domenica 15 gennaio 2012

Ti hanno mai chiamato quattrocchi?

disegno di Daniele Genchi.

Quanti di noi vanno orgogliosi del nome, o, peggio ancora, del nomignolo che portano? Pochi, penso, anche perché non siamo noi a sceglierli, ma ci vengono imposti da altri; siano essi genitori (come nel caso del nome), oppure amici e conoscenti, (come nel caso dei vari nomignoli che ci appioppano con malizia). E pensare che certi genitori impiegano mesi nella scelta del nome per il figlio che dovrà nascere e al momento del parto, spesso,  non si sono ancora decisi. Si comprano libri specifici, fanno le prove a vedere se il nome scelto suona bene vicino al cognome: nome corto e cognome lungo e viceversa. In seconda elementare, il maestro ci ammorbava per farci entrare in testa la differenza fra nome proprio e nome comune: “papà, nome comune (uno dei tanti); mentre Antonio è nome proprio, perché si tratta proprio del nome del tuo di papà (uno fra tanti)”.  Il maestro, era lui che non capiva che certi concetti, anche se sembrano scontati per i grandi, non sempre vengono recepiti dai piccoli. Per fortuna che ciò che la scuola non spiega, poi la vita te lo spiega benissimo. L’esigenza di passare dal nome comune al proprio, lo capirai per strada, giocando a pallone; quando non vuoi essere uno dei tanti, a cui nessuno passa la palla; ma desideri essere chiamato Antonio, uno affidabile del gruppo che se gli fai un passaggio, può metterla dentro.  Se poi ti chiamano Tonino; ancora meglio: vorrà dire che ti vogliono anche bene. Ti accorgerai presto che ciascuno di noi col solo nome e cognome non ci fa nulla, non va da nessuna parte e deve avere anche un nomignolo di riconoscimento, un nome di battaglia e che a trovartelo ci penseranno gli amici che lavorano d’inventiva; soprattutto sui tuoi difetti! A scuola ti chiameranno quattrocchi ( se porterai gli occhiali), cicciabomba (se sarai grassottello),  Dumbo (se avrai le orecchie sporgenti) e  secchione (se esagererai con lo studio). Per quanto mi riguarda, i compagnetti avevano lavorato sul mio cognome (Castello) e mi apostrofavano: "castieggr scarrupète" (castello diroccato) e naturalmente seguivano un sacco di risate! Sfogliando i libri di storia ti accorgerai che nemmeno i personaggi più importanti sono rimasti esenti dal loro bel soprannome:”l’Africano”, “il Temporeggiatore”, “il Breve”, “il Magnifico”, “Pippetto”, “Franceschiello” e via discorrendo. Bisogna riconoscere che il nomignolo è anche utile a far capire subito di chi stiamo parlando. Se oggi vi dicono: “il cavaliere”, “il trota”, mitraglia”; sapete subito chei stanno parlando dell’ex premier,del figlio maldestro di Bossi e di Enrico Mentana. Poi ti trasferisci nella capitale, dove ti osservano, ti scattano una sola istantanea e ti appiccicano il tuo bel soprannome, col quale sarai riconoscibile da quelli del bar che frequenti. A Roma c’è solo da scegliere tra un vastissimo campionario: “belli capelli, er pomata,er braciola, er roscio, er lumaca, er bruschetta,  er pecora, er biscìa, er sola, er cipolla, er patata, er lazziale, er caciotta e potremmo andare all’infinito. Fra me, però, sorridevo; perché gli amici del bar di Cinecittà mai pensavano che provenivo da un paese della Puglia, dove per riconoscere uno, devi dire per forza il suo soprannome; altrimenti non ti capisce nessuno.  Non sapevano gli ingenui che a Sant’Agata di Puglia i soprannomi sono piuttosto coloriti: piscia liett (piscia a letto), cacalerta(caca all’impiedi), cacafave (caca le fave), Rocc cess (nel senso di gabinetto), fica moscia (fico non più maturo, o meglio, persona lenta), piglian’ngule (che non si traduce letteralmente e sta a significare persona che subisce). Oggi, nel web, è in uso il nik name o nome di riconoscimento che usano in tanti, come D'Artagnan, Barone Rosso , Zorro, o come il mio che è semplicemente maestrocastello. Fanno eccezione solo gli anonimi che non si firmano, sono in tanti e  si sentono in diritto  di criticare (non sempre educatamente) chi invece ci mette la faccia;  ma questa è un’altra storia.
Buona vita!
maestrocastello”

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