mercoledì 28 aprile 2010

l'uomo di pace.


E’ notizia di ieri l’arresto di Giovanni Degano, padrino della ‘ndrangheta calabrese, che nel salire, ammanettato, sulla volante della polizia ha salutato e ringraziato un gruppo di parenti ed amici che si disperava e lo applaudiva, urlando: “Ti vorremo bene per sempre”, “Ha fatto bene a tutti”, “E’ un uomo di pace!. Queste sono scene già viste anche in Campania, mentre viene arrestato un giovane camorrista e la gente che urla ai poliziotti: “Bastardi! Morite! Infami! Schifosi!” e succedono in altre parte del sud, dove spadroneggia quella stessa malavita che assume nomi diversi. Perché si dispera quella gente di Reggio? Ora che hanno arrestato quell’ “uomo di pace”, chi porterà loro quella pace? Non certo lo Stato! Chi darà lavoro ai figli e sicurezza a loro stessi? Non certo lo Stato! A chi andranno a bussare per chiedere l’aiutino? Per fortuna che esiste anche tanta parte di Reggio che manifesta davanti alla questura, per dire no alla ‘ndrangheta. Chiediamoci come mai siamo arrivati a questo punto? Forse sarebbe il caso che lo Stato riprenda il controllo del territorio, evitando di sbandierare qualche arresto al solo scopo propagandistico; tanto il boss continuerà a fare il prepotente nelle carceri e la sua gente a farla da padrone nella sua zona. La verità è che al Sud il feudalesimo non è mai finito ed il calabrese, campano o siciliano si sentono ancora servi della gleba dentro, convinti che per qualunque cosa ottengono, debbano comunque ringraziare qualcuno. Si dice che il paese è diviso; probabilmente non si è mai unito. Come se n’esce? Credo con l’impegno di tutti, anche di quella parte virtuosa d’Italia che non deve generalizzare taluni comportamenti mafiosi. Il Sud non può continuare ad essere solo serbatoio di voti, posto dove andare a caccia o in vacanza; va messo nelle condizioni di avere lo stesso passo del resto d’Italia. Come può realizzare il federalismo la Calabria, se non si creano prima le giuste condizioni per farlo? La gente di Reggio deve capire che stigmatizzare i comportamenti di alcuni, non significa accusare tutti i calabresi di mafia; ma serve invece ad accendere spazi di riflessione costruttiva. E mentre tutti gli italiani devono guardarsi dalla critica gratuita; i calabresi sono impegnati doppiamente per cambiare dall’interno quella cultura, appunto mafiosa di alcuni, capace di mettere la propria vita al servizio di un così detto “uomo di pace”.
Buona vita!
Maestrocastello.

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