ragazzi piegati a novanta gradi, appoggiati al muro ed altri cavalcarli in successione e cercare di restare in equilibrio, pena la perdita del gioco e finiva quasi sempre con un ruzzolone generale. Il ricordo legato a quei tempi e quei giochi è di uno stato di spensieratezza totale, la soddisfazione di riuscire a vincere gli ostacoli che permettevano di trasformare sensazioni ordinarie in sensazioni piacevoli e gratificanti. Quel cortile è stata un' ottima palestra di vita per tutti quelli che l’hanno frequentato.

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