venerdì 18 febbraio 2011

Il vento del deserto.


Da qualche mese in tutta l’area nord-africana è iniziato a spirare il vento della protesta che, partendo dalla Tunisia, ha investito  come un ciclone inarrestabile Egitto, Libia, Marocco, Iran, Bahrein, Algeria, Camerun, Kuwait, Yemen e potrebbe spingere alla ribellione tanti altri Paesi mediorientali al grido di: “Guardate all’Egitto, vinceremo!”. La rivolta popolare è riuscita a far dimettere il presidente Zin el-Abidin Ben Ali in Tunisia, a rovesciare in soli 18 giorni  il regime di Hosni Mubarak che durava da 30 anni e a dare  convinzione a tanti  altri popoli di religione musulmana. Insomma ciascuno dei Paesi in protesta pensa che se ce l’hanno fatta  tunisini ed egiziani, possono riuscirci anche loro. Questi Paesi sono dilaniati da una disoccupazione che oscilla tra il dieci ed il tredici per cento e sono privati delle forme sia pur minime di democrazia. Questa è la dimostrazione che la democrazia non si impone e non si esporta, ma è conquista di un popolo che, quando è pronto, è disposto a sacrificare la vita  pur di appropriarsene. Noi abbiamo spesso idee sbagliate sul  conto di queste popolazioni, le crediamo da noi molto distanti, forse arretrate; eppure essi chiamano il popolo  a scendere in piazza tramite facebook , come è successo nel Bahrein o tramite internet, come succede per gli studenti in Libia ed in Algeria. La religione questa volta non è stato un buon deterrente per distoglierli dal protestare.. La loro è una protesta civile per chiedere più diritti e riforme politiche e sociali; ma deve purtroppo fare i conti con regimi repressivi che costringono spesso a sacrificare decine di vite ogni giorno. Gheddafi ha invitato inutilmente i giovani libici a fare quadrato contro l’Occidente infedele; ma questi  hanno finalmente compreso  che non si può  restare eternamente isolati dal resto del mondo. Le idee girano di paese in paese, maturano e alla fine divampano sotto forma di protesta. Dal 10 di febbraio la rivolta ha preso la strada dello Yemen sotto la guida di una donna,  la trentaduenne Tawakkol Karman, cosa incredibile per un paese arabo, dove le donne contano poco più di niente.  Sembra straordinario che proprio il 13 febbraio, quando le nostre donne manifestavano al grido di:”Se non ora, quando?”, altre donne, in uno Stato lontano del Mar Rosso erano in rivolta non violenta per una rivincita tutta al femminile, oltre che per una richiesta di forme democratiche per tutti. In pochi si aspettavano che fosse proprio una donna a guidare la rivolta nello Yemen, dove la maggior parte dei manifestanti è composta da uomini, in un Paese dove i diritti civili delle donne spesso  vengono calpestati: le donne non possono guidare, candidarsi, votare e neppure andare a dormire da sole in un albergo .La maggior parte di loro non è libera di sposare chi vuole e  molte sono costrette al matrimonio ancora bambine. Se vengono ripudiate dal marito, non possono autonomamente chiedere il divorzio se non per il tramite di un uomo, il padre o fratello maggiore. Vi ricordate il caso di Amina, la sposa bambina che era fuggita dalla prigione in cui l’avevano costretta suo marito e suo padre?:” Mi sono sposata a 14 anni. Lui ne aveva 20 di più. La mia famiglia mi ha venduta. Il prezzo? Poca cosa: seicento euro, pari a tre mesi di stipendio per mio padre. In Italia sono stata rinchiusa, picchiata, costretta a indossare il velo, messa incinta e umiliata: a Milano mi aspettava un' altra sposa. Mio marito era poligamo». Nei tribunali, le loro testimonianze valgono la metà di quelle degli uomini. Se vengono uccise, alle loro famiglie spetta un risarcimento dimezzato rispetto a quello previsto per gli uomini. Inoltre, le donne sono trattate diversamente anche quando si tratta di eredità e potremmo continuare.  Forse un giorno noi uomini la smetteremo di considerare le donne solo un dettaglio, un paio di tette o, per dirla con Dario Fo, “un ventre che si è scoperto per nostro padre e per noi”. Riusciremo forse a guardare le donne oltre le gambe e vederle finalmente  come persone, ma intanto facciamo il tifo per la giovane Karman in uno Yemen finalmente a misura di donna.
Buona vita!
maestrocastello

3 commenti:

  1. Il governo di Tripoli ha bloccato il segnale di Al Jazeera nel paese,la rete internet sarebbe stata disattivata in tutto il Paese. Il colonnello ha paura!

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  2. Quello che sembrava un fuocherello sta diventando un incendio in piena regola.

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  3. Il nostro premier ora fa finta di non conoscerlo Gheddafi! Attento Silvio!

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