mercoledì 19 maggio 2010

Cosa lasceremo ai figli oltre il cognome?


LA RICONOSCENZA.
Era vicino l’inizio della stagione dei monsoni e un uomo assai vecchio scavava buchi nel suo giardino.
“Che cosa stai facendo?”, gli chiese il vicino.
“Pianto alberi di mango”, egli rispose.
“Pensi di riuscire a mangiarne i frutti?”
“No, io non vivrò abbastanza a lungo, ma gli altri si.
L’altro giorno ho pensato che per tutta la vita ho gustato manghi piantati da altri.
Questo è il mio modo di dimostrare loro la mia riconoscenza”.
(L’Albero Sacro)

Per la riflessione.

Piantare un albero è un atto di fiducia nei confronti del futuro e delle nuove generazioni: ed è per questo che i nostri nonni piantavano un albero per ogni nuovo nato in famiglia. Educare un bambino è come piantare un germoglio perchè domani diventi un albero. L’atteggiamento del vecchio che piantava manghi e del suo vicino rispecchiano due diverse filosofie di vita, due modi di atteggiarsi nei confronti del futuro. Il vecchio non ha perso la memoria di quel che già aveva visto fare da ragazzo, quando altri piantavano alberi di cui lui solo ne avrebbe mangiato i frutti. Ora il suo gesto è un atto di fede nella vita che prosegue senza di lui, un segno di riconoscenza verso tutti quei piantatori di mango sconosciuti del passato. Tanti si comportano, invece, come il vicino che è preoccupato dal fatto che lui stesso non ne potrà mangiare. E’ l’atteggiamento di quelli che hanno perso memoria del proprio passato, che si affannano tutta una vita per assicurarsi un’agiata vecchiaia che, forse, non vedranno mai. Questi individui, impegnati come sono a capitalizzare al massimo il loro tempo, non ne hanno mai potuto dedicato ai figli, delegando la loro educazione magari alla televisione che racconta spesso false verità che creano poi illusioni e frustrazioni. Cosa racconteranno questi individui ai loro figli? Cosa lasceranno loro in eredità? Una società come la nostra, compressa a tutto tondo nel dover vivere il presente "mordi e fuggi", senza alcuna probabilità di un domani, rischia di non farci più riflettere sul futuro dei nostri figli. C’è stata un’epoca, neppure troppo remota, in cui tutte le energie di una famiglia erano tese alla costruzione in ogni senso. Costruzione comune di uno status, di case, di risparmi, di storia familiare. Ma pian piano l’immagine della famiglia che accudisce, protegge e fonda radici, ha dovuto cedere il passo a valori legati ai beni di consumo. Ad una visione dell’esistenza, fondata più sull’attimo presente che sul futuro. Di questo passo lasceremo proprio poco ai nostri figli, oltre al cognome, ovviamente. Forse abbiamo bisogno di più vecchi che piantano mango nei loro giardini, perché se ne possano raccogliere i frutti ancora in un prossimo domani.
Buona vita!
Maestrocastello.

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