domenica 20 febbraio 2011

Non sono solo canzonette!



Spesso mi sono interrogato sulla funzione che deve avere una canzonetta e sempre sono tornato con la mente ai tempi della mia infanzia, quando le canzoni ascoltate alla radio rappresentavano per la gente un bel momento d’evasione e, appena ascoltate alla radio, erano presto imparate e fischiettate da tutti. Era usuale vedere un operaio che svolgeva il proprio lavoro al ritmo della canzone del momento. Chi può dimenticare “mastro Rocco”, il ciabattino vicino la mia casa da bambino che batteva il martello sulla malcapitata tomaia, al ritmo di “Vecchio scarpone, quanto tempo è passato”? Era uno spasso, tanto che passavo di proposito davanti la sua minuscola bottega calzolaia e lo ascoltavo di nascosto. Allora si cantava di tutto: “Avvinto come l’edera”, piuttosto che “II pericolo numero uno, la donna”, oppure “Casetta  in Canadà” , “Quel mazzolin di fiori” e  perfino “faccetta nera dell’Abissinia”; basta che si cantava. Il testo delle canzoni era spesso avulso dalla realtà, ma  l’importante era il momento di gioia che anche una semplice marcetta riusciva a provocare nella gente semplice di allora. Poi sarebbero arrivate le canzoni impegnate dei cantautori dal forte contenuto  politico-sociale negli anni della contestazione e la canzonetta avrebbe perduto la semplice funzione di passatempo che aveva un tempo. Una volta il Festival di San Remo era aspettato davvero  tutto l’anno e rappresentava l’occasione per rinnovare il guardaroba canoro di ciascuno. Ricordo che compravo il libricino con tutti i testi delle canzoni già alcune settimane prima della gara, le imparavo tutte a memoria e provavo a cantarle, anche se non conoscevo quale sarebbe stata la musica. Le case di quei pochi  che possedevano un apparecchio televisivo si gremivano di gente che assisteva alle serate del Festival in religioso silenzio, per assorbire meglio tutte le sfumature della manifestazione. Si formavano, seduta stante, i partiti per Modugno, Claudio Villa e Sergio Bruni e si facevano le immancabili previsioni su chi sarebbe stato il vincitore. Era certo che quelle canzonette il giorno dopo le avrebbe cantate tutto il paese e sarebbero entrate a far parte del bagaglio canoro di ciascuno. Chiedete adesso se qualcuno ricorda il titolo della canzone che ha vinto il festival l’anno scorso!  San Remo, infatti, ha perso la sua connotazione naturale per divenire un indotto milionario, dove l’avvenimento mondano ha soppiantato l’interesse per le canzoni. Dopo che per anni i cantautori più in voga avevano disertato il Festival, Roberto Vecchioni quest’anno, ha accettato la sfida, mettendo in campo una vera e propria poesia in musica: “Chiamami ancora amore”. Il suo pezzo è una efficace lezione politico-sociale rivolta ai giovani ed “alle loro speranze troppo spesso disilluse”. E’ un invito ai ragazzi e alle ragazze a far sentire la loro opinione e l’invito assume un suo peso perché rivolto da una cattedra così importante ed in un momento politico e sociale particolare per il Paese. Il messaggio è particolarmente coraggioso in un tempo in cui la politica è in pausa-pranzo permanente e quando si mette all’opera è più preoccupata  a scacciare barconi di  extracomunitari disperati che a dare respiro all'economia nazionale. Non sono solo canzonette se qualche minuto appena di un testo cantato può raggiungere così tante persone e se incide sulla gente più di qualsiasi libro che quelle stesse persone non leggeranno mai. Se tutti quei ragazzi e ragazze "così belli” continueranno ” a gridare nelle piazze perché stanno uccidendo il pensiero”; allora Evviva San Remo!, Evviva Roberto Vecchioni!, Evviva  una canzone come “Chiamami ancora amore!” , Evviva le canzonette!
Buona vita!
maestrocastello

1 commento:

  1. Bene Vecchioni con la sua poesia in musica che nobilita la canzone italiana, bene Emma che rappresenta una gioventù che non si fa inquadrare ed intimidire da nessuno; malissimo Albano che dimostra, se ce n'era bisogno,come una certa mafia mediatica è dura a morire. San Remo fa dei tentativi per cambiare, ma poi resta uguale a quello di sempre.

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