lunedì 22 marzo 2010

Alla ricerca della felicità.


La scorsa settimana hanno riprogrammato un film che rivedo sempre volentieri: “The pursuit of Happyness” (la ricerca della felicità), interpretato dal bravo Wil Smith e da suo figlio Jaden.” Il film vuole fornire un ideale spaccato della società americana nella quale il successo personale è visto come il traguardo più importante da raggiungere nel corso della propria vita a costo di saper sacrificare a questo tutto: famiglia, amici, ideali, ecc”(Wikipedia). L’aspirazione alla felicità, a mio avviso, rimane spesso semplicemente un’idea; anche se compare come uno dei tre diritti inalienabili dell’uomo in molte costituzioni moderne: la tutela della vita, della libertà e, appunto, la ricerca della felicità. Questa ricerca che gli illuministi vedevano in una dimensione storica dell’uomo: il passato carico di barbarie e oscurantismo cederà il passo ad un futuro di progresso, capace di rimuovere ostacoli e sofferenze umane; non mi sembra che abbia portato a rendere l’uomo più felice. Più che affannarci, ciascuno, a ricercare la propria felicità; sembra piuttosto che concorriamo, tutti, a fare la felicità di pochi manovratori e capipopolo che se ne sbattono dei diritti inalienabili che restano, invece, tranquillamente solo sulla carta. Il saggio prelato, inventato da Fellini in “Otto e mezzo”, dice al giovane regista in cerca di se stesso: ”Figliolo, chi ti ha detto che hai diritto ad essere felice?”. Sembra proprio che lo dica a ciascuno di noi. Questa società che premia solo le eccellenze ci farà giocare tutti in quarta serie! Se la felicità si gioca solo in base al rapporto con ricchezza, aspetto fisico e potere; ci sentiremo dire spesso: “Le faremo sapere, arrivederci!”. La ricerca è faticosa da conquistare in una società piena di molteplici paletti. Si può essere felici quando sono limitate le libertà della persona? Se c’è penuria di posti di lavoro? Se non arrivi alla terza settimana? Se prima di accertare una malattia, fai prima a recarti al cimitero? Puoi essere felice se, dopo una vita di lavoro, sai già che finirai dimenticato in un ospizio fuori mano? Dice, hai sempre il telecomando e sei libero di scegliere. “Tra che?”. Abbiamo tre cellulari a testa, due macchine e la pancia piena; ma ci manca il tempo! Allora siamo felici? Forse la felicità è, in fondo, un’utopia e dovremmo rivedere il vero significato di questo termine.. La definizione che mi piace di più è di Paul Léautaud: “ Felicità è camminare dietro un vecchio cane mangiando ciliegie”.
Buona vita!
maestrocastello

6 commenti:

  1. colotti.giovanni@alice.it24 marzo 2010 alle ore 10:35

    già....camminare dietro un vecchio cane e mangiare ciliegie....
    peccato che il mio vecchio cane sia morto due anni fa ed il ciliegio che avevo in giardino, a causa di una bufera di vento la scorsa estate si sia sradicato ed è morto pure lui....
    è proprio vero...la felicità non esiste .....è solo per i....matti....forse...
    Un abbraccio

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  2. Il viaggio non è la meta, ma il percorso. A mio avviso, è un pò come la felicità!

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  3. La felicità? E' come cercare gli occhiali che hai in testa, ma pensi che siano chissà dove.

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  4. C'è un'ape che se posa
    su un bottone de rosa:
    lo succhia e se ne va...
    Tutto sommato, la felicità
    è una piccola cosa.
    (Trilussa)

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  5. La Felicità non è una piccola cosa, come vuol farci credere il Trilussa, almeno per me. Non voglio accontentarmi del poco ma vorrei avere quello che ritengo giusto. Con questo non professo l'assurda e insensata rincorsa al superfluo e all'inutile. Voglio quello che mi serve per vivere in armonia con me stesso dando così serenità anche alle persone che mi sono accanto. La Felicità è una mela intera, il bicchiere pieno è l'impossibile che sempre si cerca. Perchè la Felicità, forse, non può essere mai raggiunta, cosa farebbe poi l'essere umano? Il problema è che ormai questa emozione viene scambiata per un un fuoristrada, per una vacanza nei paesi esotici in pieno inverno o per un bel cappottino di marca. Gli uomini di un tempo, come si dice, erano felici se l'inverno portava abbastanza acqua per i futuri raccolti e se il sole scaldava la terra per far esplodere il sostemamento invernale. Quella era la felicità legata alla vita e non all'effimero atto di bulimia per qualcosa che dopo poco sarà sostituito da una nuova voglia. E intanto cresce il feto del desiderio per qualcosa che dobbiamo avere e cresce la speranza che qualche società partorirà un buon finanziamento. Come dice Battiato: "povera Patria".

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  6. Esistono delle strategie che ci aiutino a sentirci felici o a recuperare il buonumore quando lo si è perso? Tali attività o atteggiamenti possono essere:
    1. non attribuire interamente a noi stessi la responsabilità degli eventi spiacevoli che ci capitano
    2. stare in compagnia di persone felici
    3. fare esercizio fisico
    4. non confrontare la nostra condizione (salute, bellezza, ricchezza ecc.) con quella degli altri
    5. individuare quello che ci piace nel nostro lavoro e valorizzarlo
    6. curare il corpo e l'abbigliamento
    7. riconoscere i legami tra cattivo umore e cattivo stato di salute: spesso è il malessere fisico, più che altri fattori oggettivi, a determinare un cattivo umore
    8. dimensionare le nostre aspettative alle capacità e alle opportunità medie della situazione
    9. aiutare le persone a cui piace essere aiutate
    10. non fare progetti a lunga scadenza
    11. frequentare le persone che ci hanno fatto dei piaceri e alle quali abbiamo fatto dei piaceri
    12. non trarre conclusioni generali dagli insuccessi
    13. fare una lista delle attività che personalmente ci fanno stare di buon umore e praticarle
    (D’Urso e Trentin)

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