mercoledì 2 novembre 2011

Filo diretto coi nostri defunti.


Sono sempre stato contrario all’istituzione di giornate per commemorare qualcosa, perché si incorre inevitabilmente nella facile retorica; ma faccio alcune eccezioni, come, ad esempio, per il giorno dei morti. “Il culto dei morti segna il grado di civiltà di un popolo”, scrive Ugo Foscolo nelle “Ultime lettere di Jacopo Ortis.  La giornata per commemorare i defunti fu fissata nel giorno successivo ad Ognissanti e nessuno di noi, in questo giorno, si esime dal recarsi al cimitero per deporre fiori, accendere lumini, lucidare lapidi o lustrare immagini, serie o sorridenti che siano, dei nostri cari. Ma questi momenti di gestualità collettiva e di fede atavica risulteranno del tutto inutili, se non ci inducono anche e soprattutto a fare una seria riflessione sulla vita e sulla morte. Purtroppo non ci è di grande aiuto l’essere stati abituati a convivere con tanti fatti tragici di morte e di efferata crudeltà che ci accadono intorno; eppure sarebbe necessario pensare ogni tanto proprio alla morte, per dare il giusto valore alle cose e stabilire le priorità fra esse. Dovremmo, innanzitutto,  partire dalla premessa che tutti siamo destinati alla morte:“Certo le statistiche sulla morte sono davvero impressionanti”, soleva ironizzare George Bernard Shaw, “una persona su una muore!”. In questo non dobbiamo cogliere nulla di drastico, ma solo la consapevolezza del destino dell’uomo. La preghiera ed il raccoglimento davanti alle tombe devono testimoniare l'intimo legame che ancora ci lega ai nostri cari e l'attualità del patrimonio dei valori più profondi dell'esistenza umana che da essi abbiamo ereditato. Mio padre era una persona sempre gioviale e la foto di lui che sorride sulla lapide non mi fa mai pensare di trovarmi in un cimitero. Dobbiamo costruirci un’idea serena, gioviale della morte. Mi piace la tradizione siciliana che vuole che i defunti portino dei regali ai bambini nella notte a cavallo tra l'1 e il 2 novembre; questo viene inteso come il loro modo di comunicarci il loro amore e la loro protezione anche al di là della stessa vita. Rechiamoci al Camposanto con l’animo sereno, senza tristezza e non come scrive il bambino del libro “Io speriamo che me la cavo:  “Prima di partire...ridevo sempre, a casa giocavo. Ma era il giorno dei morti, e mio padre mi aveva detto che io dovevo essere triste, perché era il giorno dei morti, e allora io l'ho fatto contento e sono diventato triste…” In questa giornata cogliamo l’occasione per riflettere sul  senso più profondo della vita, recuperando quei sentimenti che si vanno ormai perdendo, come la solidarietà, la pace e l’ amore verso il nostro prossimo.
Buona vita!
maestrocastello

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