venerdì 16 dicembre 2011

l'intolleranza che uccide.



Quello che è andato in scena prima a Torino e poi a Firenze è lo spaccato di un’Italia deteriore ma purtroppo reale, un Paese che si cela spesso dietro la facile demagogia  quando si parla di stranieri; ma che troppe volte si lascia andare a comportamenti razzisti. Ieri gli zingari a Torino, oggi i senegalesi a Firenze; cambia solo l’obiettivo, ma resta il medesimo atteggiamento razzista verso chi è diverso da noi. Lo sparatore di Firenze sarà pure un pazzo depresso, ma è lo specchio fedele dell’ intolleranza non tanto latente che si annida in larga parte della nostra gente . Questi due episodi sono la dimostrazione di come dalla percezione negativa dell’altro possa scaturire la paura, l’intolleranza, l’indifferenza o addirittura il razzismo. Come siamo arrivati a tanto, ce lo chiediamo tutti. Qualcuno dice che è la nostra stessa storia che è intrisa di linciaggi fisici e morali: prima i meridionali, poi gli ebrei, i rom, i migranti internazionali e via discorrendo.  Evidentemente ci siamo scordati quando stranieri eravamo anche noi.  L’Italia un Paese razzista? Penserete che è un’affermazione esagerata. Come si giustifica, però, che su facebook sono ormai centinaia le persone che inneggiano al gesto folle compiuto da Enrico Casseri a Firenze? Come li chiamate questi?  Badate che sono tutti italiani come noi.  Allora dobbiamo pensare che non è proprio un gesto isolato quello di Casseri, se tanti altri Casseri la pensano come lui; con l’unica differenza è che questi altri non sparano. Come uomo del sud, mi ha fatto male apprendere che a consumare tutta quella violenza nel campo nomadi di Torino siano stati proprio dei meridionali adulti e per un’accusa, per giunta, inventata. Evidentemente la nebbia padana s’è introdotta anche nei  cervelli dei nostri conterranei. Ecco cosa succede quando una certa politica xenofoba persiste nel seminare odio verso il diverso che si trasformerà, presto o tardi, in puro razzismo. Firenze è una città di accoglienza, è vero, e sono partiti cortei solidali anche a Roma e in varie parti d’Italia; ma qualcuno  ha scritto giustamente che le fiaccolate non bastano e nemmeno le tante parole di circostanza dei politici. Dobbiamo adoperarci a costruire un Paese più civile, dove ci sia posto per tutti, sforzarci a superare quel “pensiero prevenuto” che ostacola l’emergere di una cultura dell’integrazione. Perché scagliare la nostra rabbia sociale contro questi poveri cristi che hanno la sola colpa di offrirci calzini in cambio di un tozzo di pane? Essere più tolleranti è fattore di semplice civiltà. Questi episodi incresciosi non saranno accaduti invano, se ci faranno riflettere sul nostro modo di essere uomini.
Buona vita!
maestrocastello

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