giovedì 8 aprile 2010

L’ELEMENTARE, UNA SCUOLA CHE C’È


La scuola elementare, come scuola dell'obbligo, accoglie tutti i bambini dai 6 agli 11 anni e concorre alla formazione dell'uomo e del cittadino nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità individuali, sociali e culturali. Mi sono trovato ad intraprendere il mestiere di maestro per caso, quando questo era ancora un mestiere anche per uomini e, poco per volta, mi ha coinvolto totalmente. La tanto vituperata scuola italiana trova il suo riscatto proprio nella scuola elementare che non è mai rimasta al palo in anni di profondi cambiamenti della nostra società. Pensate che negli anni ’70, in cui ho cominciato come supplente, erano ancora in vigore i programmi del 1955 che rispecchiavano una realtà da dopo-guerra e si dovette aspettare gli anni ’90 per avere dei programmi più consoni alle generazioni del nuovo millennio. Eppure la scuola elementare, in quegli anni, non è rimasta a guardare. Gruppi spontanei di insegnanti, associazioni culturali, sindacati e partiti pensavano già ad una nuova didattica, ad un novo modo di insegnare; ad abbandonare tutto quel nozionismo che aveva ammorbato la nostra infanzia. Infatti, già si pensava a libri di testo alternativi, al giornalino scolastico, alla boblioteca di classe, al lavoro di gruppo, ad aprire le porte delle singole aule, per far collaborare alunni di classi diverse. Si riteneva che la scuola non dovesse rimanere un fatto esclusivo degli addetti ai lavori e cominciò la gestazione dei “decreti delegati” , per aprire i cancelli delle scuole al territorio: famiglia, comune, parrocchia, associazioni ecc. In quegli anni ero un giovane sindacalista ed il ricordo più bello legato a quei tempi è la mia partecipazione alle varie discussioni con sindacalisti e politici per caldeggiare norme a favore dell’integrazione scolastica di alunni disabili, fino ad allora non prevista. In questo campo la scuola elementare è stata una vera antesignana, mostrando grande disponibilità e prendendo le distanze dalla convinzione atavica che la persona con disabilità, più o meno grave, era da considersi come una vergogna che la famiglia doveva tenere nascosta in casa. Con la legge 104 del 5/271992 veniva finalmente sanata una grande ingiustizia e sancito il diritto all’istruzione e all’integrazione scolastica che si fonda sugli artt. 3, 34 della Costituzione, “l’alunno disabile può frequentare la scuola dell’obbligo anche sino al compimento del 18° anno di età “(legge 104/1992, art. 14, comma1). Le classi iniziarono a popolarsi di queste figurine un po’ “buffe” che gli altri bambini guardavano con soggezione iniziale e bastava che ti facessero un timido sorriso per scatenare una catena di solidarietà affettiva. Negli anni, ne ho seguiti diversi di questi alunni speciali che hanno rappresentato un valore aggiunto nelle mie classi. Non avendo specifiche competenze o specializzazioni ho sempre messo in campo semplicemente la mia umanità, sensibilità e l’attenzione giusta. Vi posso garantire che tutto questo ha pagato perché sono sempre riuscito a capitalizzare queste presenze speciali a vantaggio di tutti. Ho notato, negli anni, che se viene impostato un buon lavoro di integrazione degli alunni disabili si scoprono scolaresche maggiormente affiatate, collaborative e serene; dove è piacevole crescere insieme. Ora mi resta solo il ricordo di visi di bimbe occhialute quali Francesca o Valentina che parlavano a gesti, ma si facevano capire benissimo; di me che alternavo sorrisi a fermezza, lo sforzo che facevo per non apparire troppo buono, per non bruciarmi quei margini di autorevolezza che un insegnante deve sempre conservare. Questi sono i miei di ricordi; spero che anche quelli di tutti loro siano carichi del mio medesimo affetto.
Buona vita!
Maestrocastello.

(nella foto il maestro Giovanni e la sua alunna "speciale" Francesca Tanzi che si sono incontrati per caso sulla spiaggia di Tor San Lorenzo. Francesca ora ha 30 anni e il suo maestro 60 suonati! ......."Francesca, quanto mi hai fatto tribolare! Non sentivi e non potevi parlare; ma ti facevi capire benissimo!")

2 commenti:

  1. colotti.giovanni@alice.it9 aprile 2010 alle ore 06:30

    CERTO CHE SI' ...MAESTRO CASTELLO...NEI TUOI ALUNNI HAI LASCIATO IL SEGNO! SIAMO CONVINTI CHE TI RICORDERANNO PER TUTTA LA VITA COME UN ...MAESTRO SPECIALE!
    CON STIMA E AFFETTO. GIOVANNI

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  2. Quando ad affermare e garantire il diritto alla felicità… è il pensiero, l’educazione la cultura dell’uomo; gli interlocutori e i garanti siamo tutti noi a prescindere dalla nostra posizione sociale, dal lavoro o altro; giovani o meno siamo chiamati a questa responsabilità che potrebbe essere sintetizzata come segue:
    -- Combattere i propri ed altrui pregiudizi.
    -- Educare a guardare gli altri, ad accorgersi di un mondo che esiste oltre il mio.
    -- Educare e promuovere sentimenti di solidarietà, interesse verso chi è "diverso" da me.
    -- Educare a guardare oltre la disabilità imparando a riconoscere la persona, la quale è una persona che pensa, che vuole, aspira, desidera…
    -- Educare a pensare che vivere la felicità non è poter fare, ma spesso è dare: spesso non si capisce come una madre può essere felice di avere un figlio che non può fare o essere o diventare. Questo pensiero ne blocca un altro e nasconde una evidenza ovvero che la persona disabile può dare a suo modo e con le sue caratteristiche. Dare relazioni, sentimenti ed emozioni.
    -- Educare ad essere felici insieme. Da soli c’è poco da stare allegri! Creiamo un pensiero di condivisione del diritto alla felicità.
    (Un visitatore di passaggio)

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