E’ morto il boia centenario Piebke ed è iniziato il previsto
carosello mediatico, l’apoteosi di quell’accanimento che s’è consumato in
questi ultimi anni contro un rottame di guerra. Sinceramente non so bene a cosa
sia servito scortare continuamente con centinaia di poliziotti uno incerto
sulle gambe, tenere costretto in una detenzione virtuale un centenario in
compagnia del suo amico e avvocato e che usciva tranquillamente a fare la
spesa. A mio avviso, è stato solo teatro, in un’Italia che lascia libera
circolazione a feroci assassini degli anni di piombo che scrivono libri e
partecipano a talk-show. Quanta falsità! Eppure una qualche riflessione è
d’obbligo in questa circostanza. In primis, va
ripensato il feroce eccidio delle Fosse Ardeatine, dove furono soppresse
335 vite umane e che il tempo non potrà mai cancellare. Come non ricordare la
tesi sempre sostenuta da questo capitano tedesco di aver solo ubbidito agli
ordini di una guerra spietata. Allora perché non c’è mai stato un solo cenno di
pentimento? Si sentiva nel giusto avendo eseguito l'ordine di dare la morte, non a maiali, ma 335 persone come lui? Dove sta la coscienza di un uomo? La cosa grave è che i fatti dolorosi della guerra non abbiano insegnato nulla a quei giovani che ieri ad Albano inneggiavano al loro
capitano. E noi altri? Credo che non dobbiamo covare sentimenti di vendetta che servono solo ad esacerbare gli animi,
specialmente se ci dichiariamo cristiani; piuttosto dobbiamo scongiurare che di
Fosse Ardeatine non se ne ripetano in
futuro. Mi viene, infine, di pensare a quest’uomo che sta per raggiungere quei
335 che il 23 marzo del 1944 spedì fra le stelle e a ciò che si diranno fra loro e sono
quasi sicuro che quei poveretti sapranno mostrare più pietà di noi viventi.
Buona vita!mercoledì 16 ottobre 2013
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