domenica 17 ottobre 2010

Sarah è stata uccisa due volte


Ecco come la nostra società nel caso di Sarah Scazzi ha perso ancora una volta l’occasione di fare autoanalisi e così un ennesimo caso di ordinaria violenza contro una donna è diventato un tormentone mediatico, tanto che ora i mostri di Sarah sono diventati addirittura due: suo zio Michele e quel mostro bestiale che prende il nome di Tivvù. Già la tivvù, quel mostro che divora i nostri animi per trasformarci in bestie senza ragione, quel dispensatore di modelli da seguire, di appiattimento generale voluto da una classe dirigente che ci manipola a suo piacimento. La televisione come una iena s’è fiondata sul caso di Avetrana spettacolarizzandolo fino all’impossibile, incoraggiato anche dalla strana voglia di mostrarsi degli stessi familiari e dalla morbosa curiosità della gente che segue la storia di Sarah come un giallo, una fiction, un puzzle; vogliosa di scoprire gli ulteriori tasselli che ancora mancano a questa squallida storia di violenza consumatasi all’interno del solito gruppo familiare che questa volta proprio non ce l’ha fatta a tenere eretto il solito muro dell’omertà; anzi ha addirittura acceso le luci dei riflettori ad illuminare meglio la loro tragedia familiare. La morte della giovane annunciata in presa diretta, le critiche all’annuncio, dettate più dall’ invidia che da questioni morali, trasmissioni in prima serata con picchi di ascolto , approfondimenti serali e pomeridiani, arene della domenica : ogni testata ha goduto della spartizione mediatica del dolore altrui. I mezzi di comunicazione di massa hanno fatto un lavoro pessimo, rafforzando stereotipi, concentrandosi su pettegolezzi, facendo gossip sul cadavere di una ragazzina. Peccato che la tecnologia ancora non sia capace di trasmettere gli odori, altrimenti facevano percepire anche l’odore aspro del sangue che sgorga in queste storie di sangue. D’altronde è questo che vuole la gente. Un giorno Pasolini parlando della morte la paragonò al montaggio cinematografico, in quanto essa darebbe alla vita ciò che il montaggio dà al film: il senso. Susy e Raffaella, Youssef e Paola e Valeria e Chiara e Meredith ed Elisa ed ora è il turno di Sarah; le chiamano sempre per nome queste giovani, Il cognome non importa, ha il sapore del distacco e della lontananza mentre quello che serve qui è vicinanza, calore, animosità. Ci fate caso che si tratta sempre di donne? Il mostro a volte si nasconde in chat, ora è uno straniero, ora è un vicino di casa, ora un capufficio, ora un santo padre di famiglia che coperto da omertà parentale ha il vezzo della molestia alla nipotina, alla figlia della cognata come primo atto e poi passa all’atto finale che prevede mani al collo fino all’asfissia e quindi all’occultamento del corpo in un fosso qualunque. Dicono gli esperti che a provocare atti violenti sia il testosterone, ormone sessuale maschile, che è un modulatore dei comportamenti aggressivi, della volontà di potenza che è propria dei maschi verso esseri deboli come bambini e donne. Io penso invece che sia un fatto prettamente culturale. Alle soglie del terzo millennio bisogna lavorare ad un nuovo modo di relazionarsi fra sessi, non più basato sulla supremazia indiscussa dell’uomo, non più quote rosa in tutti i settori del vivere civile; bisogna spingere tutti ad una capacità di riflessione collettiva, di autocoscienza, di riconsiderare finalmente la donna come persona, senza costringerla a intraprendere moderne crociate contro il maschio pur di conquistarsi i suoi spazi. Questo dovrebe fare la televisione, dovrebbe collaborare a diffondere questo messaggio di civiltà; invece di speculare sul sangue di tante povere donne.
Buona vita!
maestrocastello

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Dal bolg di Beppe Grillo leggo e trasmetto questa riflessione un pò forte:


"Disoccupata, precaria, troia, vergine stuprata, ministro promosso per l'aspetto, per il culo, ma anche la bocca aiuta, costretta ad accettare avances sul lavoro, preda delle voglie di parenti e delinquenti, uccisa da zii, mariti, amanti, ex compagni, buttata sulla strada da magnaccia, introdotta nei letti dei potenti come una regalia per acquisirne la condiscendenza. Extracomunitaria e minorenne, a migliaia, quasi bambine, carne fresca sui viali di tutte le città, facile conquista di padri di merda e di famiglia nell'indifferenza totale. Miss Italia che mostrano la loro mercanzia in prima serata, ragazze di cui non si ricorderà il sorriso, lo sguardo, ma soltanto il seno, i lombi, l'incavo delle cosce, vallette con i fili interdentali nelle chiappe in tutti i programmi televisivi, seminude anche nella notte di Natale, merce gratta e fotti, a disposizione degli italiani, inconsapevoli aspiranti puttane del piccolo schermo. Sottopagata, quota rosa, residuale, marginale, esclusa dalle scelte, dalla politica, senza diritti civili se non benedetta dalla sacralità del matrimonio, senza una pensione anche se moglie di fatto per una vita, senza asili, senza spazi verdi per i suoi figli, perché i figli sono delle donne, quasi sempre. Corpo e non persona, buco e non spirito. Oggetto di modernariato con labbra a canotto e zigomi da lupa, in vecchiaia simile a una maitresse di antichi bordelli. Plasmata dalle necessità e dal trionfo del membro maschile, signore e padrone della sua vita. Non più persona, ma oggetto, che si può usare, prestare, strangolare, possedere. Un transfert di massa l'ha trasformata da essere vivente a cosa di comune disponibilità, accessibile, che non può negarsi, non ne ha più il diritto. Proprietà privata, ma anche pubblica, da strangolare in caso di rifiuto, nella scala sociale appena al di sopra una bambola gonfiabile, da possedere anche dopo la morte, perché una cosa non è viva e non è morta. E' solo una cosa, una donna, nient'altro che una donna."

1 commento:

  1. gpapaiani@infovia.com.ar18 ottobre 2010 alle ore 00:48

    Molto buono il articolo,mi sembra ascoltare una storis e comportamento uguale qui a Argentina mella persona! E' interesante il tío andlidi. Un abbraccio.
    Graciela

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