martedì 15 dicembre 2009

scende la neve lemme, lemme, lemme....


“Scende la neve lemme, lemme, lemme….” recitava una poesiola che mandavamo a memoria quando eravamo piccoli. Ai tempi della mia infanzia, la neve a Sant’agata cadeva abbondante per mesi e mesi. Capitava di andare la sera a letto con il cielo stellato e svegliarsi al mattino con un metro di neve. Si capiva subito che c’era stata la neve dal silenzio ovattato e innaturale della strada, poi arrivava il rumore delle pale che aprivano le vie per poter uscire. In ogni casa, dietro la porta, insieme alla scopa c’era anche una pala; ma qualche volta si doveva uscire dalla finestra perché la neve aveva coperto anche la porta d’entrata! A quel tempo non si ascoltavano i bollettini meteorologici televisivi come avviene oggi. L'unica fonte di questa "scienza del tempo" era custodita nell'annuale almanacco “Barbanera” che ogni anno veniva acquistato, per pochi soldi, dagli anziani del paese che lo consultavano periodicamente e dava loro tranquillità nello svolgere i lavori agricoli. La neve, sempre in abbondanza, ma in silenzio, precipitava sulle vie del paese e sui fili elettrici che troneggiavano sui tetti delle case, i quali non tardavano a lasciarci al buio per moltissimi giorni. La gente diceva: ”Si sono bagnati i fili ! ”. Quando nevicava era sempre per molti giorni, tale da rendere impraticabili tutte le strade del paese. Il sindaco faceva intervenire operai e gente di buona volontà per spalare la neve, creando così dei viottoli che dessero la possibilità ai cittadini di poter attraversare, da un capo all'altro, il paese. All'epoca non vi erano né pale meccaniche, né spartineve dell'Anas, come fortunatamente si hanno oggi. Pertanto chi voleva uscire di casa (senza lamentarsi o dare colpa ad altri), doveva munirsi di pala e aprire il varco per raggiungere la piazza, la chiesa o qualche bottega di generi alimentari. Col passare dei giorni aumentavano i disagi: era un problema recarsi a prendere l'acqua ai fontanini pubblici o portare al forno il pane fatto in casa; inoltre i viveri cominciavano a scarseggiare anche nei negozi. Il vento gelido di tramontana ghiacciava ogni cosa, creando ulteriori disagi a chi non aveva legna per riscaldarsi. Era facilissimo scivolare: se ti andava bene, davi solo una “culata” a terra; altrimenti ti fratturavi un arto inferiore. La scarpa maggiormente adatta sulla neve era lo scarponcino chiodato dalle “centrelle”, ma i meno fortunati adoperavano la "galoscia", scarpa a collo alto, costruita con gomma e tela cerata con tre bottoni laterali che sulla neve andava tantissimo, perché economica; nonostante fosse più fredda di un congelatore. Se la neve rappresentava un problema per gli adulti che vedevano assottigliarsi viveri e legna per riscaldare le case; per noi bambini era un divertimento: eravamo sempre in strada o a fare lo “sciulacchio” (una specie di scivolarella a cavallo di un legno che fungeva da slittino) oppure alla guerra delle palle di neve. Quante volte ritornavo coi vestiti zuppi! E lì erano botte sicure da mia madre e..”questa sera avrai il resto da tuo padre!”. Ma un ricordo dolce lo serbo dentro: mia madre , certe mattine, chiamava in aiuto la nonna per sbloccare, dall’esterno, la porta di casa che era ostruita dalla neve fresca della notte, poi mi caricava sulle spalle e mi portava fino alla scuola elementare, per stradine sommerse letteralmente innevate. A scuola, poi, non riuscivi a scrivere perché ti venivano “i geloni” che trasformavano le dita in autentici salsicciotti. Una volta che rimanemmo isolati a lungo, ricordo che giunsero soccorsi attraverso gli elicotteri che portarono aiuti alle famiglie più povere; ma fu un avvenimento per tutta la popolazione che aveva finalmente un argomento di conversazione, utile a rompere la monotonia di settimane rimasti chiusi in casa. Ho ricordi anche di serate intorno al braciere, di Novene di Natale che chiamavamo “Matutino”, di pranzi di Natale che erano occasione di una buona mangiata collettiva, di calze della Befana colme solo di mandarini, frutta secca, qualche caramella ed anche di carbone per i più cattivi. Strana la vita: allora che ero povero, mi emozionava l’attesa del Natale; ora che avrei i mezzi, mi riesce molto meno!
Buona vita!
maestrocastello.

2 commenti:

  1. colotti.giovanni@alice.it16 dicembre 2009 alle ore 00:30

    che spettacolo...io è tanti anni che non vedo casa mia a sant'andrea con la neve...non mi sono piu' trovato in quelle occasioni...!
    Grazie della bella foto!
    Un abbraccio, giovanni

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  2. che spettacolo la neve!!!! di natale poi! io da piccola invidiavo chi passava le feste con la neve,chi poteva giocare con le palle di neve e chi si buttava nella coltre bianca per lasciare la propria sagoma. Quando finalmente molti anni fa nevicò a roma rimasi un pò delusa:la neve era poca e io tutte quelle cose pensate da piccola non le ho potute fare!

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