sabato 29 gennaio 2011

Lo sterco del diavolo.


Storiella  ebraica:                                                                                                                                             


In un tempo non precisato,  scoppiò un incendio in un piccolo villaggio israeliano che distrusse ogni cosa. L’anziano Aronne, uomo ricchissimo ed il povero Rabi, fino a quel giorno buoni vicini di casa, persero nell’incendio tutti i loro averi. Il povero rimase tranquillo, come se nulla fosse accaduto, mentre il ricco  cadde in una disperazione profonda. "Rabi", disse allora il ricco, "come è possibile che tu sia così tranquillo quando tutto ciò che avevamo è bruciato nell'incendio?" -  "Semplice” – rispose il povero – “A me è rimasto il mio Dio, mentre il tuo è bruciato con la casa".
( idea tratta da Daniel Lifschitz -  "Storielle di rabbini mendicanti e malandrini" e riscritta da maestrocastello).


Per la riflessione….                                                                                                                            
Di tutti i desideri che affollano il suo animo, l’avaro ne radicalizza solo uno: l’avere, il possedere. E lui perciò può ben dire : "Sono ciò che possiedo". Il resto non conta più nulla. «Alla povertà mancano tante cose – diceva il poeta Publilio Siro – all'avarizia tutte». L’avaro ha un tratto di ossessività con ciò che possiede, soprattutto con il denaro inteso come ogni sorta di moneta e per estensione ciò che rappresenta questa moneta: capitale, fondi, fortuna, contante, pecunia, grana, rendite e quant’altro. Il suo è un desiderio mai soddisfatto. E’ un po’ come il mare che pur ricevendo un gran numero di fiumi non si riempie mai. L’avaro confonde il mezzo, ciò che possiede,  con il fine e vive in miseria perenne per paura della miseria. Il suo tormento, la sua idea fissa è possedere, accumulare e vive solo per risparmiare, a costo di restare immerso nella solitudine; tagliato fuori dal gioco della vita. L’avarizia è uno dei grandi mali che affliggono l’uomo. La principale rappresentazione simbolica del denaro nell’iconografia medievale è una borsa che,  appesa al collo del ricco, lo trascina all’inferno ( J. Le Goff). Allora, direte voi,  non dobbiamo pensare oggi per il domani? Pensare al futuro è da saggi, insensato invece è vivere solo per risparmiare e accumulare, perché ciò comporta solitudine e tristezza. L’insegnamento evangelico che ricorda Matteo, 6, 24: ”Nessuno può servire due padroni..” viene ampiamente disatteso da tanti che si dicono cristiani. Bisognerebbe rileggersi ogni tanto il Vangelo e riflettere. San Francesco s’era spogliato di tutti i suoi beni e mai avrebbe pensato che, dopo di lui, la gestione degli enormi proventi delle elemosine avrebbero fatto del suo ordine monastico uno strumento di usura. La storia racconta pure che nel Medio Evo l’usura rappresentava per la Chiesa il peggiore dei peccati e nei secoli successivi la stessa Chiesa riabilitò chi prestava “a strozzo” perché si dovevano combattere crociate, costruire chiese e sia papi che imperatori non  avevano i mezzi sufficienti. Un esempio per tutti ne sia il mercato delle indulgenze che provocò lacerazioni interne alla Chiesa di Roma.  Oggi, la cultura della globalizzazione economico-finanziaria ha elevato il mito dell'efficienza e della produttività dell'homo aeconomicus a criterio unico di giudizio e di giustificazione non solo della realtà economica ma anche della vita; legittimando l'avidità quale motore della produttività.  Non esiste più una chiara linea di demarcazione fra essere e avere. Molti hanno dimenticato che l'opposto della povertà non è la ricchezza, ma  la giustizia e che ci presenteremo nudi al rendiconto finale.
Buona vita!
maestrocastello

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