giovedì 19 marzo 2009

Peppedda.

Francamente suonava insolito anche a noi che una donna si chiamasse così; ma era un modo originale di chiamare una persona di sesso femminile che in un altro posto avrebbero chiamato Giuseppa o semplicemente Pina. Comunque quando dicevi Peppedda tutti sapevano di chi stavi parlando. Peppedda gestiva uno spaccio che era esagerato chiamare rivendita di generi alimentari; tanta era l’esiguità di prodotti che esponeva. La rivendita in questione era situata al piano terra della sua abitazione che era ubicata lungo il percorso casa-mare e perciò anche comoda per gli acquisti di quei primi anni di vacanze a Tanaunella. La tappa quasi giornaliera da Peppedda non si svolgeva mai in tempi rapidi, vuoi per la lentezza dell’anziana esercente, vuoi per la nostra curiosità, vuoi per la reciproca voglia di attaccar bottone. Se il negozio poi era affollato da più d’una persona, potevi anche fare notte. Questa donnetta, vero esemplare di donna sarda avanti con gli anni, vestita in modo austero, con l’aria perennemente sofferente, stonava dietro ad un banco di rivendita e quasi si scordava del vero motivo che la vedeva tra pacchi di pasta e scatole di tonno ; tanto era presa a tener conversazione e sempre con tono piuttosto pacato.
L’esercizio era a carattere familiare e collaborava ad organizzare le varie attività commerciali il signor Costa, suo marito, che era dotato di un’ape (automezzo a tre ruote) che gli serviva per trasportare bombole di gas. Ci accorgemmo di lui una volta che chiedemmo dove potevamo acquistare della frutta. E Peppedda ci fece:
- Frutta vi occorre? Abbiamo albicòcche (disse piano e con la o molto stretta); ma non vedevamo in giro l’ombra di una sola albicocca.
Non ci eravamo accorti che aveva fatto un cenno al marito, il signor Costa, che era partito a razzo e presa una scala era salito su d’un albero dell’orto situato proprio alle spalle del negozio ed ora raccoglieva la frutta che sua moglie ci avrebbe venduto poco dopo. Da una finestrella assistemmo increduli a tutta la scena.
Era proprio il caso di dire: dal produttore al consumatore !
Ma il signor Costa lo avremmo conosciuto meglio di lì a qualche giorno, quando, appressandosi il giorno della partenza, chiedemmo a Peppedda se ci indicava un posto dove acquistare vino di proprietà, cioè fatto da privati. Naturalmente ci indicò suo marito e il signor Costa pretese di farci assaggiare prima il suo Cannonau. Il mattino seguente, mentre ci portavamo in spiaggia, pensammo bene di fare una visita a casa sua per l’acquisto del vino e quella visita non l’avremmo poi scordata per un pezzo. Quel basso ometto claudicante ci ricevette in casa sua con tutti gli onori e ci raccontò di sua figlia parrucchiera che esercitava vicino Roma e dopo poco si presentò con quattro bicchieroni con cui solitamente ti servono l’acqua nei bar, colmi fino all’orlo di rosso Cannonau di quindici gradi . Mia moglie del tutto astemia e i figli appena decenni mi facevano ampi cenni disperati di soccorso! Fu così che mi trovai, mio malgrado, a tracannare uno dopo l’altro tutto quel vino ed erano appena le dieci del mattino. Poco dopo, pur trovandoci al fresco di quella casa e non ancora in spiaggia, cominciai ad avvertire un caldo insopportabile. Pensavo al modo di combinare presto per il vino da acquistare e prendere congedo e feci
- Buono questo vino, complimenti!
- Io sono un tifoso del vino – fece il signor Costa che col termine “ tifoso” voleva intendere “appassionato”.
Ma io ostinato, feci una domanda stronza, invece di tagliar corto :
- Producete solo il rosso?
- Maledizione! ……. fece il Costa, balzando letteralmente sulla sedia e in un baleno sparì nuovamente. Al suo ritorno afferrava due bottiglie di bianco e….
- Una ce la bevviamo e una ve la regalo! Disse in tono tassativo.
Insomma si stava ripetendo la scena di poco prima col vino rosso: i bicchieri erano sempre quelli di prima, quattro bicchieri esagerati e si ripetè lo stesso cinematografo. Lui che si girava ed io che approfittavo per dare soccorso a qualche figlio: afferravo rapidamente il suo bicchiere ed al suo posto mettevo il mio che avevo già vuotato. Tracannavo con molta indifferenza, provocando le ilarità dei miei familiari che si divertivano da matti. Quando riuscimmo a prendere congedo ero gonfio come una spugna ed erano appena le dieci e mezza del mattino!
Al mare mi portai subito nell’acqua per cercare un qualche refrigerio, ma avevo movenze di un demente e suscitavo risate incontenibili nei miei che mi ripetevano di continuo :
- Maledizione!…… Io sono un tifoso del vino!…Forse avrò provocato anche la curiosità di quanti, vedendomi allegrotto, avranno pensato che ero un povero scemo che i familiari avevano portato al mare; mica sapevano che ero completamente ciucco, perché avevo in corpo quasi due litri di vino Cannonau ed erano appena le undici del mattino.
Tratto da "Chiuso per ferie" di G.Castello.

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