E’
tempo di saldi: l’Italia è in vendita, o meglio, le punte di diamante della
nostra economia sono svendute sul mercato internazionale; proprio mentre
giungono dalla Germania lezioni di come si fa la politica. Complice la crisi
economica, i colossi mondiali sono pronti a fare super-affari nel nostro
belpaese ed azzannano i nostri gioielli, portandoseli a casa a prezzi
stracciati. Il mercato è così: chi ha fame vende, chi ha soldi compra. Lo
scippo di Telecom ed Alitalia da parte di spagnoli e franco-olandesi non arriva all’improvviso, ma parte da lontano.
L’Italia si va man mano sgretolando: negli ultimi vent’anni abbiamo dato via
interi spezzoni del comparto industriale, dalla chimica alla grande distribuzione. Molti marchi che erano un
vanto del made in Italy sono stati acquisiti da concorrenti stranieri, non solo
da multinazionali occidentali; ma anche da Paesi emergenti come il Brasile, la
Cina, e l’India, la Russia e
soprattutto la penisola araba. Qualche esempio? È presto fatto Bernard Amault è
proprietario della Lymh che non è solo il padrone incontrastato di Bulgari, ma anche
di Emilio Pucci, Acqua di Parma e Fendi. Ppr controlla Gucci, la francese
Pinault controlla Bottega Veneta, Sergio Rossi e come prossimo obiettivo mira addirittura alla Edison, colosso energetico italiano. Gianfranco Ferrè è stato
ceduto a Paris Gruop di Dubai, la Safilo è finita nelle mani del gruppo
olandese Hal Holding. Per non parlare del settore alimentare italiano che viene
continuamente saccheggiato: la francese Lactalis ha messo le mani su Parmalat, Galbani,
Invernizzi, Cademartori e Locatelli. La Standa è diventata austriaca, persino
Cova, la pasticceria modello di Milano è finita in mani francesi e che dire
delle aziende vinicole del Chianti che vengono acquistate non più solo da
inglesi e francesi, ma da cinesi e indiani? I thailandesi hanno comprato
l’Inter, gli americani la Roma; manca solo che ci vendiamo davvero la Fontana
di Trevi e siamo apposto. Vi
domanderete: e la politica dov’è? E’ assente!
L’unica preoccupazione del Presidente della Repubblica Napolitano è di
preservare una fragile stabilità politica e il già debole governo delle larghe
intese che proprio in queste ore sta per sciogliersi, per l’irresponsabilità di una schiera di
parlamentari che si sono dimessi in massa, compresi i ministri di quella parte
politica, preoccupati più di salvare il culo al loro padrone che a fare il bene
del nostro Paese e proprio quando ne avrebbe più bisogno. A Cernobbio, poche
settimane fa, gli strateghi della
politica, per fare cassa, hanno
avanzato proposte che mirano a disfarsi di colossi quali Eni, IRI, Finmeccanica
e metterli in mano dei privati.Sappiamo bene gente come Colaninno padre o Bernabè come hanno curato le aziende a loro affidate. Di questo passo l’Italia non solo non aggancerà
la ripresa, ma brucerà le sue residue risorse
economiche e umane, procedendo in una desertificazione ad altissimo rischio per
il proprio futuro. Siamo un Paese debole che vende i suoi pezzi migliori e non
ha uno straccio di strategia industriale. Finirà che perderemo gradualmente
tutte le nostre aziende e con queste i loro utili che finiranno tutti all’estero.
Per non parlare della forza lavoro che si perderà, soprattutto quella
dirigenziale e più specializzata. Speriamo che questa lezione serva d’esempio
agli italiani, a far capire che di questi politici non sappiamo che farcene,
che l’immobilismo danneggia il paese ed è complice della cattiva politica ed
allora è meglio cambiare totalmente questo governo e i suoi governanti e sperare che le cose
volgano al meglio.
Buona vita!
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