venerdì 18 marzo 2011

Lettera postuma al mio papà.

Caro papà, ti conobbi da bambino e non da gesti o da parole; ma da sguardi elementari. Ti conobbi meglio quando eri assente per lavoro e mentre ti aspettavo di notte che tornassi; però non te lo feci mai capire. Ti conobbi meglio quando camminai nelle tue scarpe, sorrisi tra i tuoi sorrisi e feci mie molte delle tue parole. C’era una pianta di gelsi rossi di lato al vecchio campo sportivo del paese, proprio alle spalle della madonnina che si trova sulla  strada che porta ad Accadia. Ricordi? Su quell’annoso albero mi arrampicavo, di nascosto, insieme a tanti altri scapestrati dell’età mia, per raccoglier frutti o semplicemente per stare penzoloni, sicuri che quell’albero ci avrebbe sostenuto. Per me, papà,  tu eri esattamente come quella pianta, solida e sicura; mi sono fidato sempre ciecamente della tua persona. Ancora ti ricordo, mastro muratore, in certi mattini impossibili di pioggia, costretto in casa a scrutare il cielo, nella speranza che spiovesse all’improvviso. E pur con l’animo in subbuglio per la giornata inoperosa, con noi fingevi ugualmente buonumore. Quanto t’ho rincorso da fanciullo, allorché desideravo un mio momento d’attenzione, confuso com’ero in mezzo ai numerosi fratelli! T’ho poi raggiunto ch’ero già un uomo e pur se allora ero io ad avere un passo più veloce, t’ho sempre camminato dietro. T’ho scoperto veramente, proprio quando t’ho perduto : era una notte di novembre e tu avevi poca voglia di morire. Era come se m’avessero amputato un arto superiore: non potevo più afferrare, non potevo più abbracciare e non potevo asciugare tutte le lacrime del mio grande dolore. Dopo che ho steso ad asciugare la mia malinconia, il tempo mi ha restituito il tuo vero volto, nascosto  nelle parole di tutti quelli che ti hanno conosciuto. Di te mi rimane il ricordo di un volto spesso sorridente, bontà da vendere e lealtà che si fa persona. Grazie, papà, per quello che tu mi hai dato e per quello che io ti ho rubato. L'unico rammarico resta per quello che non ci siamo mai detto, forse per pudore di dirci con le parole che ci volevamo bene. Ancora inseguo la tua sicurezza, la forza e la tua stessa dignità. Vorrei almeno assomigliarti un po’.
Ti voglio bene, papà!

maestrocastello

4 commenti:

  1. vivere con il rammarico di non avere avuto il tempo di dimostrare e dire ai propri genitori "ti voglio bene" è un convivere con un dispiacere che riaffiora sempre nella tua vita.E pensare che non costa nulla poi..............

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  2. colotti.giovanni@alice.it1 aprile 2011 alle ore 05:28

    Caro Giovanni, mi unisco anch'io al ricordo di tuo padre....
    ha avuto il suo bel da fare a crescere e a guidare sulla giusta strada tutti i suoi figli maschi (+ rosaria piccolina) così pieni di vitalità, ognuno col suo carattere e le sue idee.
    Ora da lassù , insieme alla tua dolcissima mamma, non può far altro che seguirVi , proteggerVi ed essere orgoglioso di voi tutti.
    Purtroppo , quando è morto mio padre, io non ero ancora "uomo" da potermi confrontare con lui, per cui i miei ricordi
    sono solo di figlio appena adolescente e di un padre che si è goduto troppo poco..... di cui, per forza di cose, ho dovuto farne a meno....arrangiandomi come potevo , non avendo esempi da seguire...
    Ma, visto i risultati, sono convinto che anche lui (sempre da lassù) ci abbia protetti e guidati in qualche modo.
    Un abbraccio,
    cari saluti a tutti. Giovanni e Antonietta

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  3. ♥♥♥ baci rosaria

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