venerdì 13 febbraio 2009

Spiagge

Eravamo avvezzi alle spiagge dell’Adriatico basse e sabbiose, generose di mucillagine e di forte odore di iodio o a quelle del litorale romano, sempre stipate di bagnanti, sotto ombrelloni che fungevano da vere e proprie trattorie all’aperto; il mare era solo un pretesto al banchettare!
Il mare l’avrei visto per la prima volta ad otto anni e mi dicevano quelli che ci erano stati prima che ricordava un campo di grano, tutto verde, mosso ripetutamente dal vento. Allora non era in voga la moda del mare come adesso. Chi ci andava, lo faceva perché consigliato dal medico di famiglia, magari per cure ricostituenti. Quando è scoppiata la febbre metropolitana della gita al mare, si andava come ad una scampagnata! C’era chi partiva in carovana con automobili stracolme di bagagli , ombrelloni, fagotti, sediole e indossavano tutti dei cappelli calcati rigorosamente sulla testa per il terrore di scottarsi. Dopo che veniva aperto l’ombrellone, quasi sempre di gigantesche dimensioni, vedevi assieparsi al suo interno i componenti di intere famiglie sempre numerose e con nonni al seguito. Le mamme si prodigavano nel servire panini generosi che facevano da stuzzichini, in attesa del pranzo vero e proprio. Elemento che non poteva mai mancare era l’anguria di grandezza esagerata che veniva affidata ad un componente della famiglia che doveva averne cura e tenerla in fresco in un secchio o in una buca fatta sulla riva del mare. I bagnanti, si fa per dire, erano o troppo magri o troppo grassi; vedevi un assortimento di pance straripanti, portate con vanto. Questi omoni simili a pachidermi si avvicinavano sospettosi al mare ed al massimo si bagnavano le estremità, facendo mille smorfie; tanto era raro vedere qualcuno che sapesse realmente nuotare. Eppoi, con l’assiduo rapporto che questi tipi avevano col cibo, l’ultimo loro pensiero era quello di rinunciare al mangiare per tenersi idonei al bagno; erano praticamente nello stato di digestione permanente.
Al momento di pranzare venivano aperti i fagotti e saltavano fuori pietanze per un pranzo da paura : pasta al sugo, involtini, parmigiana, carciofi alla giudìa, dolce fatto in casa, acqua idrolitina e per finire fettoni di anguria fresca per tutti. Noi ragazzi del popolino raggiungevamo il litorale coi mezzi pubblici, affrontando estenuanti viaggi su di uno squallido trenino dai sedili di legno, il famoso trenino di Ostia; senza altro denaro in tasca che quello asciutto asciutto per l'andata e ritorno. Partivamo con progetti di chissà quali conquiste e tornavamo a casa solo con fastidiose scottature; le creme con la protezione multipla le avrebbero inventate un po' di anni dopo. Sono arrivati poi gli anni delle ferie in Sardegna che ci hanno portato a vivere un diverso rapporto con il mare. Davanti a squarci di paesaggi favolosi pensavi di immagazzinare nella mente più particolari che potevi, per saperli poi riferire : tutte le sfumature del blu di cielo e mare, il colore troppo bianco o troppo rosa della sabbia, i sassi modellati a sembianze umane o l’atmosfera di pacatezza dell’ambiente che t’inorgogliva il cuore. Scoprire sempre nuovi angoli di paradiso è stato il nostro hobby in quegli anni di vacanze isolane : Budoni, Ottiolu, Coda Cavallo, Berchida, Capo Comino, Cala Liberotto, Cala Luna, Brandinchi, Tavolara e si potrebbe andare all’infinito. Il ricordo più magico messo in valigia è stato certamente l’atmosfera di spiagge esilaranti come Berchida, dal tragitto aspro e selvaggio che ti calavano in una dimensione di estasi, dove percorrere la lunga riva di mare era un invito al meditare e se incontravi un uomo tutto nudo, seduto sulla riva a farsi lambire dalle onde, come in meditazione, per te rientrava nella norma; tanto ricorda un eremo quel posto. Tante spiagge sono come tante donne, tutte diverse e dal fascino che ti conquista per una diversa particolarità che le caratterizza e finiscono con l’entrarti nel sangue.

1 commento:

  1. Io la vedo proprio male, maestro castello. ho un diploma come il tuo, da maestro, ma non ho mai insegnato. Da quello che leggo, sei un maestro come il maestro Cenio che ho avuto io. I Valori, che oggi i ragazzi sanno essere i soldi e tutto ciò che ne deriva (la deriva, appunto), venivao insegnati dal prete e dal maestro. E non dalla televisione, da questo aggeggio qui che purtroppo usiamo, dai soldi che ci stanno sempre, dalle marche costose, dai negozi esclusivi, dalle feste esclusive, dai film violenti, dalle pubblicità violente, dalla politica becera, senza rispetto, senza ritegno, senza ideali. E nessuno, e tanto meno noi genitori non riusciamo a far sentire un brivido ai nostri ragazzi, di quando si vede il mare, o un panorama sul lago, o la neve, o una giornata di sole, chiara e cristallina... la Vita, non riusciamo più a far apprezzare la vita, l'amore... come dice una vecchia canzone di Modugno, ora riproposta, forse non a caso da u gruppo che si chiama come un buon vino del sud,i Negramaro...

    RispondiElimina